Caravaggio a Roma. Esce il film sul viaggio dell’artista nel Giubileo
In arrivo al cinema un nuovo e toccante docu-film sulla ricerca di grazia di un genio inquieto e sempre più universale
Un pellegrinaggio nel centro della grande arte e nell’anima tormentata di Michelangelo Merisi (Milano, 1571 – Porto Ercole 1610). È questo il nucleo profondo di Caravaggio a Roma. Il viaggio del Giubileo, il nuovo docu-film diretto da Giovanni Piscaglia su soggetto di Didi Gnocchi, con la sceneggiatura di Eleonora Angius e la voce narrante di Mario Cordova. Presentato in anteprima in Vaticano alla presenza di Papa Leone XIV e al The Space Cinema Moderno di Roma, approderà nelle sale come evento speciale l’1, 2 e 3 dicembre 2025. Prodotto da 3D Produzioni e Nexo Studios, in partecipazione con Sky e in collaborazione con Avvenire e Gallerie d’Italia – Intesa Sanpaolo e con il contributo del MIC, il film è una meditazione visiva sulla dimensione umana e spirituale del Maestro, che unisce le voci di storici, critici, religiosi, artisti contemporanei, come Jago, e che mostra come il suo talento non risieda solo nella tecnica, ma nella capacità di rendere visibile l’invisibile. Un percorso che unisce il Giubileo di oggi a quello del 1600, quando Caravaggio trovò la propria consacrazione artistica e, insieme, la via dolorosa che lo avrebbe condotto all’esilio, alla colpa e a un anelito mai appagato di misericordia.
Il Giubileo è sentimento: Caravaggio e la Roma del 1600
“Caravaggio è pittore del sentimento e il Giubileo è sentimento, non ragionamento”, afferma lo storico dell’arte Claudio Strinati. È nell’Anno Santo del 1600 che il Merisi dipinge la Vocazione e il Martirio di San Matteo per la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi. Opere destinate a rivoluzionare la storia dell’arte e la sua stessa traiettoria creativa: da quel momento la pittura sacra diventa territorio espressivo privilegiato. Roma, allora, era un immenso cantiere. I pontefici — da Sisto V a Clemente VIII — riplasmarono la città tra obelischi che diventano “dardi di pietra verso il cielo” e basiliche che si trasformano in nuclei pulsanti della cristianità. Il Giubileo, ricorda lo storico Franco Cardini, nasce dall’intuizione di Bonifacio VIII di fare di Roma il nuovo centro spirituale dell’Occidente. Nel Seicento, tra strade ancora fragili e pellegrini in arrivo da tutta Europa, si compie l’inedita fusione tra arte, devozione e rinnovamento urbano che farà da sfondo alla vita di Caravaggio.
L’uomo oltre l’artista nel nuovo docu-film su Caravaggio
Il docu-film delinea il profilo di un’artista profondamente umano. Legato sin dalla nascita alla figura di San Michele Arcangelo, egli cresce nel clima cupo della Riforma, tra tensioni religiose e tormenti personali. Le prime opere milanesi, influenzate dal maestro Simone Peterzano, rivelano l’inclinazione per le vanitas. Ma è a Roma che la sua arte si accende. Nella bottega di Lorenzo Carli e poi in quella del Cavalier d’Arpino, Caravaggio si misura con un ambiente competitivo e affascinante, dove però — come ricorda la storica dell’arte Maria Cristina Terzaghi — non può permettersi errori: Roma è “affascinante ma spietata”, segnata da condanne esemplari come quelle di Beatrice Cenci e Giordano Bruno. È in questo clima che nascono opere come Giuditta e Oloferne, dove “il nero inghiotte la scena” e il confine tra sacro e profano si fa sottilissimo.
La luce come redenzione, il corpo come verità nella pittura di Caravaggio
Mentre Suor Maria Gloria Riva, Fondatrice del monastero delle Adoratrici Perpetue del SS Sacramento di Pietrarubbia – San Marino, sottolinea la forza plastica dei corpi e Strinati indica il dettaglio di personaggi che spesso guardano alle proprie stesse azioni, Terzaghi aggiunge la distanza che il Merisi prende dall’approccio rinascimentale: si passa dalla luce zenitale alle ombre, con la resa di figure che sembrano affiorare dalla notte per essere colpite da un raggio di verità. In opere sacre come la Madonna di Loreto nella Cappella Cerasi, ciò che conta non è il miracolo, ma la carne dei pellegrini, i piedi sporchi, l’umanità caduca che Dio incontra. Come afferma Timothy Verdon, Storico dell’arte e Direttore del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, Caravaggio “non umanizza i santi, ma santifica gli umani. Le sue tele ricordano che Dio viene a cercarci anche in mezzo ai nostri peccati”. Dopo l’omicidio di Ranuccio Tomassoni, la condanna di Papa Paolo V è implacabile: chiunque riconosca Caravaggio può ucciderlo. Inizia così la fuga disperata, che lo porta tra Napoli, Malta e la Sicilia. La sua pittura si fa sempre più oscura, segnata dal timore e dal desiderio di redenzione: la tavolozza si restringe: tra i bruni e i bianchi spicca solo, di tanto in tanto, un rosso sanguigno.
Le opere toccanti nel docu-film su Caravaggio
Tra i dipinti più toccanti raccontati nel film, il Davide con la testa di Golia, inviato al cardinale Scipione Borghese come supplica di grazia. Nella testa mozza di Golia, Caravaggio ritrae sé stesso, mentre in filigrana, sulla spada di Davide, lascia traccia di una preghiera in forma di pittura “Umilitas occidit superbia”, che tuttavia resterà inascoltata. Il suo ultimo dipinto, il Martirio di Sant’Orsola, reca un nuovo presagio di morte. Il Merisi peccatore, vi si autoritrae pallido, quasi esangue: è il suo congedo. Il film chiarisce come le sue opere siano “fotografie dell’anima”, dove la tragedia è sempre interrotta da una lama di luce, segno di una salvezza possibile. “Caravaggio muore solo e come in braccio a quella misericordia che aveva sempre cercato di rendere nelle sue opere” conclude Suor Maria Gloria Riva. La sua redenzione non arrivò dai potenti, ma dall’arte, che lo ha consegnato all’eternità.
Francesca de Paolis
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