Per la prima volta dopo 25 anni alla Scala di Milano torna in scena il balletto “Paquita” in versione integrale

Debuttato all’Opéra di Parigi nel 1846, "Paquita" è ambientato a Saragozza, che diventa pretesto di una serie di affascinanti danze iberiche. In tempi moderni la sua versione integrale è stata eseguita in Francia soltanto una volta prima d’oggi. Ecco dunque il suo grande ritorno

Un vero trionfo per il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala l’aver eseguito la versione integrale di Paquita per la prima volta in tempi moderni. La compagnia diretta da Frédéric Olivieri si è distinta per precisione e giusta energia, portando sul palcoscenico del Teatro La scala per la prima volta la celebre versione completa del balletto, firmata da Pierre Lacotte, che è stata rappresentata lo scorso giugno 2025.  Omaggio sì al maestro scomparso nel 2023 ma anche slancio verso il futuro. Non si tratta, infatti, del solito balletto di repertorio ma di un titolo in grado di far riflettere sulla particolare trasmissione dell’arte della danza e che per le sue caratteristiche ha ispirato persino coreografi contemporanei del calibro di William Forsythe.

Le origini del balletto

Premonitore del ritorno dell’Impero in Francia, Paquita debutta come balletto in due atti con coreografie di Joseph Mazilier e musiche di Edmé-Marie-Ernest Deldevez all’Opéra di Parigi nel 1846. L’ambientazione nella città spagnola di Saragozza, durante l’occupazione napoleonica dei primi anni dell’Ottocento, è il pretesto per soddisfare la passione del pubblico sia per la visione delle diverse danze iberiche sia per quel periodo di grandeur imperiale, avendo nella coppia di ballerini protagonisti Carlotta Grisi (la gitana ma in realtà francese Paquita) e Lucien Petipa (l’ufficiale, figlio del generale d’Hervilly, Lucien) un elemento di scintillante preziosità. A due anni di distanza dalla prima assoluta del balletto, nel 1848 è proprio il nipote di Napoleone Bonaparte a diventare principe-presidente della Seconda Repubblica Francese, per poi assumere nel 1852 il titolo di Imperatore dei Francesi col nome di Napoleone III. Coincidenza o fatalità, proprio in concomitanza dell’ascesa del Secondo Impero napoleonico si esauriscono le rappresentazioni di Paquita in Francia.

Navrin Turnbull e il Corpo di Ballo scaligero in un momento del I atto della Paquita di Pierre Lacotte - foto Brescia e Amisano-Teatro alla Scala
Navrin Turnbull e il Corpo di Ballo scaligero in un momento del I atto della Paquita di Pierre Lacotte – foto Brescia e Amisano-Teatro alla Scala

Il balletto “Paquita” nella Russia di fine Ottocento

Il balletto esce, dunque, dal repertorio del teatro francese per trovare nuova vita e linfa in Russia, grazie anche alla presenza in loco del coreografo Marius Petipa, fratello di quel Lucien che aveva tenuto a battesimo il titolo a Parigi. Tra le varie versioni in suolo russo, quella di Marius Petipa del 1881 data a San Pietroburgo rielabora l’impianto del balletto, aggiungendo diversi brani, come al secondo atto un divertissement con un Grand Pas su musiche di Ludwig Minkus quale apoteosi di tecnica e stile brillante. Altri sconvolgimenti politici però, come la Rivoluzione bolscevica, decretano un’altra battuta d’arresto per Paquita che per il resto del Novecento sopravvive perlopiù in Russia nel solo divertissement e in Occidente quale ricordo del periodo romantico.

La riscoperta del balletto “Paquita”

È grazie al coreografo francese Pierre Lacotte (1932-2023) che Paquita torna finalmente in scena in forma integrale all’Opéra di Parigi nel 2001. La sua versione non è una mera ricostruzione filologica ma una riproposizione di un titolo storico che tiene conto in primis delle stratificazioni del corpo, quale archivio vivente, e della particolare trasmissione orale in presenza tipica dell’arte della danza. Le necessarie ricerche d’archivio sono state, infatti, da lui arricchite dalla trasmissione diretta avuta dalle sue maestre Ljubov Egorova e Carlotta Zambelli, entrambe interpreti di Paquita a inizio Novecento in Russia proprio sotto la guida di Marius Petipa. Lo stesso corpo dei ballerini, accogliendo un rinato titolo del passato, non deve piegarsi a modalità superate ma deve mettere in dialogo la tecnica del presente con “la maniera” del periodo di riferimento.

Il balletto “Paquita” al Teatro alla Scala di Milano

Sontuoso e raffinato nelle scene dipinte e nei ricchi costumi firmati da Luisa Spinatelli, il balletto Paquita è stato interpretato con grande precisione dal Corpo di Ballo del Teatro alla Scala, secondo solo all’Opéra di Parigi nell’accogliere la pregevole versione Lacotte nel proprio repertorio. Nella recita da noi seguita abbiamo potuto ammirare l’energica e brillante Alice Mariani (Paquita) insieme all’elegante e slanciato Navrin Turnbull (Lucien d’Hervilly) quale coppia in perfetta simbiosi, specialmente per il Grand Pas al II atto che ci ha davvero conquistati. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se un maestro della coreografia contemporanea come William Forsythe ha dichiarato: “sono ossessionato dal Grand Pas di PaquitaIn pochi minuti lì dentro c’è tutta la storia dell’Ottocento e il suo futuro” (cfr. Delteatro.it 2014 e Financial Times 2015). La sapiente organizzazione dei corpi nello spazio, il gioco d’incastri, l’echeggiare dei movimenti da un interprete all’altro, così come la dinamicità e l’energia espressa, fanno di questo divertissement un modello creativo tuttora valido con cui confrontarsi. Basta andare oltre i cliché di punte e tutù per scoprire la vera essenza della danza accademica e la sua forza di vivere in diversi secoli, attraversandoli e proiettandosi sempre al futuro.

Carmelo A. Zapparrata

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Carmelo Antonio Zapparrata

Carmelo Antonio Zapparrata

Dal 2010 svolge attività di giornalista e critico di danza, collaborando con quotidiani, come "La Repubblica-Bologna", con radio per programmi dedicati, "Dance Land" su "RadioEmiliaRomagna", e diverse riviste specializzate, tra cui i periodici di settore "Hystrio" e "Classic Voice". Ha…

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