La Santa Giovanna di Brecht va in scena con le musiche dei Laibach

Davide Sacco e Agata Tomšič, ovvero ErosAntEros, sono una compagnia teatrale con base a Ravenna ma dal respiro internazionale, come testimonia la loro nuova mega-produzione, il “Santa Giovanna dei Macelli” di Brecht

Dopo il debutto a Bologna, il nuovo spettacolo di ErosAntEros è andato in scena il 24 aprile al Teatro Alighieri di Ravenna (verrà ripreso a novembre a Bolzano) come prologo della VII edizione di POLIS Teatro festival, la rassegna curata dalla stessa compagnia, attenta tanto al “locale” quanto all’internazionale. Non a caso il loro Santa Giovanna dei Macelli è un lavoro internazionale e multilingua, creato con la banda cult slovena Laibach. Dello spettacolo e del festival abbiamo parlato con i due fondatori della compagnia, il regista Davide Sacco e l’attrice e drammaturga Agata Tomšič che, dal 2010 portano avanti la propria ricerca artistica, in cui l’impegno convive costantemente con l’attenzione alla forma.

L’intervista a ErosAntEros

Com’è avvenuto il vostro incontro con Brecht?
Agata Tomšič: Il nostro incontro con Brecht risale a parecchio tempo fa: nel 2014 abbiamo debuttato con una lettura-concerto tratta da un suo saggio politico-letterario, Cinque difficoltà per chi scrive la verità, che è stato un momento molto importante del nostro percorso artistico perché ha segnato l’inizio di una nuova modalità di ricerca sulla voce. A distanza di dieci anni abbiamo voluto riprendere anche questo lavoro più piccolo con cui debutterò a Polis l’8 maggio ma in una nuova forma, affiancata dalle immagini di realtà del fotografo e attivista Michele Lapini.

E perché proprio il Santa Giovanna dei Macelli?
A.T.:
Tornando a Santa Giovanna, abbiamo iniziato a ragionarci con Davide già nel 2017: allora avevamo debuttato con una produzione di ERT intitolata Allarmi sul tema del neofascismo che ci aveva fatto venir voglia di lavorare su un classico del Novecento e abbiamo subito pensato a Brecht e a questo testo. È stato un percorso lungo: Santa Giovanna è scritto per un cast potenzialmente di cento attori e dunque complesso anche dal punto di vista produttivo, soprattutto per una compagnia che, come la nostra, proviene dall’ambito di quello che una volta si chiamava teatro di ricerca. Abbiamo provato per un po’ fino a che, quando Valter Malosti è diventato direttore di ERT, l’abbiamo incontrato e lui ha accettato di affiancarci in questa ambiziosa follia e ci ha spinti a farne un progetto internazionale, anche per sperimentare il multilinguismo in scena. Grazie anche al Slovensko Mladinsko Gledališče di Lubiana e al Théâtre National du Luxemburg il progetto ha iniziato a prendere forma. 

Quali aspetti del dramma di Brecht, scritto all’indomani del crollo della borsa di New York e di quella che potremmo definire la prima crisi economica globale, ci parlano della situazione attuale?
A.T.: Come spesso accade nei nostri lavori, prendiamo spunto da un evento del passato per metterlo in relazione dialettica con il presente perché crediamo che ciò possa essere interessante per gli spettatori che, con noi, riflettono su questi argomenti per leggere in maniera diversa l’attualità: è un’idea che prendiamo da Walter Benjamin, filosofo molto vicino a Brecht. Penso che riflettere sul sistema finanziario e sul capitalismo abbia ancora oggi molto senso: il sistema economico è evoluto ma non è cambiato anche se i centri di produzione si sono spostati al di fuori del nostro privilegiato Occidente. Lo sfruttamento delle risorse del pianeta e delle persone non è finito, è semplicemente meno visibile, e c’è bisogno che ce ne rendiamo conto e che agiamo nel nostro quotidiano per modificare questa situazione. Questa è un po’ l’utopia che perseguiamo in tutti i nostri lavori e che con Santa Giovanna possiamo ancora esplorare: il dramma di Brecht, infatti, riflette proprio sulla possibilità o meno di modificare un sistema. 

Come avete capito che era necessario rileggere questo testo oggi?
A.T.:
 A proposito dell’attualità di Santa Giovanna, racconto un aneddoto: ci siamo trasferiti da Lubiana, dove siamo stati un mese in prova con lo spettacolo, a Bologna il 10 aprile e il giorno dopo c’era uno sciopero generale che si è trasformato poi anche in un corteo per il centro della città, in seguito all’esplosione nella centrale di Suviana. Ancora una volta è stato il presente a dirci che quello su cui stiamo lavorando è urgente e necessario. Una caratteristica del personaggio di Giovanna Dark, che io interpreto, è, poi, quella di evolversi e di avere una grande sete di conoscere. In tutta l’opera di Brecht c’è questo desiderio di sottolineare che il mondo si può cambiare e che a farlo possono essere solo le persone. È la bellezza di Santa Giovanna e metterlo in scena oggi sia importante perché la complessità del mondo attuale ci fa pensare che non ci sia nulla da fare ma voglio perseguire questa utopia: ripetendo le meravigliose parole di Brecht, credendoci, insieme, si può fare qualcosa per cambiare questo mondo. 

Avete creato questo spettacolo con gli sloveni Laibach, molto più di un gruppo musicale: come si è realizzata concretamente la vostra collaborazione/co-creazione?
Davide Sacco
: Sin dalle prime volte in cui abbiamo letto questo testo, abbiamo pensato ai Laibach, che definire band è riduttivo perché nascono come collettivo artistico nel 1980 vicino a Lubiana. Sono una band di culto in Slovenia, in tutta l’area dell’ex Jugoslavia e dell’est Europa. Abbiamo pensato a loro partendo dalla struttura del testo di Brecht, che prova a spiegare il funzionamento del sistema capitalistico-finanziario attraverso la metafora della filiera della produzione della carne in scatola. Da una parte ci sono i proprietari delle industrie della carne in scatola e dall’altra gli operai. I primi si fanno concorrenza e giocano in borsa; mentre gli operai provano a organizzare un grande sciopero generale unendosi ai lavoratori di altri settori. Fra questi due gruppi c’è una specie di Esercito della Salvezza, che Brecht chiama i Cappelli Neri: un gruppo religioso che arriva sempre cantando e suonando. Sia loro che il personaggio di Giovanna ci hanno portato a un immaginario un po’ oscuro che ci ha fatto immediatamente pensare ai Laibach, che si sovrappongono ai Black Hats quasi naturalmente; sembra che questo testo sia stato scritto per loro. I Laibach hanno scritto dieci brani originali a partire dai testi di Brecht, che eseguono dal vivo, si sono occupati del sound design e hanno anche delle parti recitate. Con loro la collaborazione è stata meravigliosa: fin dal primo momento hanno sposato il progetto. Io, poi, sono sempre stato un loro fan e già avevo usato delle loro canzoni in spettacoli precedenti di ErosAntEros. 

Lo spettacolo, dopo il debutto a Bologna, è in cartellone anche nel vostro festival Polis: quale sarà il focus dell’edizione di quest’anno?
Lo spettacolo è il prologo di Polis Teatro Festival che si svilupperà poi dal 7 al 12 maggio e avrà un focus sull’area di lingua tedesca – German Focus. Polis, infatti, è un festival di teatro contemporaneo internazionale, dedicato ogni anno a una particolare area geografica. Per noi German Focus vuol dire artisti, produzioni, compagnie provenienti dall’area geografica di lingua tedesca ma anche realtà che portano spettacoli tematicamente legati a quest’area. Fra i tanti spettacoli, avremo la prima nazionale di Posseduto del collettivo She She Pop, in cui protagonisti saranno gli spettatori; poi i Rimini Protokoll con una performance che si dispiegherà all’interno di un parco pubblico; l’artista svizzero Mats Staub con un lavoro a metà tra performance e installazione video. Ci saranno poi, Audiffamazione del gruppo italo-tedesco Barletti-Waas, ma anche i più giovani Le Cerbottane con il loro 1989 che parlerà della caduta del muro di Berlino

Laura Bevione

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Laura Bevione

Laura Bevione

Laura Bevione è dottore di ricerca in Storia dello Spettacolo. Insegnante di Lettere e giornalista pubblicista, è da molti anni critico teatrale. Ha progettato e condotto incontri di formazione teatrale rivolti al pubblico. Ha curato il volume “Una storia. Dal…

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