Il gioco come antidoto alla pandemia. Lo spettacolo di Babilonia Teatri

Babilonia Teatri scommette sull'infanzia come detonatore vitale della scena al tempo pandemico.

Era ripartita nel segno dei bambini la coraggiosa programmazione di Koreja Teatro a Lecce.
A guidare le proposte del cartellone è stato un verso di Samuel Beckett: non posso continuare, continuerò. In questo tempo strano in cui tutto sembra perdere la sua necessità, il teatro assume i contorni di uno spazio della cura, un luogo della vita, della condivisione e della discussione pubblica. Uno spazio protetto dove ci si educa giocando come ci hanno insegnato i 16 animali di Enzo Mari, scomparso nei giorni scorsi a causa del virus maledetto, e la letteratura di Gianni Rodari.

DIRE, FARE, BACIARE, LETTERA, TESTAMENTO DI BABILONIA TEATRI

Proprio a questi giganti della cultura italiana appare dedicato l’ultimo lavoro di Babilonia Teatri, Dire, fare, baciare, lettera, testamento. Si tratta di uno spettacolo di Koreja Teatro in collaborazione con la compagnia veneta. “È un’ode al bambino. È un canto alla sua bellezza, alle potenzialità che ogni giovane essere racchiude dentro di sé, all’infinita gamma di possibilità che ognuno di noi ha davanti quando nasce” si legge nel libretto che accompagna lo spettacolo.
In scena sei attori, tre adulti ‒ Giorgia Cocozza, Carlo Durante, Andelka Vulic ‒ e tre bambini. Si gioca in coppia incastrando i tasselli di un mosaico drammaturgico segnato da una componente fluida e liquida. A dominare la scena sono elementi mobili agiti sempre a due, un adulto e un bambino. Si apparecchiano i tavoli dei giochi: girandole e catapulte fatte con pezzi di legno, chiodi e martello proprio come fosse un omaggio al Manuale per un’autoprogettazione di Enzo Mari e ancora come si prepara il pane, il gioco dell’impasto della farina e dell’acqua. Qui la mente va alla metodologia progettuale di Bruno Munari e al suo paragonare ogni ricetta di cucina a un metodo per progettare il mondo con gli occhi di un bambino; poi si gioca con la terra per creare la torta di fango imparando dalla resilienza di una pianta la cura del mondo.

Babilonia Teatri, Dire, fare, baciare, lettera, testamento. Koreja Teatro, Lecce 2020

Babilonia Teatri, Dire, fare, baciare, lettera, testamento. Koreja Teatro, Lecce 2020

GIOCO VS QUOTIDIANITÀ

Si gioca, si impara, ci si sorprende nella scoperta e poi è ancora la dimensione ludica a rompere la monotonia del quotidiano imposto dagli incastri programmati dai grandi: scuola, pranzo, piscina, compiti, cena, nanna. Si rompe il meccanismo della scansione ordinaria per aprirsi allo straordinario di una pratica di gioco serissima, come ha sottolineato Salvatore Tramacere, regista e direttore artistico di Koreja nella presentazione di Dire, fare, baciare, lettera, testamento. Si gioca perché giocare è il lavoro dei bambini. Per giocare però servono delle condizioni che lo permettano e queste condizioni non sono i bambini a doverle creare, sono i grandi. Per giocare servono i bambini non i giochi“, dichiarano Enrico Castellani e Valeria Raimondi di Babilonia Teatri. Ecco che la scena deflagra in un temporale che bagna ogni cosa mentre un telo bianco cala dal traliccio centrale. Il tonfo di fulmini apre un cambio di scena poetico dove anche gli “spruzzini” per igienizzarsi partecipano a rendere la scena sospesa, liquida. Piove e si osserva il cielo per comprendere se il peggio è passato, la città non si vede, tutto si fa astratto, anche il disastro contemporaneo, le macerie pandemiche che ci tolgono il respiro.

GIOCARE PER ILLUMINARE IL BUIO

La notte del mondo adulto è troppo buia e densa: un liquido nero che avvolge tutto. Meglio tornare a giocare con l’oscurità, coi fantasmi, con le nostre ombre che prendono “mille forme diverse e assomiglieranno a strani animali, oggetti o esseri fantastici“. Poi il buio è rotto da un’esplosione di popcorn, si gioca ancora, senza fiato alla conquista di nuove zone di libertà passando per la scoperta armonica del canto di un merlo. Imparare a fischiare è diventare un po’ più grandi per poi abbandonarsi al gioco finale, quello dei colori.
Il telo bianco si popola di figure e sfondi realizzati in presa diretta senza l’ansia del giudizio. È l’epochè finale prima dei meritatissimi applausi per grandi e bambini. Ecco che lasciando lo spazio protetto del teatro torna alla mente un frammento di Gianni Rodari: “Questa scuola è il mondo intero, quanto è grosso: apri gli occhi e anche tu sarai promosso“.

Marco Petroni

http://www.babiloniateatri.it/

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Marco Petroni

Marco Petroni

Marco Petroni, teorico e critico del design. Ha collaborato con La Repubblica Bari, ha diretto le riviste Design Plaza, Casamiadecor, ha curato la rubrica Sud su Abitare.it, è stato redattore di FlashArt. Collabora con l'edizione online di Domus. Curatore senior…

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