Anche Vezzoli reinterpreta il Cactus di Gufram: la versione fiorita debutta a Design Miami
Quella firmata dall’artista bresciano, specialista nell’indagare il rapporto tra realtà e finzione, è solo l’ultima di una lunga serie di rivisitazioni d’artista di un classico del design degli Anni Settanta: un appendiabiti che si dimentica della sua funzione per puntare tutto sul racconto e sull’emozione
Tra le caratteristiche delle icone del design, cioè di quegli oggetti che hanno un’identità così forte e sono così amati dal pubblico da non passare mai di moda, c’è di solito l’immutabilità. Le loro forme sono immediatamente riconoscibili, continuano a suscitare emozione a distanza di decenni, e per questo difficilmente vengono modificate, anche perché chi si azzarda a toccarle viene di solito criticato: l’edizione limitata della lampada Arco disegnata dai fratelli Castiglioni lanciata da Flos nel 2022 per il sessantesimo anniversario del progetto originale, con la base non più in marmo ma in cristallo, per esempio, non ha fatto l’unanimità e tanti continuano a preferire la versione tradizionale.

Il Cactus di Francesco Vezzoli con un fiore come “ricamo concettuale”
Ci sono oggetti, però, che sembrano sottrarsi a questa regola generale e che, anzi, vengono continuamente reinventati. Uno di questi è il Cactus di Gufram, l’appendiabiti-scultura in poliuretano immaginato da Franco Mello e Guido Drocco nel 1972 come un feticcio del mondo naturale pronto ad autoinvitarsi nell’ambiente domestico, che da anni è oggetto di riletture anche d’autore. L’ultimo ad aggiungersi alla lunga lista degli artisti contemporanei e degli stilisti che negli anni hanno impresso il loro segno su uno dei prodotti più rappresentativi della stagione radical è Francesco Vezzoli. Il suo Fiore di Cactus verrà presentato nei prossimi giorni a Design Miami – la fiera di design da collezione la cui edizione invernale si terrà dal 3 al 7 dicembre al Convention Center di Miami Beach per l’Art Week locale – è stato realizzato in 30 esemplari e ha come caratteristica più evidente una grossa decorazione tridimensionale a forma di rosa. Il titolo riprende quello di una commedia del 1969 con Ingrid Bergman e Walter Matthau, in cui la fioritura di un cactus che la protagonista tiene sulla sua scrivania fungeva da metafora per la maturazione di un amore, mentre l’aggiunta di elementi vistosi e pop richiama la pratica del “ricamo concettuale” cara all’artista fin dai primi Anni Duemila e dai suoi Comizi di non amore. L’operazione si inserisce in una collaborazione con lo sviluppatore immobiliare americano Ray, che ha appena ultimato una nuova residenza caratterizzata dalla presenza di opere d’arte contemporanea a Phoenix, in Arizona.

Le versioni d’artista del Cactus di Gufram, da Cattelan a Warhol
Nato nel contesto del design radicale, in un mondo, cioè, in cui industria e ready made convivevano pacificamente tra loro e anzi si valorizzavano a vicenda, il Cactus di Gufram ha una funzione primaria, quella di appendiabiti, ma è soprattutto un oggetto capace di emozionare e comunicare. Nel corso degli anni è stato rivisitato tantissime volte, con nuove versioni in colori diversi dal classico verde (dal Biancocactus del 2007 al Boring Cactus tutto grigio passando per il Rossocactus, il Nerocactus, lo Psychedelic Cactus dello stilista Paul Smith e tanti altri ancora) e collaborazioni con artisti. Durante la Biennale di Venezia del 2015, per esempio, Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari hanno proposto una versione gigante e gonfiabile del Cactus, attorniata da due uova, su una zattera che solcava il Canal Grande. Il titolo della scultura, God, confermava la volontà di presentare l’iconico appendiabiti come una specie di divinità pagana. A celebrare il cinquantesimo anniversario della creazione di Mello e Drocco, nel 2022, sono state invece tre edizioni limitate “alla Andy Warhol” create in collaborazione con la fondazione che preserva l’eredità dell’artista statunitense, con le punte verniciate di nero per creare un effetto visivo simile a quello delle sue celebri serigrafie.

Gli altri italiani a Design Miami 2025
Il tema curatoriale scelto da Design Miami per l’edizione in partenza è Make. Believe, un’accoppiata di verbi che celebra il potere trasformativo del design e il ruolo dell’immaginazione nel processo creativo nell’anno in cui ricorre il ventesimo anniversario della fiera. Le presenze italiane saranno come al solito diverse, a partire da Alcova che ritorna al Miami River Inn, il più antico hotel della città immerso in una lussureggiante vegetazione tropicale, con una quarantina di espositori e un’installazione di Patricia Urquiola. Per festeggiare un altro anniversario, i 100 anni della maison Fendi, la designer argentina Constanza Vallese ha chiesto a quattro famose manifatture italiane specializzate nella lavorazione di materiali diversi, dal bronzo alla ceramica, dal vetro ai tessuti, di partecipare insieme al laboratorio di pelletteria dell’azienda a un lavoro a più mani che porta il titolo di Fonderia Fendi. Il numero cinque (4+1) non è casuale, ma allude alla saga familiare delle cinque sorelle Fendi, Anna, Carla, Franca, Alda e Paola, figlie di Edoardo Fendi e Adele Casagrande.
Giulia Marani
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