Sei artisti ripensano la Fondazione Menna di Salerno sotto il segno di Baudelaire e William Morris
Diviso in due momenti che abbracciano ad ampio raggio l’ultimo biennio il doppio progetto proposto dalla Fondazione, richiama le linee estetiche della luce, nel segno di Baudelaire e Morris

Le ampie manovre messe in campo, a Salerno, dalla Fondazione Filiberto e Bianca Menna trasformano gli spazi dell’Ex Casa del Combattente – palazzetto liberty costruito tra il 1921 e il 1922 e dal novembre 1989 sede storica della Fondazione Menna – in un condensato d’arte contemporanea, dove dalla primavera 2024 si susseguono progetti ed eventi che rinnovano il patto tra l’arte e l’abitare.
Le mostre a Salerno di Fondazione Menna
Diviso in due momenti che abbracciano ad ampio raggio l’ultimo biennio e organizzato grazie al sostegno della Sev Iren (società di Luce e Gas che opera nel territorio del Centro-Sud Italia), il doppio progetto proposto dalla Fondazione, richiama alla memoria non solo uno dei nomi (Baudelaire) che hanno guidato Filiberto Menna lungo le sue varie peripezie teoriche, ma anche le linee estetiche della luce che dalle festività natalizie del 2006 hanno trasformato Salerno in un palcoscenico luminoso.
Spleen. Da Menna a Baudelaire
Se infatti la prima anta di questo progetto dittico curato da Gianpaolo Cacciottolo e Massimo Maiorino si muove sotto il segno d’un titolo, Spleen. Tre opere per la Fondazione Filiberto e Bianca Menna, che evoca i tratti dei Petits Poèmes en prose di Baudelaire e contestualmente La profezia di una società estetica (Lerici, 1968) in cui Menna traccia a partire dalla cultura romantica “una linea eudemonistica della cultura artistica moderna, che affida all’esteticità diffusa (il passaggio dell’arte nella vita) il compito di reintegrare individuo e ambiente, di ricostruire l’equilibrio e la globalità della persona umana”, la seconda sezione propone con News From Nowhere una serie di installazioni luminose “alla cui base c’è la necessità di costruire, attraverso l’arte e l’attività artistico-intellettuale, uno spazio utopico, luminoso, in grado di sabotare “le strutture programmate” della città, capace di innescare un’integrazione estetica nel tessuto sociale e urbano”.
I progetti di Davide Sgambaro e Fabrizio Bellomo
Avviato appunto lo scorso 4 maggio 2024 con Hey there you, looking for a brighter season (moth) di Davide Sgambaro, “un’installazione ambientale luminosa ripensata per lo spazio della torretta della Fondazione” dove “la proiezione intermittente di tre luci strobo, allacciate ad un recorder dmx riproduce in loop una traccia luminosa basata sul sistema binario del codice morse”, il primo capitolo di opere si è intersecato via via a una serie di appuntamenti – Arte di Sera, storico format ideato da Stefania Zuliani, è diventato Arte di Sera / Nowhere Edition – con gli artisti invitati o a momenti di preziose proiezioni che vanno da Anulloje Ligjin (2023), l’ultimo film di Fabrizio Bellomo (Bari 1982), a Un ritratto in movimento. Omaggio a Mimmo Jodice, documentario realizzato da Mario Martone nel 2023.
Dopo i progetti di Marco Strappato (Qui mi sento a casa, 2024) e del collettivo damp (Hikikomori, 2024), legati entrambi alla cassa architettonica della Fondazione per farsi momenti d’ulteriore apertura verso l’urbano, il secondo capitolo di questo puntuale progetto che richiama alla memoria un romanzo fantapolitico di William Morris (News from Nowhere, 1891), altra irrinunciabile figura che ha offerto a Filiberto Menna l’occasione di riflettere sulle idee vaghe del gusto, è partito lo scorso 13 febbraio con Abito Mari (2025), preziosa installazione di Fabrizio Bellomo, una insegna luminosa (quasi slogan poetico) collocata «sul cornicione superiore della parte retrostante della» Fondazione per farsi gioco di riflesso tautologico e a tratti diaristico.
L’opera di Arianna Pace
Con Flame of Desire (2025) Arianna Pace ha preferito lavorare dal canto suo lavorare in un luogo interno di passaggio obbligato che collega il piano inferiore della Fondazione con quello superiore, dove è custodita la biblioteca. Riunendo «nella forma dell’edicola votiva una serie di suggestioni» nate da una visita alla Collezione di ceramiche Alfonso Tafuri e al Giardino della Minerva, Pace ha creato un dispositivo dai motivi floreali che non solo è rimando esplicito all’ornamento di Morris, ma anche momento di riflessione sulla necessità di essere contemporanei e sulla presenza del passato.

L’utopia di Tommaso Binga
A chiudere il ciclo di News from Nowhere sarà Elèktron (2025) di Giulio Delvè, un lavoro in itinere che “replica la forma della lunetta posta sopra il portone d’ingresso dell’ex casa del Combattente” e che sarà presentato al pubblico il prossimo 31 maggio. “Forza di trasformazione e orizzonte di speranza, l’utopia ha nutrito il pensiero dell’arte di Filiberto Menna e anima l’opera poetica di Tomaso Binga”, ha ricordato Stefania Zuliani (direttrice della Fondazione). “Una lezione di impegno critico, creativo e civile che la Fondazione non smette di raccogliere e interpretare attraverso i suoi progetti: Spleen e News From Nowhere continuano a proiettare sull’orizzonte urbano luci di utopia attraverso opere che invitano a riflettere sul nostro lacerato presente per immaginare nuove possibilità di coesistenza e di dialogo. Il lavoro degli artisti diventa anche occasione pubblica di discussione con il coinvolgimento degli studenti del Dispac rafforzando il decisivo legame con l’università”.
Antonello Tolve
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