Arte contro pubblicità. Chi dei due imbroglia meglio?
Se è vero che l’arte ruba dalla pubblicità, è altrettanto vero il contrario: e agli ultimi ACDI Awards - che celebrano la creatività pubblicitaria italiana - adesso c’è anche un premio per chi ha saputo rubare meglio. Ce lo racconta la provocatoria Paola Manfrin, che questo premio l’ha ideato e istituito
Già: fanno finta di ignorarsi e passano il tempo a spiarsi. L’arte ostenta superiorità morale, la pubblicità promette creatività scintillante. In realtà si desiderano, e spesso si sfruttano senza pudore. Una relazione incestuosa che non si vuole ammettere. Da decenni il marketing succhia dalla sua tetta: ne prende estetiche, colori, ribellioni e le trasforma in claim e slogan apparentemente intellettuali, ma biecamente commerciali. Una volta un’opera artistica nasceva per mettere in crisi, provocare, sensibilizzare le menti meno informate; oggi viene riciclata per convincere il consumatore che una banana “non è solo una banana, ma uno stile di vita”. O viceversa, come nel caso del genio nostrano Maurizio Cattelan, che ha ribaltato completamente i ruoli con la sua Comedian scocciata al muro… poi acquistata per 6,2 milioni di dollari dal milionario cinese Justin Sun, che se l’è anche mangiata. Che caos: difficile capirci qualcosa. Quindi non immaginiamoci gli artisti come vittime innocenti. Anche loro rubano dalla pubblicità, spesso senza dirlo. Prendono slogan, estetiche patinate, simboli del consumo e li ributtano sulla “tela” come provocazioni contro lo status quo. È un gioco double-face: si denuncia ciò che allo stesso tempo si sfrutta. Del resto, scandalizzare è sempre stato un ottimo business. E oggi, più che mai, la provocazione è moneta di scambio oltre che corrente. Chi critica il mercato ne diventa immediatamente parte.

L’opportunità vera è non chi copia chi, ma chi domina chi
Il punto non è più distinguere arte e pubblicità: quella battaglia è persa. Ha senso capire se la creatività di oggi è ancora capace di generare discussione o se è diventata solo carburante per un ciclo infinito di consumo estetizzato. Non a caso, per la prima volta quest’anno ai recenti ADCI Awards 2025 ha debuttato un nuovo simpatico premio da me istituito come Art Ambassador del Club si tratta di Arte Rubata: “I bravi artisti copiano, i pubblicitari rubano” (frase scippata da me stessa a Picasso e manipolata ulteriormente). Un premio a chi ha “rubato” l’arte nel modo più spettacolare e privo d’imbarazzo e in lizza ce n’erano parecchi, uno più spudoratamente copiato – pardon omaggiato – dell’altro. Come Gran Pavesi-Sgavi Penar, che ci dice quanto la design week sia tutta una scusa per scroccare l’aperitivo. Dell’agenzia AUGE Headquarter, un progetto esilarante e acuto, con un’artista inesistente e una finta mostra, ma con un’unica cosa vera, l’ispirazione/copiatura dai lavori di Martino Gamper o direttamente dal movimento di design olandese Droog Design del 1993. Un’altra menzione va a MC Donald – The mosaic, la più antica campagna pubblicitaria mai realizzata. Dell’agenzia Leo Italy devo riconoscere bellissima la sua realizzazione. Un furto dichiarato dalla storia dell’arte, sia antica che contemporanea, che però non è restata solo sul piano concettuale ma ha tirato in mezzo il pubblico.
Il vincitore del premio “Arte Rubata” agli ADCI Awards 2025
Ma chi sono i più bravi che si sono accaparrati il premio? And the winner was… Is T1D Hiding for You? dell’agenzia VLM per Sanofi, un programma di formazione medica globale non promozionale che vuole far comprendere il diabete di tipo 1 presintomatico. Un bellissimo progetto con un key visual ispirato al mimetismo vivente dell’artista cinese Liu Bolin, con anche un riferimento al gallerista scocciato alla parete di Maurizio Cattelan. Un premio, inoltre, legittimato da addetti ai lavori, questa la vera sorpresa: per una volta non abbiamo assistito al consueto giro di pacche sulle spalle tra pubblicitari intenti a consegnarsi a vicenda il celebre cono di marmo. A giudicare il premio c’erano infatti curatori e artisti veri: una giuria composta dal curatore Milovan Farronato, gli artisti Patrick Tuttofuoco, Marta Pierobon e Giulia Messina e l’editrice di Flash Art, Gea Politi. Quindi nessun conflitto d’interessi, e niente auto-celebrazioni.

Arte e pubblicità: un matrimonio tossico (ma inevitabile!)
Conclusione: arte e pubblicità sono due amanti che si attraggono e si disgustano. Si usano, si manipolano giustificandosi a vicenda. Ma ormai sono inseparabili. E forse l’unica provocazione rimasta è questa: riconoscere che non esiste più un territorio incontaminato. L’immaginario contemporaneo è un campo di battaglia dove tutto: arte, marketing, ribellione, consumo si mescola senza chiedere il permesso. Comunque, dichiaro: evviva chi si fa ispirare dalle arti copiandole, manipolandole o semplicemente citandole, e se gli artisti fanno uguale, chissenefrega.
Paola Manfrin
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