Giovani artisti e quarantena. Parola a Veronica Bisesti

Su cosa stanno lavorando da casa i giovani artisti in quarantena? Riprendono i nostri incontri virtuali in giro per l’Italia. Questa volta è il turno di Veronica Bisesti.

Viviamo in tempi incerti ed è probabile che questa crisi, come già avviene tutt’ora ma in una fase puramente embrionale, aprirà degli scenari inediti per il mondo dell’arte, dunque, come recita un vecchio proverbio, “non tutto il male viene per nuocere”.
C’è da dire anche che la pandemia in realtà non ha fatto altro che mettere a nudo la fragilità di un sistema già da tempo squilibrato e fatto nella maggior parte dei casi di enormi fatturati, solide programmazioni, mostre compulsive e sfruttamento di una buona fetta degli operatori culturali, spesso malpagati e senza contratto.
D’altronde questa situazione poco modifica le abitudini del circuito indipendente, abituato oramai per prassi poco lodevole a lavorare con budget risicati o inesistenti e con poco rispetto per le figure che operano nel comparto dell’indipendente. L’auspicio è quello di ripartire lentamente per ristabilire un’equità delle forze in campo e permettere una pluralità e varietà di proposte nelle scelte artistiche e curatoriali.

VERONICA BISESTI A NAPOLI

Riguardo ai suoi progetti e al momento che stiamo vivendo Veronica Bisesti (Napoli, 1991) ha risposto: “Sto lavorando a un’installazione che prende spunto da una precisa scena del film ‘Sedotta e abbandonata’ di Pietro Germi. Ho recuperato anche la sceneggiatura e sto rielaborando la parte del testo. Penso molto al rapporto tra storia e potere, ed è su questo che spero di iniziare una nuova serie di lavori. Stiamo vivendo una dimensione del tutto singolare, una dilatazione del tempo che richiede una vera e propria riconfigurazione della nostra quotidianità. Fino a ora, eravamo assorbiti da una vita mossa da una feroce accelerazione che ci ha svuotati come soggetti e ha riempito il nostro fare di una produttività basata sull’equazione prestazione/compenso. Adesso ci troviamo di fronte a un evento che, nonostante tutto, ci sta concedendo l’opportunità di poterci finalmente fermare, riflettere sul presente e riprogrammare il domani. È il momento di allentare l’individualismo e l’autoreferenzialità, guardare più da vicino alla responsabilità, rispetto a quello che è stato fatto e a quello che verrà. Rileggere un libro letto in fretta, rivedere gli scarti, scoprire la scrittura a mano, il disegno”.

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Pietro Germi, Sedotta e abbandonata (1964), frame 1
Pietro Germi, Sedotta e abbandonata (1964), frame 1

Prima del lockdown, come era l’ambiente napoletano legato sistema dell’arte e come immagini gli scenari futuri?
Se penso alla città in cui vivo, mi viene in mente un’opera per me molto significativa e che, dal mio punto di vista, incarna appieno il senso di questa città, soprattutto per il momento storico che stiamo vivendo: Il mare non bagna Napoli di Bianco-Valente, installata sul terrazzo del Museo Madre. Napoli è sempre stata una città viva, in continuo fermento, ricca di stimoli. Una città resiliente, che accoglie ed è aperta alle sperimentazioni senza fare troppe lusinghe al sistema dell’arte. Cosa mi aspetto dal futuro? Beh, Napoli, come l’Italia intera, manca di un vero sistema che sostiene e tutela le artiste e gli artisti, dove l’unico imperativo non può continuare a essere “andare avanti e resistere”.

Giuseppe Amedeo Arnesano

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Giuseppe Arnesano
Storico dell'arte e curatore indipendente. Laureato in Conservazione dei Beni Culturali all'Università del Salento e in Storia dell'Arte Moderna presso l'Università La Sapienza di Roma. Ha conseguito un master universitario di I livello alla LUISS Master of Art di Roma. Giornalista pubblicista, iscritto all'ordine nazionale dei giornalisti dal 2011, collabora come critico d’arte con Artribune dal 2011. Nel settore della comunicazione culturale, dal 2013 a oggi, ha lavorato con la Soprintendenza Speciale del Polo Museale Romano, con la Fondazione Torino Musei e la Fondazione Carriero a Milano. Tra le mostre recenti è co-curatore del progetto “Studio e Bottega - Tradizione e Creatività nel segno dell’Arte”, ideato da Ilaria Gianni e realizzato negli spazi della Fondazione Pastificio Cerere di Roma.