È un tentativo d’iconologia, quello messo in atto da Cosimo Veneziano (Moncalieri, 1983) nella sua doppia mostra torinese. Il soggetto è di quelli sempre attuali: come l’arte – in particolare la scultura monumentale – venga strumentalizzata per magnificare il potere. L’indagine di Veneziano è innanzitutto iconografica, e poi compie un salto intellettual-produttivo nel presentarne i risultati. Ne derivano grandi tele grezze dove ricorre il simbolo del martello che depone il regime precedente; le ceramiche della serie Membrana, dove si fa sottile il gioco tra volontà e rappresentazione (nella scelta en ebyme dei modelli, provenienti dalla statuaria classica, e nella tecnica “stressata” con cui sono realizzate); le colature in gomma siliconica, per le quali vale il discorso delle ceramiche, applicato però ai simboli; e massimamente gli occultamenti parziali (feltro su disegni) di opere assiro-babilonesi vittima della furia di Daesh.
– Marco Enrico Giacomelli