Etruscomania anche a Milano. Ecco la seconda tappa del grande progetto sugli Etruschi

Dopo il successo della prima tappa della rassegna “Etruschi del Novecento” al MART di Rovereto, la Fondazione Rovati continua il racconto. Tanti i protagonisti: da Andy Warhol ad Arturo Martini, accanto a numerosi reperti antichi

La narrazione cominciata qualche mese fa al MART di Rovereto prosegue e viene approfondita nelle sale della Fondazione Luigi Rovati di Milano. Emblema della relazione strettissima che intercorre tra l’Antichità etrusca e l’arte contemporanea del Novecento. Già di per sé, infatti, la collezione del Museo milanese trasmette la fertilità delle forme e iconografie di questo popolo così affascinante e misterioso – quanto vera base culturale e storica della nostra civiltà – che ispirò moltissimi tra i grandi maestri del Secolo scorso. Basti pensare a personaggi come Arturo Martini o Marino Marini: entrambi soliti trascorrere lunghi pomeriggi a Villa Giulia (principale istituzione romana dedicata agli Etruschi) per trarre nuovi spunti dai resti del passato. L’arte etrusca li pervase a tal punto da spingerli a dichiararsi “etruschi” in termini di origine biografica; un’affermazione che suggerisce la forza del fascino nutrito verso tale cultura. E se non bastasse ciò, si possono poi citare nomi come PicassoAndy Warhol e Giacometti: tutti innegabilmente attratti – e dunque ispirati ad un certo punto della loro carriera – al mondo dei Tirreni (nome con cui li chiamavano i Romani). 
Alla luce di ciò, le due istituzioni italiane in questione si sono proposte di sviluppare un progetto che riportasse in auge l’Etruscomania – termine proprio indicante la “moda” comune nelle cerchie intellettuali del ‘900 – riprendendo la serie di mostre tematiche fatte in passato. Nella seconda metà del secolo, grazie anche a straordinarie scoperte archeologiche, furono organizzati diversi eventi volti a diffondere la cultura etrusca anche presso il grande pubblico. Etruschi del Novecento può dunque considerarsi un prosieguo di ciò.  

Buccheri, ciste e canopi antichi e moderni alla Fondazione Rovati di Milano

Il legame tra antico e moderno si nota fin dal principio della mostra, osservando le prime vetrine in cui spiccano ceramiche scure. Sono i buccheri – tipologia di ceramica nera, resa così per il particolare processo di cottura senza ossigeno che solo gli Etruschi erano in grado di fare – e le creazioni novecentesche, tra cui spicca la firma di Gio Ponti. Incredibile la difficoltà di comprendere quale sia recente e quale, invece, appartenga a un passato remoto. Più distinguibili (ma non meno ricche di fascino) solo le interpretazioni dei vasi canopi messe a punto da Fausto Melotti, o le loro raffigurazioni all’interno dei dipinti di Massimo Campigli. Per non parlare, poi, della ripresa di veri e propri “prototipi di design” attribuibili a questo popolo. Si parla ad esempio delle ciste – contenitori cilindrici per gioielli od oggetti in uso tra le donne – fedelmente ricreati e dipinti ancora da Gio Ponti, che vi aggiunge motivi decorativi tratti dalla Classicità. L’esemplare del Poldi Pezzoli rimarca il concetto, accompagnato da altrettanto interessanti rivisitazioni di askoi (recipienti per liquidi oleosi), kantharoi e oinochoai (contenitori per acqua e vino). 

Urne, icone e chimere antiche e moderne alla Fondazione Rovati di Milano

Un altro tema portante dell’esposizione sono le urne: manufatti che parlano di morte – qualcosa che non conosce epoca ed è comune a passato e presente – ma allo stesso tempo di vita. Di amore coniugale, espresso nei coperchi scolpiti in cui i due sposi giacciono sdraiati su quello che è sia il loro giaciglio di morte, sia quello di banchetto (la kline), come richiedeva la moda dell’epoca. Bellissimi gli esemplari in mostra, ripresi nelle interpretazioni moderne di Francesco Messina e nell’Odalisca di Arturo Martini.
Spostandosi sulle iconografie umane che più hanno avuto fortuna nel Novecento, spiccano le forme dei piccoli bronzetti votivi. Immagini essenziali di uomini e donne in preghiera, di guerrieri armati o a cavallo. Proprio questi ultimi diventano materia fertile per Marino Marini, da cui trae la sua serie di giocolieri e cavalieri. Non potrebbe mancare, infine, la mitologia. Il bestiario etrusco – condiviso pur con originalità con il mondo greco – vede al centro la chimera: mostro in cui si fondono tratti leonini, caprini e serpenteschi. Creatura ricca di fascino, interpretata, in mostra, dal Leone urlante di Mirko Basaldella e dal Leone di Monterosso di Martini. 

Etruschi del Novecento, installation view at Fondazione Rovati, Milano, 2025. Photo Daniele Portanome per Fondazione Luigi Rovati
Etruschi del Novecento, installation view at Fondazione Rovati, Milano, 2025. Photo Daniele Portanome per Fondazione Luigi Rovati

L’etruscologia e la fortuna degli Etruschi nel Novecento

Al piano nobile della Fondazione, oltre ad alcune opere di Andy Warhol, Melotti e Campigli, c’è un ricco apparato documentale che illustra la fortuna degli Etruschi nel corso degli anni, dalla disciplina scientifica alle mostre rivolte al grande pubblico. Come un archivio, gli scaffali sono popolati da volumi antichi, taccuini scritti e illustrati che “fotografano” le meraviglie ritrovate nelle tombe ipogee dagli archeologi, alcune delle quali sono oggi perdute per sempre. Ci sono poi manifesti espositivi – posto d’onore ha quello della XIX Biennale di Venezia – tutti con un richiamo lampante verso gli Etruschi. A concludere la rassegna, una sala dedicata alle copertine di riviste di Alighiero Boetti e alle Polaroid di Paolo Gioli, che ha saputo fare dell’arte etrusca una rielaborazione cromatica e fotografica molto originale. Ulteriore manifestazione della creatività stimolata da questo antico popolo.

Emma Sedini

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Emma Sedini

Emma Sedini

Etrusca e milanese d'origine in parti uguali, vive e lavora tra Milano e Perugia. È laureata in economia e management per arte, cultura e comunicazione all'Università Bocconi, e lì frequenta tutt'ora il MS in Art Management. Nel frattempo, lavora in…

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