Una certa idea di Festa. I festival culturali e come ri-pensarli  

Mentre siamo annichiliti e impotenti rispetto ai piani di guerra globale che assediano il nostro presente e i nostri futuri, mentre il potere d’acquisto degli italiani continua a diminuire e (forse) inizia a risentirne anche l’industria turistica, la nostra estate continua ad essere animata e scandita da festival piccoli e grandi che si accendono in […]

Mentre siamo annichiliti e impotenti rispetto ai piani di guerra globale che assediano il nostro presente e i nostri futuri, mentre il potere d’acquisto degli italiani continua a diminuire e (forse) inizia a risentirne anche l’industria turistica, la nostra estate continua ad essere animata e scandita da festival piccoli e grandi che si accendono in maniera diseguale e temporanea nelle città e nei paesi. 

La crisi culturale e la rete dei festival 

In un paese attraversato da una profonda crisi del sistema culturale, in cui il Ministero per la Cultura sta tentando di destrutturare e sostituire quelle realtà che della sperimentazione artistica e del rischio culturale avevano fatto il proprio territorio di indagine e spazio di possibilità, i festival continuano ad essere una presenza multiforme e costante del panorama nazionale. Ma come oggi un festival può rispondere a queste crisi, come può essere contemporaneo nelle forme organizzative, nelle ricerche artistiche che propone ma anche nel ruolo che recita nel territorio in cui si realizza? 

Il manifesto promosso da Arci 

Questa è in sostanza la domanda di fondo che ha animato la creazione di Festa! Il manifesto dei festival promosso da Arci, un lungo percorso di riflessione e scrittura collettiva che ha preso le forme di un documento leggibile su dirittoallafesta.it e di una campagna che sta attraversando e unendo tanti festival di diverso tipo che si organizzano nel paese, al momento circa 150.  In effetti il formato del festival incorpora molte delle distorsioni che la politica ha attribuito al ruolo della cultura in questo paese negli ultimi decenni: l’eventificazione, i grandi numeri, la trasformazione a base culturale di alcuni luoghi o location, sostanzialmente una grande macchina di consenso e consumo. 

Madonnari all'opera a Grazie di Curtatone
Madonnari all’opera a Grazie di Curtatone

L’Estate romana di Nicolini 

Ma i festival possono ancora sottrarsi a questo ruolo? Possono essere ancora macchine pensanti, organismi mossi dal desiderio di produrre cultura e pensiero critico, aggregazione e non consumo? Renato Nicolini, storico assessore alla cultura di Roma, aveva pensato all’Estate Romana come ad una grande festa popolare, un grande momento dell’effimero che grazie all’immaginario di artisti e poeti catalizzava la partecipazione delle persone e costruiva dei momenti in cui tutto era possibile e tutto poteva potenzialmente anche fallire. Oggi quella possibilità di rischiare e fallire, quella trasformatività dell’effimero sono state congelate dalla sostituzione profonda dell’intrattenimento da una parte e del marketing dall’altra al ruolo della cultura. Oggi un festival non può rischiare artisticamente (e quindi economicamente), con il risultato che tanti festival musicali – ad esempio – hanno tutti le stesse line up. Ma di più, oggi agli occhi di molta della politica locale o nazionale, un festival ha il ruolo di intrattenere, o magari di “portare la cultura nelle periferie”. 

Le istanze dei festival italiani 

Ecco perché, annoiati di dover fare festival che rispondono a determinati obiettivi di sviluppo locale, troppo spesso a base turistica, tanti festival si stanno mettendo insieme per dire alcune cose, molto chiare e nette. I festival sono delle feste popolari, in cui la cultura deve essere accessibile a tutti e tutte. Nell’estate dei finti sold out, in cui è stato smascherato il gioco delle grandi agenzie e multinazionali per lucrare su artisti e pubblico, Festa intende affermare che i festival possono essere una risposta accessibile e diffusa che consente a tante e tanti di partecipare a programmi artistici fuori dal paradigma dell’esclusività e del consumo, con un patto sostenibile ed onesto col pubblico.  Non solo, i festival devono essere anche luoghi che si prendono cura di chi vi partecipa, che si chiedono come poter migliorare e come garantire a tutte le persone di stare bene e di sentirsi, in qualche modo, a casa. Un festival non è un luogo asettico e neutrale, può non esserlo. Può essere un luogo in cui si prende parte contro il genocidio, e non è un caso che ormai tantissimi festival espongono bandiere della Palestina sul palco, può essere un presidio transfemminista, antirazzista e che attua scelte chiare contro il greenwashing, rifiutando sponsor che investono sul fossile, o negli armamenti.  

Che cos’è un festival 

Ma i festival per loro natura sono anche acceleratori di trasformazioni urbane a trazione turistica e gentrificativa. Per questo dovremmo domandarci come il nostro festival possa abitare un luogo e non trasformarlo in location, provandolo a costruire dal basso come risposta ai desideri di aggregazione ed emancipazione culturale di un territorio o di una comunità di persone. Un festival, se guidato da un paradigma di trasformazione sociale e culturale e non di consumo selvaggio, può essere un cantiere di idee e pratiche, un luogo in cui le contraddizioni si affrontano e non si appiattiscono sull’altare dell’efficienza organizzativa. La nostra esperienza culturale è sempre più annichilita dai filtri organizzativi e burocratici, dal controllo all’entrata e dalla security.  

Festival Nuovi Cantieri Culturali Isolotto

I festival e l’imprevisto contro la burocrazia 

Per questo pensare di tornare ad una idea di festa come rito collettivo utopico e come accadimento unico e irripetibile, che compiamo noi stessi insieme agli artisti come parte di una moltitudine di corpi e menti è già un salto radicale. Pensare ad un’idea contemporanea della festa è quindi immaginare come anche un festival possa essere un luogo in cui ci poniamo delle domande sul futuro e proviamo a costruire delle oasi e degli spazi di senso, che sopravvivono alla durata dell’evento e che generano esperienze culturali necessarie e trasformative, dove l’inatteso e l’imprevisto assaltano quella pigrizia che a volte ci spingere a cercare solo quello che già conosciamo. Il manifesto dei festival è promosso da Arci, in collaborazione con UCCA, cheFare, TrovaFestival, ateatro, Riabitare l’Italia, Alleanza delle Transizioni Giuste e A Sud. 

Marco Trulli 

Per aderire al manifesto dei festival: www.dirittoallafesta.it 

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Marco Trulli

Marco Trulli

Operatore culturale e curatore. È ideatore e co-curatore di Cantieri d’Arte, piattaforma di arte pubblica cha ha realizzato, negli anni, numerosi progetti site specific nella città di Viterbo. Attualmente cura La Ville Ouverte, programma internazionale di azioni di arti pubbliche…

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