Una mostra di Outsider Art e il suo pubblico

La curatrice della mostra “Mappe dell’immaginario. Rappresentazioni di mondi (im)possibili”, da poco conclusasi presso Ducale Spazio Aperto a Genova, commenta gli esiti della rassegna. Analizzando le tipologie di pubblico incontrate.

La mostra Mappe dell’immaginario. Rappresentazioni di mondi (im)possibili si è conclusa, in Ducale Spazio Aperto, dopo diciotto giorni di apertura. Per ragionare sull’andamento e la tipologia dei visitatori, occorre inserirli in un quadro anche numerico e precisare, dunque, alcune coordinate. Gli orari osservati hanno compreso 6 ore nei giorni feriali e 7 ore nel fine settimana. Sono stati registrati 771 visitatori in totale (di cui 70 nelle due ore del vernissage), che corrispondono a una media di 43 visitatori al giorno.
Il tema individuato si proponeva una tesi, cioè dimostrare come la delimitazione o l’eliminazione dei confini, che rappresentano simbolicamente la sopravvivenza della nostra civiltà, possa costituire una riflessione da sviluppare in rapporto a un (in)determinato campo dell’arte. Attraverso la selezione di 25 opere di 7 artisti internazionali outsider, marginali, ma soprattutto autodidatti, come Kuffjca Cozma (Moldavia), Margot, Izabella Ortiz, Evelyne Postic (Francia), Davide Mansueto Raggio (Italia), Joskin Siljan (Serbia) e Julia Sisi (Argentina), sono state proposte nuove visioni dell’immaginario, che esplorano i meandri della mente.
Questi mondi “altri” tracciano percorsi labirintici e conducono a smarrirsi, a dimenticare la delimitazione del foglio di carta o la barriera della cornice, uscendo contemporaneamente da ogni schematizzazione delle categorie dell’arte. Le opere presentate, molto affascinanti per cura formale e per significati – più o meno esplicitati dai titoli scelti dagli autori –, presuppongono un’elaborazione lenta nella loro realizzazione quasi calligrafica e tempi altrettanto lenti di lettura.

Mappe dell'immaginario. Ducale Spazio Aperto, Genova 2018. Photo Linda Kaiser

Mappe dell’immaginario. Ducale Spazio Aperto, Genova 2018. Photo Linda Kaiser

I COMMENTI

Il pubblico che frequenta le mostre spesso è frettoloso e si trattiene poco davanti a ogni quadro. In Ducale Spazio Aperto si è potuta osservare una tendenza opposta. La maggior parte delle persone si è soffermata a lungo, assorta, dichiarando verso le opere esposte sentimenti di forte “attrazione” o giudicandole “inquietanti”. Insomma, l’arte dei self-taught, forse perché più immediata (spontanea?) e universale al tempo stesso, stava svolgendo la sua funzione: smuoveva il profondo e provocava reazioni, domande e commenti. Io ero a disposizione per spiegazioni e risposte, ma soprattutto mi è piaciuto conversare con i visitatori, leggere insieme a loro le partiture degli artisti. Quasi tutti hanno notato che non era possibile un’interpretazione univoca delle opere, che si prestavano a una stratificazione di sensi; “più si guardava e più si coglievano particolari”; si trattava di “lavori unici, frutto di un lungo lavoro”.
C’è chi ha dichiarato con entusiasmo che questa era davvero “la via nuova per l’arte”, l’unico modo per andare avanti. C’è anche chi ha avvertito un senso di “sofferenza”, insita, tuttavia, nella tensione creativa che qualsiasi disciplina dell’arte richiede, quando ci si dedichi a essa come ragione prevalente della propria vita.

Mappe dell'immaginario. Ducale Spazio Aperto, Genova 2018. Photo Linda Kaiser

Mappe dell’immaginario. Ducale Spazio Aperto, Genova 2018. Photo Linda Kaiser

LE TIPOLOGIE DI PUBBLICO

In questa mostra si sono potute evidenziare almeno sei categorie di visitatori: gli ignari, non sanno perché hanno varcato una soglia piuttosto che un’altra, si guardano intorno smarriti, non distinguono l’arte dall’artigianato e rivolgono domande improbabili come: “Quest’opera è fatta interamente a mano?”; i casuali, visitano tutto quello che capita nel luogo in cui si trovano, soprattutto se l’ingresso è libero, scattano qualche foto perché non si sa mai e scappano via senza fare domande; gli artisti, sono molto interessati, ritornano a osservare ciò che li può ispirare, studiano la tecnica dei loro colleghi ideali, si fissano sui dettagli; i critici, cercano di capire, ma pensano di poterlo fare in totale indipendenza, anche se non sono esperti del settore; i collezionisti, vogliono conoscere il valore degli artisti, le loro quotazioni e dove sono stati esposti (Ortiz e Sisi, ad esempio, dal 18 al 21 gennaio erano contemporaneamente presenti, in due stand distinti, all’Outsider Art Fair di New York; Siljan, fino al 31 luglio, è nella mostra collettiva Turbulences dans les Balkans alla Halle Saint Pierre a Parigi); gli intellettuali, dissertano attraverso confronti con il teatro, la letteratura, la poesia, la saggistica e persino la scienza (“qui si intuiscono le dimensioni di Einstein”); gli specialisti, si fanno riconoscere come esperti di arte-terapia, di insegnamento, formazione, medicina e parlano di tratti “psichedelici”, “manifestazioni di legami ossessivo-nevrotici”, “problemi relazionali”.
Come critica del settore, di artisti ancora poco noti rispetto al loro talento, sono stata appagata nel far immergere il pubblico nell’ambiente, offrendogli delle chiavi di lettura e delle coordinate spazio-temporali. Da chi ho lasciato a guardare, poi sondato e ascoltato, ho tratto delle conclusioni, che mi rendono soddisfatta di aver provocato in tanti un turbamento non invasivo.

Linda Kaiser

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Linda Kaiser

Linda Kaiser

Linda Kaiser (Genova, 1963) è laureata in Storia della critica d’arte all’Università di Genova, dottore di ricerca in Storia e critica dei beni artistici e ambientali all’Università di Milano, specializzata in Storia dell’arte contemporanea alla Scuola di Specializzazione in storia…

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