Il rapimento di Arabella. Al cinema il film sulle ragazze incomprese e in cerca di sé

L’amicizia come rapimento, la crescita come fuga. Qui la nostra intervista alla regista Carolina Cavalli e all’attrice protagonista Benedetta Porcaroli

E se l’infanzia fosse una stanza chiusa a chiave, e da adulti non sapessimo più dove abbiamo messo la chiave? Il rapimento di Arabella di Carolina Cavalli, nelle sale cinematografiche dal 4 dicembre con PiperFilm, parte da qui: dal desiderio disperato e tenerissimo di tornare indietro, rimettere in ordine le cose, scegliere meglio. Holly – Benedetta Porcaroli, anche protagonista di Amanda, precedente film della regista e autrice – ha 28 anni e la sensazione costante di essere uscita male dal proprio stampo. Si guarda come si guarda un vestito sbagliato: utile, forse, ma sempre un po’ fuori misura. Poi arriva Arabella, sette anni, bugiarda professionista e aspirante fuggitiva, e dall’incontro sbagliato nasce una verità.

Al cinema il film “Il rapimento di Arabella”

Nonostante il titolo, non è un film su un rapimento, ma su un riconoscimento. Holly vede nella bambina una versione miniaturizzata del proprio errore, e si ostina a chiamarlo destino. Arabella, invece, vede in Holly una macchina per scappare: basta salire sopra e andare. Insieme inventano una lingua fatta di mezze frasi, confidenze storte e promesse improbabili. È una fuga che non porta lontano, ma porta dentro. Dentro i punti ciechi dell’età adulta, dentro quella nostalgia che somiglia più a un difetto di fabbrica che a un ricordo.

Il nuovo film di Carolina Cavalli al cinema

Il tono è lieve, ma non leggero. Come una risata che arriva mentre stai per piangere. C’è qualcosa di comico nelle due che si studiano, si usano, si proteggono senza saperlo. E c’è qualcosa di spietatamente vero: crescere significa scoprire che non diventerai “qualcuno di speciale” come ti avevano promesso, ma puoi ancora diventare qualcuno per qualcuno. Anche solo per una bambina incontrata per caso.

“Il rapimento di Arabella”, un film sull’amicizia femminile e sulla ricerca di sé

La cosa più bella è l’amicizia, raccontata come un gesto accidentale e necessario. Non l’amicizia pettinata da cartolina, ma quella storta, tra chi non dovrebbe somigliarsi e invece si riconosce come in uno specchio incrinato. È una scelta reciproca, una specie di patto segreto: io ti vedo, tu mi credi. In un mondo che sembra chiedere sempre di più e dare sempre meno, queste due si concedono l’unica cosa davvero rivoluzionaria: un po’ di amore senza istruzioni.

Alla fine non si torna bambini, per fortuna. Ma si impara che alcune ferite non si chiudono, si abitano. E forse va bene così. Forse crescere è proprio questo: smettere di cercare una versione migliore di sé e cominciare a voler bene a quella che c’è. Anche se è sbagliata. Soprattutto se lo è.

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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