
In una partitura c’è sempre molto più di quello che si legge. Interpretare un’opera non significa semplicemente conoscerne l’autore e il momento storico: la ricerca è teoricamente infinita. L’Orchestra di Piazza Vittorio rappresenta una realtà unica in questo genere, in quanto riesce a integrare musicisti e repertori musicalmente eterogenei. Dopo il suo debutto con Il Flauto magico ‒ che nella prima edizione vede proprio Petra Magoni nel ruolo della Regina della Notte ‒, l’Orchestra di Piazza Vittorio ritorna a Mozart. E lo fa con una rielaborazione contemporanea del mito di Don Giovanni andato in scena nella stagione dell’Accademia Filarmonica Romana. Il libretto settecentesco diventa una storia multilingue, che tra arie e recitativi in italiano inserisce melodie francesi, portoghesi e arabe. La rilettura effettuata da Mario Tronco ‒ direttore dell’Orchestra nonché co-fondatore ‒ ci riporta alle atmosfere noir degli Anni Venti, in una fantomatica Chicago Jazz. Scenografia essenziale, illuminazione drammatica e pochissimi arredi. Un gioco di piani sfalsati e un’orchestra che si compone di volta in volta a seconda delle esigenze musicali ed esistenziali dei vari personaggi. Don Giovanni è un divo, l’ultimo dei dandy. E la voce di Petra Magoni gli fa assumere subito una connotazione ambigua e indefinita.

GLI INTERPRETI
Seppur basato su un discorso di contaminazione tra i generi, lo spettacolo sviluppa ugualmente alcune dinamiche tipiche dell’Orchestra. Petra Magoni, ad esempio, quando la musica lo consente, non esita a trillare qua e là qualche vocalizzo dall’aria della Regina della Notte de Il Flauto magico. Se nel precedente spettacolo il suo ruolo era connotato da una potenza vocale e una forte personalità scenica, in questa edizione la apprezziamo nella sua veste camaleontica e melodicamente romantica, come nel duetto Là ci darem la mano con Zerlina (Mama Marjas). Assolutamente seducente, agile e sinuosa sia nell’interpretazione vocale che in quella teatrale, Petra Magoni porta lo spettacolo a una dimensione carica di energia e vitalità. Se vogliamo parlare di suggestioni e rimandi, anche il range musicale passa dal basso albertino e dai recitativi al pianoforte alle armonie tipiche della musica elettronica, molto care a Wendy Carlos in Arancia Meccanica. Donna Anna (Simona Boo), Donna Elvira (Hersi Matmuja) e Zerlina (Mama Marjas) passano tranquillamente dal ruolo di co-protagoniste a quello di dreamettes. Lo stesso dicasi per i personaggi maschili: da Leporello (Omar Lopez Valle), trombettista e servo esausto, a Masetto (Houcine Ataa), promesso sposo di Zerlina, a Don Ottavio (Evandro Dos Reis), promesso sposo di Donna Anna. Tutto si regge su un piano estremamente misterioso che, se inizialmente porta a trascurare l’importanza del delitto del Commendatore, Signore di Siviglia e padre di Donna Anna, alla fine trascina il suo assassino ‒ riluttante al pentimento ‒ tra le fiamme dell’inferno per poi farlo riapparire in un inaspettato, energico, finale rock.
‒ Michele Luca Nero