Bernhard Schobinger – Democracy of materials
La mostra Bernhard Schobinger. Democracy of materials raccoglie sculture e opere-gioiello dalla seconda metà degli anni Settanta a oggi, raccontando un processo di democratizzazione del materiale che trasforma il gioiello in una poetica di sovversione.
Comunicato stampa
In un’esplorazione sul senso dell’ornamento tra pratiche e visioni, dall’architettura alle arti visive, la Galleria di 10 Corso Como – dopo Pietro Consagra. Ornamenti (febbraio–marzo 2024) e Andrea Branzi. Civilizations without jewels have never existed (dicembre 2024–gennaio 2025) – completa la trilogia delle mostre dedicate al gioiello come medium contemporaneo con una ricognizione sul lavoro dell’artista svizzero Bernhard Schobinger. La mostra Bernhard Schobinger. Democracy of materials, realizzata insieme alla galleria Martina Simeti, raccoglie sculture e opere-gioiello dalla seconda metà degli anni Settanta a oggi. Il percorso si articola in isole tematiche, associazioni e contrasti di linee curve e spezzate, seguendo un’idea di “psicogeografia” dinamica che richiama i viaggi dell’autore W. G. Sebald nel libro Anelli di Saturno, che ha profondamente segnato la poetica dell’artista.
La trasformazione del materiale – nella sua forza intrinseca di materia – dagli scarti e dai resti ritrovati come reliquie di un tempo passato fino ai cristalli e alle pietre preziose, diventa oggetto di una meditazione, di una concentrazione manuale. Ne risultano opere che superano le tradizionali modalità espositive e si lasciano indossare. I lavori di Schobinger mettono in discussione il nostro punto di vista, come un paradosso o un enigma dei koan, le frasi o i racconti che nel buddhismo zen il maestro affida all’allievo. L’esposizione racconta una ricerca di libertà assoluta sia rispetto ai materiali classici dell’oreficeria, sia rispetto all’idea di coerenza formale tra costruzione e funzione: principi ereditati dal design e dalla grafica della Concrete Art svizzera, con le sue radici nel modernismo, che Schobinger oltrepassa grazie alle influenze punk della seconda metà degli anni Settanta.
Ne emerge un processo di democratizzazione del materiale che fa del gioiello l’espressione di un’idea politica e annulla il confine con l'opera d'arte. La sua è una poetica della decostruzione, in cui la tensione che anima la materia si manifesta attraverso l’uso di frammenti, torsioni e tagli: opere preziose e radicali, alimentate dall’intensità di un procedere “contro il metodo”.