Il restauro e la pandemia. Cosa ne è dei restauratori?

Il restauro è il grande assente nei decreti ministeriali che stanno scandendo la pandemia. Quali sono le ragioni? E che cosa si può fare per capovolgere la situazione?

In tempo di lockdown proviamo a parlare di restauro. Una disciplina che tutti conoscono. Un termine che più o meno a proposito è entrato nel lessico “famigliare” di chi si occupa di arte, sia in qualità di professionista che di estimatore. Una disciplina quanto mai fisica e materiale che presuppone il contatto con l’opera d’arte affinché si possa concretizzare l’atto stesso del restauro, non a caso definito “intervento”.
È facile pensare che questi tempi di pandemia, incredibili, come un’esperienza sensoriale di una performance artistica, possano aver cambiato la situazione del restauro. In effetti così è!
L’attività di restauro a oggi è ferma, non vi sono spiragli neppure per la cantieristica. Il codice ATECO dei restauratori non è stato elencato nelle prospettive di riapertura graduale dell’ultimo decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tutte le associazioni di categoria sono sul piede di guerra e hanno provveduto a comunicare il loro dissenso. Ma se dobbiamo essere realistici, la professione restauro non era stata citata neppure nei decreti che sancivano le chiusure dell’attività a inizio pandemia. In buona sostanza il restauro in quanto professione codificata e normata secondo le leggi vigenti non è acquisita! Ma questa è una vecchia storia dai risvolti tragicomici che un giorno sarà divertente raccontare.
La professione restauro non si percepisce nella sua essenza reale, è qualcosa di altro, lontano, che riguarda solo pochi soggetti. Il restauro viene spesso assimilato a un fenomeno pseudo artistico utile a raccogliere fondi, a smuovere le coscienze e, perché no, a mettere in risalto un’opera o l’operato dello sponsor. Un’opzione, un’estensione, una app, che per ovvia conseguenza può essere tranquillamente riposta nei periodi nei quali non è dato tempo per certe quisquilie. Purtroppo non viene compresa come attività professionale utile e propedeutica alla conservazione del patrimonio culturale in tutte le sue manifestazioni materiali.
Così in questo periodo di pandemia i lavori di restauro sono fermi. Nulla importa se chi lavora nel cantiere di una chiesa o in un museo chiuso è più solo, isolato e distanziato che dentro casa propria. Non è per presunti complotti contro la categoria. È che nessuno lo sa! Pochi, se non gli addetti ai lavori, sanno esattamente cosa comporti il lavoro del restauro, in tutte le sue forme e varianti specialistiche. E spesso chi ne è a conoscenza non è consultato. Che poi l’Italia detenga una parte enorme del patrimonio culturale mondiale è cosa ben nota, ma anche questo dato pare poco percepito o quantomeno recepito a fasi alterne.

RESTAURO E PANDEMIA. DUE ASPETTI PROGETTUALI

Eppure questo tempo di latenza potrebbe essere prezioso. Cosa resta da fare in questo periodo sospeso per chi opera nel restauro e per chi lo commissiona? Attendere la riapertura dei lavori oppure utilizzare questo tempo per indagare degli aspetti spesso trascurati del restauro? Gli aspetti indagabili a oggi sono di tipo progettuale. Normalmente la disciplina del restauro consta di due aspetti progettuali o, se vogliamo, di pensiero. Il primo aspetto o fase progettuale è quella che precede il restauro. Quando un’opera, un oggetto o un manufatto viene analizzato, stabilito lo stato di conservazione, rilevati i danni e progettato l’intervento di restauro. Normalmente questo progetto viene sottoposto ai preposti della Soprintendenza competente per l’autorizzazione dell’intervento (se il bene è sottoposto a vincolo di tutela). Quindi, corredato della prima autorizzazione, viene sottoposto all’ente che eventualmente lo finanzia. Quando il progetto ottiene tutte le autorizzazioni, può avere inizio l’intervento di restauro vero e proprio e li vi è una seconda fase progettuale; che consiste nella messa a punto del primo progetto eseguito in forma teorica, con l’ausilio dei dati oggettivi che mano a mano emergono dalle fasi di lavorazione eseguite sul manufatto. Messa a punto progettuale tecnica che verrà discussa e concordata con il funzionario della Soprintendenza e che poi verrà documentata nella relazione di fine lavori.
Queste le due fasi progettuali tipiche del restauro, ma, in questo periodo di latenza e distanza dagli oggetti d’arte, è bene che i detentori di opere d’arte o beni culturali in genere pensino a ulteriori forme progettuali.

“La conservazione del patrimonio artistico è stata accantonata a ogni avvisaglia di crisi nella storia contemporanea del nostro Paese e il rischio che ciò accada nuovamente si può e si deve sventare”.

Mantenere continuità progettuale potrà favorire una futura ripresa o quantomeno impedire che la tutela dei beni culturali, nutrimento dell’anima, venga relegata tra le attività di non immediata necessità. Di conseguenza inserita in un qualche anfratto dimenticato da progetti e finanziamenti. Non ci sarebbe da stupirsi. La conservazione del patrimonio artistico è stata accantonata a ogni avvisaglia di crisi nella storia contemporanea del nostro Paese e il rischio che ciò accada nuovamente si può e si deve sventare. Non è difficile, in tempi di visibilità social, basta parlarne!
Innanzitutto sarebbe ottima cosa intensificare la progettualità primaria, ovvero quella utile ad acquisire i titoli per l’intervento di restauro. Presupposto necessario per accedere ai finanziamenti. Altro tipo di progettualità a cui pensare in questo periodo potrebbe essere quella di pianificazione degli interventi, dei restauri, della manutenzione, manutenzione programmata e di finanziamento dei lavori.
Un lavoretto ingrato, “giusto giusto” per questo periodo! Il primo step consiste nel formulare degli schemi giustapposti: da un lato finanziamenti, somme a disposizione, bilanci e ipotetiche entrate; dall’altro schemi contenenti i beni culturali, dagli immobili alle suppellettili ai documenti d’archivio. Organizzati per priorità d’intervento e tipologia d’intervento. Restauro completo, restauro parziale, manutenzione, riorganizzazione, tamponamento della situazione ecc.
Pare una operazione banale, ma nel momento in cui si esegue emergono dati inaspettati e soprattutto nuove idee. Osservare i beni culturali sotto l’aspetto conservativo, scevri dalle sovrastrutture dettate dalla fortuna critica dell’opera o dall’interesse degli sponsor per la stessa, riserva sempre l’apertura di nuovi orizzonti. Mai come in questo periodo potremmo averne necessità.

‒ Silvia Conti

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Silvia Conti

Silvia Conti

Laurea in conservazione dei Beni Culturali presso l’Università Ca' Foscari di Venezia e ventennale esperienza in cantieri di restauro, in rapporto diretto con le soprintendenze competenti per opere ad affresco, stucchi, intonaci, dipinti su tela, materiali lapidei, sculture policrome. Si…

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