Dopo la tragedia della Torre dei Conti bisogna attivare nuove strategie per il patrimonio italiano
La proposta viene da Ludovico Pratesi. Il restauro non può essere l’unica possibilità per un patrimonio che, prima di essere artistico, è simbolico. Qualche possibile strategia in seguito al tragico crollo della Torre dei Conti a Roma. Nel frattempo dal 24 novembre partono i lavori per la messa in sicurezza dell’edificio
Da secoli il crollo di una torre è considerato un monito, un segnale di rottura, come è stato per il mondo intero quello delle Torri del World Trade Center a New York l’11 Settembre 2001. Purtroppo, la storia recente del nostro paese non è avara di episodi del genere, a partire dallo sbriciolamento del campanile di piazza San Marco a Venezia nel 1902 al crollo della Torre Civica a Pavia nel 1989 fino al drammatico episodio accaduto alla Torre dei Conti a Roma lo scorso 3 novembre.
Perché il crollo della Torre dei Conti è un monito
Un edificio medievale al centro della città, dove si trovano ancora oggi una quarantina di torri, delle quali tre isolate e ben visibili: la torre delle Milizie, affacciata su largo Magnanapoli, la torre dei Capocci e la Torre dei Conti in largo Corrado Ricci. Quest’ultima, prima di essere interessata dal PNRR per un intervento di restauro e valorizzazione che si doveva concludere nel 2026, era stata adibita ad uffici pubblici fino al 2006 e poi abbandonata per vent’anni, quindi in condizioni edilizie sicuramente non ottimali. Ma è possibile che l’unica politica che le nostre amministrazioni sono in grado di attuare siano di tipo conservativo, come se il restauro fosse l’unica visione che Roma ha del suo presente? Restaurare i suoi monumenti ad ogni giubileo, senza interrogarsi mai sull’utilizzo degli stessi, in un momento in cui l’overtourism lancia campanelli d’allarme in una città dove l’assenza di offerta culturale diversificata rischia di compromettere il quadrilatero Fontana di Trevi-Fori Romani-Pantheon-Musei Vaticani, oltre ad aver già trasformato interi quartieri della città, come Trastevere, in mangiatoie a cielo aperto? Come ha dichiarato l’archeologo Roberto Menichini della Soprintendenza Capitolina in una recente intervista: “a Roma ciò che conta davvero, tranne poche eccezioni, sono i resti della città antica”.
Restauri conservativi e overtourism
E quindi, per una torre elogiata dal Petrarca e residenza della famiglia papale Conti di Segni, non c’erano molte possibilità. Il restauro non può essere l’unica possibilità per un patrimonio che, prima di essere artistico, è simbolico. Se adeguatamente valorizzato con gli strumenti tecnologici più avanzati, può raccontare ai cittadini e ai turisti non solo la storia della città, ma anche il suo presente, grazie all’intervento degli artisti contemporanei più qualificati, come accade da decenni in capitali vive e dinamiche come Parigi, Berlino e Madrid. Il caso di Parigi, che ha vissuto di recente una tragedia epocale come il crollo di Notre Dame, è emblematico: è stato bandito un concorso ad inviti per sette artisti francesi, tutti di fama internazionale, vinto da Claire Tabouret. Un esempio in grado di attivare un processo di valorizzazione, che proietta il monumento dal presente al futuro. Perché a Parigi sì e a Roma no? Che il Comune e lo Stato riflettano su queste pratiche, per attivare una relazione attiva tra i monumenti e gli esseri umani, sempre più desiderosi di partecipazione al nostro straordinario patrimonio culturale.
Il futuro del sito romano
Dopo questo tragico evento, si ritiene necessario ed urgente che le pubbliche amministrazioni mettano in campo strategie per valorizzare i più importanti monumenti di Roma, predisponendo un think tank di esperti e professionisti di diverse generazioni (archeologi, storici dell’arte, urbanisti, curatori di arte contemporanea, artisti, letterati) chiamati a rispondere al richiamo della storia che elaborino strategie di valorizzazione in chiave contemporanea con progetti concreti ed operativi, per trasformare i siti in luoghi di riflessione sul rapporto tra passato e presente, restituendo loro quella funzione simbolica che oggi hanno perso attraverso azioni pratiche, in grado di restituire a questi luoghi un posto nel mondo di oggi, anche attraverso open call pubbliche . Solo così si può rispondere ad una tragedia in maniera positiva e lungimirante: è ora di mettersi al lavoro, siamo tutti a disposizione!
Ludovico Pratesi
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