A Milano c’è una mostra che racconta lo spirito e il mistero delle Fiandre dal punto di vista dell’arte contemporanea

Si tratta dell’ultima esposizione presentata dal collettivo itinerante curatoriale velo project che torna in Via Romilli nel quartiere del Corvetto per parlare di identità fiamminga attraverso oltre cinque secoli di storia dell’arte

Sono sempre Veronica Recchia e Lorenzo Pagliani, a cui si è aggiunto quasi subito anche Marco Beretta, a presentare quelle che sono senza dubbio alcune delle mostre più interessanti (per ricerca e cura) di Milano, da quando i tre hanno deciso di fondare il progetto itinerante curatoriale velo project. Itineranti sì, ma sempre in Via Romilli, nel quartiere del Corvetto, tra un civico e un altro. Così, questa è la volta di FLEMISHNESS, aperta al pubblico fino al 29 novembre 2025 al numero 20. 

La mostra “FLEMISHNESS” di velo project a Milano

La mostra mette in dialogo quattro artisti di generazioni diverse, Jef Geys (1934–2018), Jan Vercruysse (1949–2018), W. Rossen (1995) e Melle Van Herwaarden (1995), interrogando l’idea di identità fiamminga attraverso oltre cinque secoli di storia dell’arte. Sin dagli anni Ottanta Jan Vercruysse rivendicava, con una celebre affermazione di sentirsi “l’ultimo Primitivo Fiammingo” e, come spiega Pieter-Jan De Paepe nel testo critico che accompagna l’esposizione, “i Primitivi Fiamminghi simboleggiavano la libertà dell’artista di ricreare costantemente la propria identità. In un momento in cui, negli anni Ottanta, le Fiandre tendevano a tracciare confini politici fondati sull’omogeneità culturale e linguistica, egli adottò invece una posizione aperta e flessibile”. Così, l’artista s’inscrive nella tradizione rinascimentale delle Fiandre con l’intento di rovesciarne il portato: nelle serie dei Tombeaux, delle Chambres e in Les Paroles (di cui in mostra è presentata Paroles XXIV del 1998) Vercruysse costruisce spazi di contemplazione che trattengono e sospendono la possibilità stessa di un significato. L’identità, per Vercruysse, è un movimento verso il punto d’origine ma che non si compie mai del tutto.

“FLEMISHNESS”: il contemporaneo oltre il contemporaneo   

E la stessa tensione attraversa la pratica di Jef Geys, figura centrale e geniale dell’arte belga del secondo Novecento anche se pressoché sconosciuto da noi. La sua indagine parte dalle narrazioni locali – come la cultura rurale e industriale delle Fiandre, l’immaginario popolare, la riproduzione seriale – per trasformarle in un dispositivo critico capace di scardinare l’idea stessa di immagine autentica. Le tele tratte dalle iconografie promozionali dello studio Douven e le serie dedicate agli oggetti della quotidianità, come Viola Alpina (2010) o Passeport de vache (Annabelle) (1965-2014), sono parte di un archivio aperto in cui il reale viene scomposto, riutilizzato e serializzato.

Un’eredità figurativa

Questa eredità si confronta poi nelle opere delle nuove generazioni. W. Rossen, per esempio, costruisce superfici dense, nelle quali differenti livelli di rappresentazione, riflessione e riproduzione convivono in un’unica immagine compressa: una macchina fotografica su un paesaggio seicentesco, un giornale il cui testo è solo apparente, oggetti che oscillano tra l’animato e l’inanimato. La sua pittura, come una camera oscura contemporanea, si apre a un’altra dimensione e riafferma la potenza dell’immagine come spazio non del tutto conoscibile. Melle Van Herwaarden concentra, invece, lo sguardo sulla figura, recuperando l’intimità dei ritratti fiamminghi e traslandola nella quotidianità del presente. Nei dipinti recenti dedicati al fratello Gijs, ripreso negli ambienti della Rietveld Academy, l’architettura diventa la trama entro cui si inserisce una gestualità naturale, sospesa in un’atmosfera rarefatta. Così, l’ordine delle composizioni, la chiarezza formale e le tonalità delicate rimandano alla sobrietà controllata di Vercruysse, rinnovando al contempo la tradizione del ritratto d’interni.

Caterina Angelucci

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Caterina Angelucci

Caterina Angelucci

Caterina Angelucci (Urbino, 1995) è laureata in Lettere Moderne con specializzazione magistrale in Archeologia e Storia dell’arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Oltre a svolgere attività di curatela indipendente in Italia e all'estero, dal 2018 lavora come…

Scopri di più