In Italia sta per uscire l’ultimo film di Sokurov. E il regista si racconta al Torino Film Festival
In vista dell’uscita del suo ultimo film “Director’s diary”, presentato al Festival di Venezia, il grande regista russo Alexandr Sokurov ne parla durante il Torino Film Festival 2025 dove ha ricevuto il premio Stella della Mole
Director’s diary (Il taccuino del regista, Italia Russia 2025, 305’), il nuovo film di Alexandr Sokurov, uno dei grandi maestri della cinematografia mondiale, sarà distribuito nella seconda metà di marzo nelle sale italiane. Lo ha annunciato il regista russo, presente al Torino Film Festival 2025 assieme a Paolo Maria Spina (Revolver), coproduttore e distributore del film. Sokurov ha ricevuto a Torino il premio Stella della Mole e ha ripresentato uno dei suoi capolavori, Russian Ark (Arca Russa, Russia Germania Giappone 2002, 99’).
Un film di montaggio di Sokurov che ripercorre la storia sovietica
Director’s diary, presentato quest’anno al Festival di Venezia, è un film di montaggio che dura oltre 5 ore. Sokurov, rilegge la storia sovietica dal 1957 al 1990 accostando spezzoni di riunioni di partito, discorsi di Krushiov, Breznev, Eltsin, vita quotidiana nei campi e nelle fabbriche, film di propaganda. La storia della Russia e dell’Europa scorre quasi indifferente, fra tragedie, feste, celebrazioni e il regista, come contrappunto, inserisce sue riflessioni scritte a mano con la stilografica, didascalie con citazioni letterarie, filosofiche, personali, non necessariamente legare alle immagini che scorrono. “Questo film nasce dal bisogno di reagire alla realtà con l’unico strumento che conosco: la contemplazione” spiega Sokurov. Quasi un testamento spirituale, o almeno un abbozzo di autobiografia del regista settantaquattrenne nato in Siberia – “ormai il mio paese è sommerso dalle acque di una centrale elettrica” – e che ha eletto San Pietroburgo città di vita e arte”.
La Russia, il socialismo e le disillusioni nel cinema di Sokurov
“La distribuzione in Russia del mio ultimo film è alquanto incerta, non so se uscirà nelle sale. Le mie opere sono ai margini in patria, per questo attendo con trepidazione l’incontro con gli spettatori in Europa”. Inevitabile chiedere al regista vincitore del Leone d’oro nel 2011 (Faust) come si confronta con la società russa contemporanea. “Vivo in una situazione difficile per la cultura, ma la Russia per me è sempre stata importante, una società che ha vissuto spesso in una condizione drammatica, che non le ha ancora permesso di trovare la sua dimensione. Il sogno di un ideale mai realizzato?”. Continua: “direi una società coraggiosa che ha tentato di realizzare il sogno del socialismo, che all’epoca era il desiderio dell’Europa intera. Ma nessuno ha provato a rischiare di attuare quel progetto, i russi si sono gettati nell’impresa e hanno tentato. Sappiamo come è andata, un percorso molto doloroso che io, per ragioni anagrafiche, ho vissuto assieme al mio Paese.”

“Arca Russa”, metafora del rapporto fra Russia ed Europa
L’incontro di Torino è stata anche l’occasione per ritornare sulla genesi e le vicende realizzative di un capolavoro come Arca Russa, un film di un’ora e mezza girato in un unico piano sequenza all’interno del Museo dell’Ermitage. Un grande affresco visivo, in cui la voce narrante (il regista) dietro alla macchina da presa si ritrova, per magia, all’interno dell’Ermitage di oltre due secoli fa, guidato da un enigmatico diplomatico francese dell’Ottocento, che con il mondo russo intrattiene un rapporto che è insieme di attrazione e distacco. Metafora del presente. “Il progetto di fare un lungometraggio in piano sequenza risale agli anni Ottanta e ne ho parlato spesso con Andréj Tarkóvskij (Zavraz’e, Russia, 1932 – Parigi, 1986) e dopo la sua morte mi sono sentito in dovere di realizzare l’opera per rendergli omaggio” racconta Sokurov. La camera ripercorre i magnifici corridoi dell’Ermitage, entra nelle sale delle varie scuole, i Fiamminghi, gli Italiani, incontra personaggi, si sofferma sulle tele, sui dettagli delle opere, sulle sculture. Sentiamo parlare Caterina la Grande, vediamo la famiglia dello zar seduta a tavola. Poi la grande scena del ballo (impossibile non ripensare al Gattopardo di Visconti) e il magnifico finale con la camera (il regista) che si confonde ai personaggi in costume, esce dal museo e si affaccia (forse) sulla Neva ghiacciata avvolta in una bufera di neve.
Arte e cinema, la cifra stilistica di Sokurov
“Io penso che tutti i film di Sokurov hanno l’ambizione di portare l’arte cinematografica a livello dell’arte tout court” spiega Carlo Chatrian, direttore del Museo Nazionale del Cinema. “È una grande sfida perché l’arte cinematografica è molto più recente della pittura, della scultura, del teatro, però lo sforzo e l’ambizione di Sokurov è quella di far riconoscere al cinema tutto il suo valore e la sua specificità”. Nel 2015, Sokurov riprenderà in parte l’esperienza di Arca Russa, filmando molte scene di Francofonia all’interno del Museo del Louvre, a Parigi.
Quello di girare Arca Russa in piano sequenza è stato uno sforzo titanico con oltre duemila comparse in costume, quasi quattromila persone coinvolte compresi i tecnici, il personale del museo, la sicurezza. “Ma abbiamo dimostrato che si poteva fare cinema senza montaggio che è sempre stata considerata la tecnica per eccellenza del cinema. E rivedere oggi il film a più di vent’anni dalla sua realizzazione mi sembra un sogno. E lo dice uno che nella vita non sogna mai”.
Dario Bragaglia
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