Il primo re, il film di Matteo Rovere: l’uomo contro Dio

Dopo Veloce come il vento Matteo Rovere centra meglio il suo concetto di cinema e lo fa con un film già destinato ad essere colossal e cult e che sicuramente farà impazzire il mercato orientale. La leggenda di Romolo e Remo ora ha una vita cinematografica d’eccellenza.

Epico e sperimentale. Nudo, crudo e in proto latino. Così Matteo Rovere pensa alla “sua” fondazione di Roma. Il primo re, in sala dal 31 gennaio con 01Distribution, si presenta con un film eccellente in ogni sua forma. Esteticamente perfetto, storicamente ben costruito, e dalla fotografia spiazzante e reale firmata da Daniele Ciprì. Un film che, dispiace ammetterlo, non sembra italiano. Affermazione banale ma inevitabile per spiegare che ci troviamo difronte a un “nuovo” cinema, forse italico e giovane, che osa e anche tanto pur di non scadere nei normali e retorici prodotti cui siamo fin troppo abituati. Matteo Rovere fa bene ad osare e il risultato lo dimostra. Il primo re è una vera esperienza cinematografica che sul grande schermo permette di volare in un altro secolo così lontano da noi e di essere parte della sfida tra dei e uomini, tra disegno divino e demone interiore. Quella di Romolo e Remo, così raccontata, è una lettura straordinaria della precarietà delle buone intenzioni dell’uomo davanti alla possibilità di avere controllo e potere. L’unica cosa che può tutto contro l’uomo è “il dio”, quella fiamma sempre presente di cui nessuno conosce aspetto e forma.

RISCRIVERE IL MITO

Il primo re è la storia di due fratelli, Romolo e Remo, interpretati rispettivamente Alessio Lapice e Alessandro Borghi. Il primo è più vulnerabile al volere del dio e fortemente religioso, il secondo è più irruento, rude e forse teme ancora di più rispetto al fratello la possibile morte. Entrambi devono sopravvivere in condizioni estreme e al tempo stesso fare i conti con un amore sconfinante che li lega e a volte destabilizza. Solo uno di loro riuscirà, una volta attraversato il Tevere, a continuare verso la salvezza e la fondazione di Roma. Matteo Rovere, insieme a Filippo Gravino e Francesca Manieri, firmano una sceneggiatura pregiata. La leggenda di Romolo e Remo è cosa nota, e anche il suo finale è abbastanza scontato. Ma costruire una storia attraverso immagini, scene, movimenti riducendo all’osso l’uso della parola prevede uno studio immenso di anni talmente lontani da noi di cui si sa pochissimo. Livio, Plutarco e Ovidio hanno di certo dato una mano ai tre sceneggiatori che hanno saputo costruire in modo perfetto questo film. Un film scritto benissimo se pur con pochissimi dialoghi, e quei pochi in proto latino (ovviamente al cinema sottotitolati!). “Un mito appunto, e l’etimologia di mito, mythos, significa in primo luogo racconto, non la storia dunque, ma un racconto costruito ex post, donatore di senso per chi lo ha elaborato”, spiega nelle note di regia Matteo Rovere. “Con gli sceneggiatori abbiamo quindi approfondito questa narrazione così antica, tentando di interrogarla, cercando gli elementi maggiormente ricorrenti: due fratelli gemelli, Albalonga, un tradimento, un cerchio sacro, un segno degli dei. Abbiamo studiato il racconto leggendario e il contesto, facendoci conquistare dallo strapotere della natura sulle esistenze umane: trenta o più tribù separate nel basso Lazio, e l’effetto dirompente di un uomo che porta una visione in grado di unificarle; una città che custodisce il fuoco, e il fuoco che incarna Dio. Così facendo il mito ha iniziato a muoversi sotto i nostri occhi, a interrogare dalla sua matrice più arcaica un nodo dell’Occidente, il nostro rapporto con il silenzio violento, inquietante, inquisitore di Dio”.

IPR_T.Garribba_DSF6668©Fabio-Lovino

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LA DONNA E IL FUOCO

Un ruolo centrale ne Il primo re lo hanno una donna e il fuoco. Satnei, ovvero Tania Sgarribba, bravissima attrice teatrale, è la vestale ovvero la sacerdotessa con il compito di vegliare il focolare sacro. Il fuoco è la vita ma anche la morte, è il dio che guida il destino degli uomini e che quindi potere decisionale. Romolo ha verso il fuoco e verso la vestale una forma di devozione, ne capisce il ruolo, il significato e li rispetta come cose sacre. Remo li riconosce come pericolo e contrasto alla sua ascesa. La donna e il fuoco in un certo senso sono la tentazione, la ragione e il pathos. Rappresentano quegli elementi della cultura latina che sono cari a tutti coloro che ne hanno una minima conoscenza. E sono due elementi che costituiscono e inseriscono in questo racconto un immaginario affascinante nel dramma della vicenda a cui si assiste.

PROTAGONISTA L’ARCHEOLOGIA

L’archeologia è l’altra grande protagonista di Il primo re. È la fonte usata per la ricostruzione dei villaggi e degli edifici presenti nel film. Per questo motivo la ricostruzione di agglomerati di piccole capanne di fango con tetti di paglia, circondati solo da trincee e montarozzi di terra per difendersi da attacchi improvvisi. Capanne dalla forma ovale. Secondo l’archeologia città più strutturate, quali Alba Longa, sono poco più che un insieme di abitazioni, questa volta però più solide, in muratura come le mura che le circondano. I luoghi di culto sono separati dalle città e facilmente raggiungibili attraverso le strade esistenti all’epoca. Come la via Sacra che conduce al santuario di Giove Latiaris vicino ad Alba, la Salaria porterà invece al santuario di Vesta, che Romolo farà costruire fuori dalle mura capitoline, accanto alla capanna regia. Templi simili alle strutture abitative dell’epoca, ancora molto diversi da quelli marmorei greci. Il primo re è un insieme di tante cose meravigliose del nostro paese e del nostro cinema. Pensare a una serialità che inizi da qui non sarebbe affatto male!

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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