Il ristorante di Verona dove puoi incontrare secoli di storia e arte. Dalla Roma antica al design di Patricia Urquiola

Il ristorante dei 12 Apostoli, come lo vediamo oggi, nasce con la famiglia Gioco nei primi decenni del Novecento. Insegna premiatissima, è oggi gestita dallo chef Giancarlo Perbellini. Ma oltre alla cucina, c’è di più: rovine romane e medievali, affreschi novecenteschi, interventi architettonici d’autore. E persino un premio letterario

Da Corso Porta Borsari, poco prima di raggiungere Piazza Erbe, una svolta in vicolo Corticella San Marco porta a scoprire una delle attività commerciali più longeve della città. Siamo nel cuore della Verona romana (il Corso ricalca in parte il tracciato del decumano massimo) e il ristorante 12 Apostoli condivide con i suoi ospiti una storia altrettanto antica.

12 Apostoli. Photo Luca Rotondo
12 Apostoli. Photo Luca Rotondo

Alle origini del ristorante 12 Apostoli a Verona

Se non bastasse l’anno di fondazione del locale – in forma di osteria iniziava a servire i primi avventori 275 anni fa: longevità che gli vale il primato di ristorante più antico d’Italia – è lo spazio a evocare un passato ancora più remoto. Partendo dal basso, per risalire verso le sale oggetto di un recente restyling firmato da Patricia Urquiola (ne riparleremo a breve), gli ambienti ipogei del fondo custodiscono infatti una porzione di mura del tempio di Augusto, parte di una strada romana con un pozzo che recuperava le acque dell’Adige e tre lati del basamento di una torre medievale, elementi tutti recuperati e integrati nella progettazione delle nuove cantine qualche decennio fa, da un allievo di Carlo Scarpa. Al piano superiore, le mura del ristorante sono quelle di un palazzo trecentesco – e alla Verona medievale alludono, in sala, gli affreschi novecenteschi realizzati da Pino Casarini, scenografo teatrale dell’Arena di Verona, riproducendo le scene di una rappresentazione di Romeo e Giulietta del 1947 – che dalla metà del Settecento prese ad accogliere i mercanti affamati in arrivo dal vicino mercato: il guizzo popolare subito lì ribattezzò “i 12 Apostoli”, imponendo all’insegna il nome che porta ancora oggi.

Le rovine sotto ai 12 Apostoli. Photo Luca Rotondo
Le rovine sotto ai 12 Apostoli. Photo Luca Rotondo

I 12 Apostoli e il legame con il mondo letterario

Bisognerà però aspettare i primi del Novecento perché la strada dei 12 Apostoli incroci quella dell’alta ristorazione: fu Antonio Gioco, nel 1920, a rilevare il locale per indirizzarlo sul nuovo binario. Un progetto che all’epoca si concretizzò solo grazie ad Arnoldo Mondadori, garante di Gioco (al tempo portiere dell’hotel Colomba d’Oro) presso le banche necessarie per procedere all’acquisto. Non fu un caso, dunque, se il ristorante – allora dotato di nuovi pavimenti con motivi geometrici in marmo e pietra di Verona e boiserie in legno – diventò meta ambita da scrittori, giornalisti, artisti e intellettuali: Ernst Hemingway, Ezra Pound, Gabriele D’Annunzio, Orio Vergani, e poi Dino Buzzati, Giorgio De Chirico, ma anche Totò e, quando a Verona per la stagione operistica, Maria Callas e Luciano Pavarotti, solo per citarne alcuni.
Il legame con il mondo letterario si sarebbe ulteriormente rafforzato grazie all’erede di Antonio, suo figlio Giorgio Gioco, che al ristorante, alla guida della cucina, portò la prima stella Michelin nel 1959. Al nuovo patron, scomparso nel 2019 all’età di 94 anni, si deve infatti anche l’invenzione – su suggestione di Vergani – del Premio letterario 12 Apostoli, che dal 1968 al 2017 ha dispensato riconoscimenti alle migliori penne del giornalismo e della letteratura italiani; al suo fianco, i giurati-fondatori Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giulio Nascimbeni e Cesare Marchi.

La famiglia Gioco nella storia della ristorazione italiana

Intanto, la tavola dei 12 Apostoli si imponeva sulla scena della ristorazione nazionale – anche con l’arrivo di una seconda stella, nel 1967 – per la capacità di nobilitare la cucina locale senza privarla dell’opulenza di certi ingredienti e tradizioni popolari. E la famiglia Gioco – prima con Antonio junior, poi con Filippo – ha mantenuto la gestione dell’attività fino al 2023, quando è subentrato lo chef veronese Giancarlo Perbellini, che proprio ai 12 Apostoli alla metà degli Anni Ottanta muoveva i primi passi in cucina, e oggi ha trasferito in vicolo Corticella San Marco il suo Casa Perbellini, conquistando le tre stelle Michelin nell’autunno 2024.

Patricia Urquiola per i 12 Apostoli. Photo Luca Rotondo
Patricia Urquiola per i 12 Apostoli. Photo Luca Rotondo

Il restyling di Patricia Urquiola ai 12 Apostoli

A quest’ultimo capitolo, ancora in divenire, si lega l’intervento di Patricia Urquiola, che ha ridisegnato gli spazi, insieme all’architetto Silvia Bettini, nel rispetto della lunga storia pregressa. Sono state quindi mantenute le caratteristiche spaziali degli interni, rinnovati però attraverso l’uso delle tonalità calde della terracotta e del legno. Varcato il portale di ingresso in conci di tufo e mattoni, si accede al salotto con libreria a soffitto di grande impatto scenografico, che funge da divisorio e al contempo omaggia la storia del locale. La seconda sala mantiene i colori caldi del primo ambiente e utilizza il legno di acero per alcuni elementi della boiserie e il tessuto Antibes per il divano disegnato da Patricia Urquiola per Kartell; sul pavimento un tappeto con un motivo disegnato dalla designer spagnola (prodotto custom da CC-Tapis) riprende graficamente le geometrie degli Anni Trenta. Sul soffitto, una “costellazione” di microfaretti vuole ricordare i cieli trapunti di stelle d’oro tipici degli affreschi medievali. Proseguendo si raggiunge una sala voltata, decorata ad affresco, dov’è la cantinetta del ristorante, alloggiata in un cubo di vetro e metallo color ruggine, posto al centro della stanza. Per l’ultima sala, invece, la designer ha tradotto la necessità di offrire agli ospiti un’esperienza a stretto contatto con lo chef e la sua cucina: qui cinque tavoli componibili accolgono un massimo di dodici commensali sotto la grande cappa storica – ora rivestita di pannelli fonoassorbenti e luci wallwahser – e in vista della cucina disposta a elle. Il pavimento ospita un tappeto ceramico composto da piastrelle della collezione Tierras, disegnata da Urquiola per Mutina.
Ma il pasto non può che concludersi con la visita alle rovine romane sottostanti,  dov’è conservata anche la collezione delle “penne che parlano” (donate dagli autori cui è andato il Premio 12 Apostoli), per riallacciare i fili di una storia che continua attraversando i secoli.

Livia Montagnoli

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