Il nuovo spettacolo della compagnia Abbondanza-Bertoni è una vivisezione del corpo femminile
Il nuovo lavoro di danza contemporanea creato da Michele Abbondanza e Antonella Bertoni prosegue con rigorosa inventiva l’indagine della compagnia sul femminile
Epiphanīa. Mi rendo manifesta è il titolo del nuovo spettacolo della “storica” compagnia trentina Abbondanza-Bertoni, secondo capitolo di un tragitto di esplorazione dell’universo femminile inaugurato nel 2023 con Femina. Dopo la “deviazione” nel 2024 con Viro, i coreografi Michele Abbondanza e Antonella Bertoni hanno ora creato Epiphanīa, una severa vivisezione del corpo femminile capace di lumeggiare le innumerevoli contraddizioni che ancora oggi accompagnano la percezione – e l’auto-percezione – del corpo delle donne, fra ruoli stereotipati e tentativi di emancipazione individuale.
La Compagnia Abbondanza-Bertoni
Attiva dal 1989, la compagnia fondata e animata dai danzatori e coreografi Michele Abbondanza e Antonella Bertoni è da allora protagonista del panorama più profondamente e rigorosamente sperimentale della danza contemporanea italiana, autrice di lavori diventati dei veri e propri “cult”, quali lo spettacolo per bambini, tutt’altro che disneyanamente consolatorio, Romanzo d’infanzia (dal debutto nel 1997, ancora oggi in scena). O, ancora, Un giorno felice (2008) ispirato a Beckett; lo struggente e allo stesso tempo ironico Le fumatrici di pecore (2010); e il più recente La morte e la fanciulla (2017). Lavori eterogenei accomunati dalla cura minuziosa per il gesto e dalla loquacità non superficiale nel riflettere inquietudini e schizofrenie della realtà. Le relazioni amorose; le incomprensioni fra adulti e bambini; la convivenza con un corpo non conforme; l’alienazione dell’umanità e il suo allontanamento dal mondo naturale e animale: questi alcuni dei temi attraversati dal repertorio della compagnia che, dal 2005, abita il Teatro alla Cartiera di Rovereto (Trento). Spazio in cui, dallo scorso anno, Abbondanza-Bertone organizza anche una rassegna di danza contemporanea: la prima edizione è stata intitolata Sottoscritta!, mentre quella di quest’anno, tuttora in corso, è denominata Animo!

Lo spettacolo “Epiphanīa. Mi rendo manifesta”
Creato da Michele Abbondanza e Antonella Bertoni – a quest’ultima di devono anche l’ideazione, la scena e i costumi –, con le musiche originali del siciliano-inglese Sergio Beercock, il fondamentale disegno luci di Alessio Luci e l’impeccabile interpretazione di Sara Cavalieri, Valentina Dal Mas e Ludovica Messina Poerio, Epiphanīa. Mi rendo manifesta è un’onirica immersione nel femminile, al confine fra oscura allucinazione e, all’opposto, vagheggiamento di piena espressione di sé stesse. Ma, anche, un’esplorazione minuziosa del corpo della donna, sezionato letteralmente nelle sue componenti maggiormente caratterizzanti: le labbra, i capelli, le gambe… E, ancora, una lucida carrellata di modelli e ruoli convenzionalmente – e storicamente – associati al femminile: dall’obbligo della seduzione a quello, solo apparentemente antitetico, della maternità.
Com’è costruito lo spettacolo “Epiphanīa. Mi rendo manifesta”
Il palcoscenico è immerso nell’oscurità ed è circoscritto da pesanti tendaggi, nei quali si aprono fessure, iati più o meno ampi attraverso cui emergono gambe o braccia, chiome folte ovvero labbroni rosso vivo. Dalle quinte e dal fondo scivolano – o vengono precipitate – creature legate a un cordone o avvolte in sacchi di plastica semi-trasparenti. Donne con voluminose pance ovvero seduttivamente fasciate in un abito scarlatto; o, ancora, oscillanti fra austera grisaglia e colorato clownesco. Le tre precisissime danzatrici si muovono nell’oscurità, a tratti incastrando e sovrapponendo i propri corpi così da dare vita a creature innegabilmente perturbanti, epitomi di una femminilità essa stessa complessa e ignota.
Qual è il significato dello spettacolo “Epiphanīa. Mi rendo manifesta”
Il corpo femminile – vituperato, sfruttato, reificato, in sintesi costantemente ridotto a correlativo di qualcos’altro – rivendica la propria autonomia, significando soltanto sé stesso e attribuendosi caratteri e “abbellimenti” coerenti unicamente con i propri bisogni e desideri. Lo spettacolo di Abbondanza-Bertoni dichiara dunque la necessità di restituire una legittima priorità al “corpo”, da non intendere tuttavia come un’esaltazione della perfezione fisica ma, al contrario, come una riaffermazione dell’imprescindibile esigenza di ogni donna – di ogni creatura umana – di essere anche un corpo in cui rispecchiarsi in toto, una pelle tenace e accogliente in cui abitare.
Laura Bevione
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