Amarcord, la rubrica di Giancarlo Politi che racconta l’arte dimenticata dagli anni ‘70 a oggi

Il fondatore di Flash Art da un paio di settimane è impegnato in una particolare rubrica che, sotto forma di newsletter, raccoglie ricordi e riflessioni sulla sua lunga esperienza di critico militante, riportando alla memoria personaggi oggi dimenticati ma che hanno segnato le sorti dell’arte contemporanea in Italia. Ecco alcune tracce…

Un diario, un taccuino di memorie e pensieri sparsi, un tuffo nel passato sotto forma di comunicazione epistolare che mette in moto ricordi, relazioni e dibattiti su chi è “scomparso dalla memoria comune”: è questa Amarcord – Incontri, ricordi, euforie e melanconie, la “rubrica di ricordi” – per dirla come il suo ideatore – creata da Giancarlo Politi che già da un paio di settimane giunge nella modalità di newsletter a tutti gli amici, colleghi, addetti ai lavori e lettori di Flash Art, una delle storiche riviste internazionali di arte contemporanea, la prima a nascere in Italia, di cui Politi è ideatore, editore e ne è stato anche il direttore. Ma chi sono i protagonisti degli Amarcord? I “desaparecidos” del mondo dell’arte italiana, artisti, intellettuali, galleristi, collezionisti e sperimentatori che hanno segnato gli anni Sessanta e Settanta, anticipando tendenze, lanciando correnti, movimenti e giovani promesse che sarebbero poi diventate gli artistar di oggi, ma che poi, per enigmatiche dinamiche della fortuna, sono stati dimenticati. “L’arte segue le vicende della vita e della storia”, scrive Politi in uno dei suoi Amarcord, frammenti di memorie che raccontano incontri, esperienze e amicizie che il critico d’arte ha avuto in 50 anni di militanza sul campo e che adesso vengono da lui condivise con i suoi “contatti mail” che, a loro volta, rispondono con i propri Amarcord o creano dibattiti su temi e spunti lanciati da Politi. Per il momento, la rubrica è dunque una newsletter; ma come anticipato dallo stesso Politi, presto potrebbe diventare un libro dal titolo Rimembranze.

RICORDARE I PERSONAGGI DIMENTICATI

Francesco Vincitorio è il primo protagonista degli Amarcord di Politi: fondatore e direttore di NAC – Notiziario di Arte Contemporanea, una “rivistina” di sole recensioni di mostre, Vincitorio tenne su L’Espresso una rubrica d’arte molto seguita, e fu “molto amato e popolare negli anni Settanta e totalmente dimenticato oggi”. E la stessa sorte sembra essere toccata anche a Luciano Inga-Pin, “popolarissimo gallerista degli anni ’80-’90 scomparso dalla memoria comune” che a Milano fu il primo a esporre artisti del calibro di Marina Abramović, Gina Pane, Urs Lüthi, e Günther Brus. Politi si sofferma poi sul movimento della Poesia Visiva, ripercorrendone le tappe storiche che hanno portato alla sua nascita e chiedendosi, oggi, cosa è rimasto di questa corrente che avrebbe anticipato certi esiti dell’arte concettuale. Il secondo Amarcord di Politi si arricchisce inoltre dei ricordi e delle riflessioni dei lettori che hanno risposto al suo primo intervento: il gallerista Massimo Minini condivide il suo ricordo di Inga-Pin, non perfettamente in linea con quello di Politi, ma è soprattutto lo spunto sulla Poesia Visiva ad aver mosso un accesso dibattito, cui partecipa anche Letizia Ragaglia, direttrice di Museion che sottolinea come l’istituzione di Bolzano sia impegnata nell’attività di studio e promozione del movimento attraverso pubblicazioni e mostre.

I RICORDI DEL PASSATO RIFLESSI SUL PRESENTE

Il terzo Amarcord ripercorre le storie “intrecciate” di Achille Maramotti e Mario Diacono, il primo imprenditore e collezionista e il secondo segretario personale di Giuseppe Ungaretti che, con il sostegno di Maramotti, nel 1978 aprì a Bologna una galleria che espose, tra gli altri, Jannis Kounellis, Mario Merz, Vito Acconci e Michelangelo Pistoletto. “Nell’imprenditoria contemporanea manca un uomo come Achille Maramotti, che sapeva coniugare il grande senso degli affari…e il grande amore per la cultura e gli artisti”, scrive Politi. E la conclusione del suo Amarcord, sui fattori che determinano l’“immortalità” dell’opera di un artista anche dopo la sua morte, è una chicca che vale la pena di riportare, una riflessione che parte dal passato ma che spinge a porsi non poche domande sul sistema dell’arte di oggi: “ogni tanto rifletto. Quanti e quali artisti sono realmente arrivati a noi dagli anni Cinquanta? Due: Alberto Burri e Lucio Fontana. E dagli anni Sessanta? Due: Piero Manzoni ed Enrico Castellani… Ma perché Burri e Fontana, a parte la qualità, sono restati e gli altri no?… Cosa tiene in vita l’opera? Sinceramente non lo so. Penso che in parte sia l’energia stessa dell’artista, il suo desiderio di immortalità, il suo ego sfrenato e sfrontato. Poi, una volta che l’artista non c’è più, l’energia viene a mancare. E con essa anche l’opera lentamente si sgonfia. Per un po’ resta il ricordo, poi anche questo svanisce”.

– Desirée Maida

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Desirée Maida

Desirée Maida

Desirée Maida (Palermo, 1985) ha studiato presso l’Università degli Studi di Palermo, dove nel 2012 ha conseguito la laurea specialistica in Storia dell’Arte. Palermitana doc, appassionata di alchimia e cultura giapponese, approda al mondo dell’arte contemporanea dopo aver condotto studi…

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