Al di là della pittura, al di qua della realtà. La mostra di John Kørner a Venezia

Frutta e scarpe volanti, colori psichedelici, figure che si tuffano nel vuoto: i dipinti di John Kørner alla Victoria Miro Gallery sono fatti di problemi esistenziali e portali interdimensionali, e raccontano una Venezia fatta della stessa sostanza delle allucinazioni

I dipinti di John Kørner (Aarhus, 1967) sono caramelle. La mostra nella sede veneziana della Victoria Miro Gallery è la loro accattivante confezione. Sei grandi tele (tutte 150×120 cm) e due sculture in vetro di Murano (materiale pressocché immancabile per ogni mostra veneziana di questa stagione, vista la pervasività della Glass Week) sono finestre su mondi in cui l’ossigeno pare sostituito dalla psilocibina. Caramelle allucinatorie e dolci, quindi, che si rivelano una interessante declinazione della pratica artistica di Kørner, abituato com’è a realizzare opere dal sapore più amaro, almeno quanto le ingiustizie che denunciano.  

La grammatica pittorica di John Kørner in mostra a Venezia 

Dolci sì, e probabilmente più leggere, ma non per questo meno articolate: le opere realizzate da Kørner per questa mostra, esito di un periodo di residenza dell’artista proprio a Venezia, conservano tutta la complessità della sua grammatica pittorica, fatta di elementi apparentemente fuori posto, equilibri tra pieni e vuoti, concrezioni visive e semantiche sempre al limite della comprensione. Venezia e il suo Lido si trasformano così in paesaggi mentali, perdendo i loro connotati, meno uno: la liquidità. La ritroviamo nei colori che Kørner usa, acrilici diluiti e talmente fluidificati da sembrare a volte acquerelli, altre inchiostri. Una pittura dove cielo e terra si confondono, dove apparizioni luminose e cromie psichedeliche possono diventare i fuochi d’artificio della Festa del Redentore, come nel dipinto Venezia (2024-25). 

I problemi nella pittura di John Kørner 

Ma perché parlare di “grammatica” per descrivere i dipinti di John Kørner? Perché, nonostante le peculiarità di ciascuna opera, è possibile rintracciare elementi, formule, codici ricorrenti e puntualmente declinati per comporre letture plastiche. Fra questi, che potremmo interpretare come formanti specifici dell’opera di Kørner, troviamo quelli che lui definisce “problemi”: per il pittore danese, il problema si concretizza nella forma di macchie ovulari, di grandezza e posizione variabile. Sono tracce di riflessioni esistenziali e, come spesso accade, ciascun problema si accompagna ad altri problemi, e talvolta li raccoglie persino dentro di sé: per Kørner questo accade in pittura, ma anche in scultura, come testimoniano le produzioni in vetro di Murano in dialogo con le tele.  

La pittura interdimensionale di John Kørner 

Se tali problemi sono una delle firme più riconoscibili della pittura di Kørner, è impossibile non notare la ricorrenza di soggetti quali la fragola – frutto per eccellenza del desiderio e della voluttà – e della scarpa preferita del pittore, un’Adidas Spezial Trainer color turchese. La stessa scarpa che in Magic Opal Sea (2025) vediamo impegnata una gara aerea contro una mela, mentre sfrecciano fuori da un varco interdimensionale. Proprio questi portali sono un altro elemento costitutivo di tanti dipinti di Kørner, tanto da obbligarci a una domanda dal carattere, ancora una volta, esistenziale: la finzione, l’allucinazione si situano al di là o al di qua di quei varchi? E dunque: al di là o al di qua della pittura? 

Sospesi tra le dimensioni di John Kørner, da Victoria Miro 

Di fronte all’incapacità, o all’impossibilità, di trovare una risposta, rimaniamo a mezz’aria come una fragola gigante o come il tuffatore del dipinto Diving Into the Unknown Venezia (2024-25). E proprio questo tuffatore diventa la chiave per approcciare l’ultimo, e forse il più misterioso, dei formanti di Kørner: il vuoto. La figura dipinta sul procinto di tuffarsi è l’unico disturbo di una grande area bianca, incorniciata dal colore. Il tuffatore parte dal vuoto e lì sembra destinato ad immergersi, a meno che il suo slancio non sia abbastanza vigoroso da permettergli di raggiungere l’angolo in basso a destra, di un’intensa tonalità spritz. Come lui restiamo sospesi tra pieno e vuoto (che poi è potenzialità di tutti i pieni), tra colore e bianco (che poi è congiunzione di tutti i colori), tra realtà e finzione (che poi è possibilità di tutte le realtà). 

Alberto Villa 

Libri consigliati: 

(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)  

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Alberto Villa

Alberto Villa

Nato in provincia di Milano sul finire del 2000, è critico e curatore indipendente. Si laurea in Economia e Management per l'Arte all'Università Bocconi con una tesi sulle produzioni in vetro di Josef Albers (relatore Marco De Michelis) e attualmente…

Scopri di più