Adunanze collettive. Adelita Husni-Bey a Modena

Galleria Civica di Modena ‒ fino al 26 agosto 2018. Fra i protagonisti del Padiglione Italia alla scorsa Biennale d’Arte di Venezia, Adelita Husni-Bey sbarca a Modena con una mostra che ripercorre gli ultimi dieci anni della sua carriera.

Adelita Husni-Bey (Milano, 1985) occupa la Palazzina dei Giardini di Modena con rilevata cautela, insinuando i propri lavori con gradualità, a seconda dei diversi ambienti, seguendone i diversi ritmi compositivi e le modalità di attivazione dei pubblici osservati. La struttura laboratoriale di Postcard from the Desert Island (2011) accentra la sala d’ingresso affrescata, che tra i ramage delle pareti si interseca con gli sfondi tropicaleggianti dell’installazione, assemblata assieme ai bambini dell’Ècole Vitruve di Parigi. In secondo piano, come a tamponare le maglie di un palco ampio che si autocontiene, Glass Dome e Public Garden (2018) ripropongono utopie e distopie di un laboratorio pedagogico commissionato all’artista dal MoMA, nell’ambito della serie The Council. Il percorso, dal titolo Adunanza, a cura di Diana Baldon e Serena Goldoni, riunisce decine di lavori, raccolti in piccole teche, elevati da pedane, valorizzati da arene ristrette, apparentemente celati da pareti mobili, tra opere pittoriche, video, installazioni e serie fotografiche.

Adelita Husni-Bey. Adunanza. Exhibition view at Galleria Civica, Palazzina dei Giardini, Modena 2018. Photo Rolando Paolo Guerzoni

Adelita Husni-Bey. Adunanza. Exhibition view at Galleria Civica, Palazzina dei Giardini, Modena 2018. Photo Rolando Paolo Guerzoni

UNA VARIETÀ DI LINGUAGGI

La mostra raduna e aduna, per aderire al titolo che abbiamo deciso di affidare alla personale”, afferma Diana Baldon, “la maggioranza delle opere prodotte negli ultimi dieci anni. Sono allestite all’incirca cinquanta opere, tra installazioni e lavori più rarefatti, si tratta di un corpus consistente. Abbiamo deciso di concentrare alcuni macro temi che potessero mettere in rilievo come l’artista avesse svolto determinate ricerche in ambiti per i quali è più conosciuta, come quelli della pedagogia radicale e dei processi di aggregazione dei pensieri collettivi. Metodologie che sono state molto spesso presentate all’interno di mostre collettive dove le veniva richiesto di avviare e sperimentare workshop, laboratori, progetti che l’hanno impegnata più da un punto di vista di contatto circostanziato, seminariale con il pubblico. Nel caso di “Adunanza”, a me interessava esattamente il processo contrario”. Nonostante non sempre la qualità dei lavori presenti sia in grado di riflettere linearmente la prismaticità teoretica dell’artista, come ad esempio la drammaticità negletta di The Sleepers (2011) in opposizione diametrale rispetto a all’Authoring Action 2265 (2015), la mostra ha la capacità di sintetizzare alcuni linguaggi praticati con frequenza. Sebbene ne escluda altri, come il suo peculiare approccio al tema de-colonizzatore della repatriation.

Adelita Husni-Bey. Adunanza. Exhibition view at Galleria Civica, Palazzina dei Giardini, Modena 2018. Photo Rolando Paolo Guerzoni

Adelita Husni-Bey. Adunanza. Exhibition view at Galleria Civica, Palazzina dei Giardini, Modena 2018. Photo Rolando Paolo Guerzoni

DIDATTICA E AUTOCONSAPEVOLEZZA

In questa mostra il workshop non esiste più, ma rimane la testimonianza del momento di incontro con il pubblico, come opera effettiva e documentale, presente negli spazi”, riprende la curatrice Baldon. “Questo sguardo definisce una metodologia artistica che si riferisce a pratiche di formazione didattica da interpretarsi non come forme di insegnamento, ma come luoghi di autoconsapevolezza, dandoci la possibilità di descriverci come figure all’interno di una società dotata di senso civico, determinando anche il rapporto con il potere che esercitiamo sugli altri e su noi stessi. In questo scenario si inscrive l’eterna empatia tra i corpi e l’inconclusa dicotomia tra abilità e disabilità, che si può declinare a livello fisico e mentale”. E su questo snodo vince, nell’attesa di un sole che filtra poco, attraverso gli infissi troppo recenti delle enormi vetrate laterali, la trasposizione di Shower (2013), posta proprio di fronte alla serie di disegni di grandi dimensioni Encounters on pain (2015). Enormi, bianchi fantasmi geometrici, nati da incontri individuali, attraverso i quali l’artista ha ricalcato il corpo dei partecipanti dando forma all’origine sociale e politica del loro dolore fisico.

Ginevra Bria

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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