Tre secoli di vita veneziana tra arte e memoria. Una mostra a Palazzo Vendramin Grimani
Tra ritratti psicologici, vita domestica e memorie aristocratiche, la Fondazione dell’Albero d’Oro presenta un viaggio intimo nella nobiltà veneziana, attraverso tre secoli di arte, oggetti, documenti e arredi. Da Rosalba Carriera ad Angelica Kauffmann, passando per il doge Pietro Grimani e le collezioni storiche dei Vendramin e dei Grimani Giustinian
Nel cuore del sestiere di San Polo, all’interno di uno dei palazzi più raffinati affacciati sul Canal Grande, dal 12 aprile al 23 novembre 2025 prende vita Di storie e di arte. Tre secoli di vita a Palazzo Vendramin Grimani: un percorso che va oltre la semplice esposizione, offrendo ai visitatori un racconto stratificato di vite, passioni, riti e arte domestica. Curata da Massimo Favilla e Ruggero Rugolo, con l’allestimento di Daniela Ferretti, la mostra restituisce al palazzo la sua originaria vocazione di casa vissuta, crocevia culturale e salotto mondano.

Una dimora come palinsesto
Il percorso espositivo si interroga su come l’arte e la memoria abitino uno spazio, raccontando la stratificazione di vita che lo ha attraversato. Non una ricostruzione filologica, né una messinscena museale: l’allestimento abita gli spazi del piano nobile e del piano terra, lasciando che sia l’architettura stessa a svelare la propria storia. Ogni sala è una tappa, in cui storia e arte si intrecciano in forma di memorie visive e materiali: dagli argenti e le porcellane del Portego ai menù aristocratici che evocano cene sontuose e ricevimenti d’altri tempi. A punteggiare il racconto, lettere, spartiti musicali, costumi, fotografie, documenti d’archivio, mobili originali e oggetti intimi, evitando qualsiasi tentazione decorativa o romantica. Anche la sezione conclusiva – dedicata alla dispersione delle collezioni e al ricordo del palazzo abitato fino agli Anni Sessanta – rifugge dal sentimentalismo, chiudendo con una riflessione sottile sulla trasformazione degli spazi privati in luoghi pubblici.

La pittura come ritratto d’identità: Carriera e Kauffmann
Tra i nuclei più forti della mostra spiccano i ritratti di Rosalba Carriera e Angelica Kauffmann. Quattro pastelli di Carriera – raffiguranti Isabella Correr Pisani, Maria Pisani Grimani, Marcantonio Grimani Giustinian e una Beata Vergine – restituiscono non solo dei volti, ma vere e proprie psicologie. L’artista lavora sull’espressione minima: uno sguardo sfuggente, una bocca contratta, un dettaglio d’abito che svela rango e umore. Non c’è idealizzazione, ma osservazione sottile.
Simbolo della mostra è il ritratto di Elisabetta Corner Grimani Giustinian, realizzato da Angelica Kauffmann nel 1782: a diciassette anni, Elisabetta è ritratta in un perfetto equilibrio tra affabilità e controllo, grazia e consapevolezza identitaria. L’opera, oggi in collezione privata come molte altre esposte, torna per la prima volta nella casa per la quale fu concepita. Un gesto curatoriale che va oltre la semplice esposizione: riportare l’arte nei suoi spazi originari diventa atto di consapevolezza storica.
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Una mostra come dispositivo critico
Di storie e di arte non si limita a raccontare, ma interroga: quale rapporto abbiamo con la memoria naturale? E, soprattutto, cosa significa conservare? Lontana da una semplice operazione museale, la mostra si muove verso una nuova idea di museografia domestica, capace di mettere in discussione la distinzione tra oggetto d’arte e oggetto d’uso, tra tempo vissuto e tempo musealizzato.
Asia Miniutti
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