Natura morta e pittura. Thomas Braida a Pesaro

Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro – fino al 13 gennaio 2019. La morte della natura non è la morte della pittura. Thomas Braida espone in una nuova e ricca mostra nello spazio marchigiano, confermando l’efficacia di un mezzo espressivo scagliato sulla drammaticità dei contenuti.

Limpida, essenziale, spietata; l’attuale mostra di Thomas Braida (Gorizia 1982; vive a Torino) presenta un allestimento dalle cadenze perfette, misurate, classiche, in cui il mezzo è decisamente il messaggio: è pittura, è la pittura. Pittura che si nutre di sé stessa, che divora la propria storia per restituirla a uno spettatore attonito e stravolto, che percuote i sensi con la sua figurazione fatta di pennellate pastose e colori stridenti, è una pittura materica, disturbante, colta, eccessiva, sublime. La natura urla nel mondo di Braida, marcescente e ambigua, non è madre, non è innocente, non perdona, violata e vinta trascina nel proprio maelstrom le speranze di rigenerazione e le eventualità di rinascita.

LA PITTURA NEL PAESE DEGLI INCUBI

Citazionista e onnivora, la cifra di Braida compie nelle proprie invenzioni un ribaltamento semantico rispetto al repertorio del senso comune, confondendo storia e immaginario, per cui un San Giorgio diventa carnefice e il drago vittima, la vis generatrice femminile si trasforma in violenza distruttiva, uno “stregatto” insidia una sorta di Alice nel paese degli incubi. È così che la “pantera di Marghera”, personaggio muliebre dalla posa erculea, incarna l’allegoria di una distruttività del tutto umana, fieramente eretta sulle carogne degli esseri sterminati davanti alla veduta del porto industriale lagunare, esso stesso oggigiorno ridotto a carcassa inutile e inquinante.

IRONIA AMARA

In Braida la sfiducia nell’umanità e la negazione di qualsiasi forma di empatia pervadono ogni rappresentazione, seppure, nel susseguirsi dei dipinti di grande e piccolo formato, di scene contundenti e di suggestioni morbose, la visione si conceda respiri di ironia quando si ferma a riflettere sui titoli, arguti ed essenziali senza mai essere didascalici, fondamentali per comprendere una poetica disincantata e amaramente sarcastica. Del resto, tutta la serie delle opere esposte dà adito a un senso ulteriore se si lascia riecheggiare in testa il brano musicale che dà alla mostra, oltre al nome, un barlume di attesa e speranza, con lei vestita di seta e di luce che arriverà in the year of the cat, come cantava Al Stewart nella sua celebre hit degli Anni Settanta. Curata da Marcello Smarrelli e realizzata con lo zampino della galleria romana Monitor, punta di diamante nella ricerca nazionale e scuderia di talenti dalla quale Braida proviene, la mostra conferma lo spazio pesarese come uno degli snodi fondamentali della proposta contemporanea sul versante adriatico, in una regione avara di produzioni ma ricettiva e desiderosa di affermare la sua presenza nel panorama della cultura italiana del presente.

Sara Bonfili e Valeria Carnevali

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Valeria Carnevali

Valeria Carnevali

Sempre attratta dalle forme della cultura contemporanea come espressione delle dinamiche umane, in una prima vita ho vissuto e lavorato a Milano per inseguire da vicino l’evolversi del presente, collaborando con gallerie, spazi espositivi ed editori specializzati in arte e…

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