Kwade | Zhen | Pistoletto | Capote
Quattro nuove mostre.
Comunicato stampa
ALICJA KWADE
VESTIGIA
Inaugurazione sabato 20 settembre 2025 via del Castello 11, dalle ore 17.00 alle ore 22.00
Fino al 7 gennaio 2026, da lunedì a domenica 10/13 - 14/19; dal 3 novembre da lunedì a domenica 10/13 - 14/18
A distanza di due anni dalla personale realizzata nei suoi spazi di San Gimignano, GALLERIA CONTINUA è lieta di ospitare nuovamente una delle artiste più influenti della scultura contemporanea, Alicja Kwade. La personale, dal titolo Vestigia, raccoglie opere che abbracciano diversi periodi della carriera dell'artista, incluse alcune sculture in bronzo frutto della più recente ricerca. Sono opere che rimandano alla natura ciclica, lineare e in definitiva sfuggente dell’esperienza temporale e alla sua interdipendenza dai sistemi naturali e artificiali; alcune, si palesano come tracce metaforiche, ricordi, esperienze che intrecciano al trascorso, presente e divenire. Altre invece, come Inner Image (Finallyfound), conservano tracce di civiltà scomparse; sono opere che nascono da una selezione di oggetti personali dell'artista: un iPhone, chiavi, occhiali da sole incastonati in un blocco di scisto. La loro perdita nel presente e la loro immaginata riscoperta archeologica in un futuro indefinito vengono materializzate in questa forma. Quando, in un lontano futuro, gli oggetti così fossilizzati saranno riportati alla luce, né la loro funzione originaria né i loro nomi saranno ricordati; appariranno come manufatti sconosciuti, senza tempo e misteriosi.
La mostra si apre con due grandi sculture, entrambe intitolate Archibiont (2025). Si tratta di sagome costituite da solide strutture geometriche e lineari d’acciaio scuro che mutano inaspettatamente in forme organiche. Esse confondono i confini e rivelano motivi ricorrenti presenti in natura evocando una struttura sistematica sottostante, come un progetto nascosto insito nel mondo: corteccia di albero color rame-verde e corna di bronzo. Architettura, biologia, metafisica, filosofia sono i fondamenti dai quali Alicja Kwade trae ispirazione per queste nuove opere. Vere e proprie sculture in trasformazione che richiamano alla mente la teoria aristotelica dell’ilomorfismo, che esplora la relazione tra materia, forma ed esistenza in un corpo naturale. Le tensioni presenti negli elementi sovrannaturali di Archibiont rimandano a forze superiori, a leggi universali, bellezza e caos, che restano in continuo movimento sulla terra e nello spazio.
Trait Transference (2024): uno specchio arrugginito pende dalla parete, la sua superficie riflettente reca le tracce del tempo. A terra è collocata una lastra di metallo, anch'essa segnata dallo scorrere del tempo e dalle forze della corrosione. Insieme creano un dialogo visivo tra l'effimero e il permanente, invitandoci a riflettere sulla transitorietà dell'esistenza. Con quest’opera l’artista ci ricorda che l'arte è un mezzo per interrogarsi e per esplorare idee profonde sulla trama della realtà, sfidando ed espandendo, al contempo, la nostra percezione.
Cambiamento, riorientamento e possibilità di trasformazione sono i temi che Kwade sviluppa in un’altra opera in mostra, Kehrtwende (2021): un frammento curvo di corrimano in legno montato a parete. Separato dal suo contesto architettonico, questo semplice oggetto acquisisce un nuovo significato, segna una svolta, sia in senso letterale che metaforico (il titolo significa "inversione a U" o "rovesciamento"). L’artista ci invita a fermarci e a riflettere sui momenti della vita in cui si verifica un cambiamento di direzione, che può essere nel pensiero, nel tempo oppure nello spazio fisico. Come in gran parte del suo lavoro, Kwade mette in discussione la nostra percezione della realtà, trasformando una forma familiare in una riflessione silenziosa ma potente sul movimento, la transizione e la struttura dell'esperienza.
Alicja Kwade (1979, Katowice, Polonia) vive e lavora a Berlino. Conosciuta dal grande pubblico italiano grazie alla sua partecipazione nel 2017 alla 57ma Biennale di Venezia, Kwade è nota a livello internazionale per la produzione di sculture, installazioni pubbliche di grandi dimensioni, film, fotografie e opere su carta che indagano la percezione, la scienza e la società. Il suo lavoro si basa sulla riflessione, la ripetizione e la decostruzione di oggetti quotidiani; una pratica poliedrica che esplora i concetti di tempo, spazio e realtà aprendo nuove prospettive sul mondo. Tra le sue mostre personali più recenti ricordiamo quelle presso: Tai Twun Contemporary, Hong Kong; Museum Voorlinden, Wassenaar; Berlinische Galerie, Berlino; Langen Foundation, Neuss, Germania; MIT List Visual Arts Center, Cambridge; Dallas Contemporary; Centre de Création Contemporaine Olivier Debré, Tours; Blueproject Foundation, Barcellona; ESPOO Museum of Modern Art; Kunsthal Charlottenborg, Copenaghen; Fondazione Giuliani, Roma; Museum Haus Konstruktiv, Zurigo; YUZ Museum, Shanghai; de Appel Arts Centre, Amsterdam. Le sue opere sono presenti nelle collezioni del Los Angeles County Museum of Art, dellHirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, D.C., del Centre Georges Pompidou di Parigi, della Neue Nationalgalerie di Berlino, della National Gallery of Australia di Canberra, del mumok Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig di Vienna e dello Yuz Museum di Shanghai, tra le altre istituzioni internazionali. Le sue sculture pubbliche si trovano in tutto il mondo: alla Stanford University di Palo Alto, in California, al MIT di Cambridge, nel Massachusetts, oltre che in Germania, Italia, Svezia e altri paesi. Nel 2015-2016, il Public Art Fund ha commissionato Against the Run, un'installazione per il Central Park a New York.
CHEN ZHEN, UN VILLAGES SANS FRONTIÈRES
GALLERIA CONTINUA CELEBRA 35 ANNI A SAN GIMIGNANO
20.09 – 07.01.2026
Inaugurazione: Sabato 20 settembre 2025, dalle ore 17:00 alle 22:00
GALLERIA CONTINUA / San Gimignano
A settembre GALLERIA CONTINUA festeggia il trentacinquesimo anniversario dell’inaugurazione del suo primo spazio espositivo nella cittadina medievale di San Gimignano. Un momento che segna oltre tre decenni di impegno a favore del dialogo e dello scambio culturale attraverso l’arte contemporanea. Ad accompagnare questa celebrazione, insieme alle personali di Alicja Kwade, di Yoan Capote e di Michelangelo Pistoletto, una mostra dedicata a Chen Zhen, dal titolo Un Village sans frontières. I tre fondatori di Galleria Continua incontrano per la prima volta Chen Zhen nel 1999, in occasione della sua partecipazione alla Biennale di Venezia; con l’artista stabiliscono un rapporto destinato a segnare in modo indelebile il percorso e la storia della galleria. Fu grazie a lui che i soci fondatori, nel 2005, decisero di aprire la prima sede all’estero (a Pechino) dando così inizio ad un viaggio, teso ad abbracciare il mondo, che dura tutt’oggi.
A venticinque anni dalla prematura scomparsa, Chen Zhen rimane un protagonista del nostro tempo, un artista che ha fatto della sua opera un esempio di pluralismo nell’arte. Questa mostra vuole essere un omaggio al suo lavoro che, dalla fine degli anni Ottanta, ha contribuito in modo sostanziale al superamento dei confini tra pensiero orientale e occidentale, influenzando un’intera generazione di artisti.
Inizialmente interessato alla pittura, nel 1989 Chen Zhen comincia a lavorare su installazioni: riassembla oggetti quotidiani creando opere in cui la tradizione cinese si mescola alla società del consumo in una sintesi oggi profetica. Definisce “transesperienza” l’anima del suo lavoro: unione di “residenza” (adattarsi ai luoghi), “risonanza” (dialogo con l’altro) e “resistenza” (alle nuove influenze culturali). In una conversazione con il suo alter ego, Zhu Xian, spiega che la transesperienza non è teoria concettuale ma un metodo esperienziale che connette ciò che precede a ciò che segue, adattandosi al cambiamento, accumulando esperienze e attivandosi in qualunque momento. Questo concetto si lega a temi centrali: immersione del sé nella vita, identificazione con gli altri, scambi e conflitti tra persone, società, natura, scienza e tecnologia. Ciò che più lo interessa sono queste “reti di relazioni”.
L’intera produzione di Chen Zhen è segnata dalla sua vicenda personale, legata a una malattia autoimmune diagnosticatagli a soli venticinque anni. Colpito profondamente dalla notizia, trascorre tre mesi in Tibet conducendo insieme ai monaci uno stile di vita semplice e svincolato dalla dimensione materiale. Questa esperienza, che influisce sulla sua percezione del valore del tempo, pone al centro della sua ricerca l’indagine sui diversi approcci della medicina orientale e occidentale. La rinnovata sensibilità di Chen Zhen
verso il corpo umano e la volontà di fare del suo lavoro un atto terapeutico e purificatore emerge in diverse opere incentrate su elementi fisici, tra cui gli organi interni.
Zen Garden - una delle opere che Chen Zhen realizza nel 2000 per la sua prima mostra personale negli spazi di Galleria Continua a San Gimignano - fa parte di un ciclo di opere incentrate sulla rappresentazione del corpo umano e dei suoi organi interni come spazio di trasformazione. In questo lavoro l’artista, attraverso il paesaggio interno del corpo, sovrappone due elementi, la natura connettiva del Qi e la natura incompleta della medicina occidentale, creando un terreno di dialogo tra il corpo e lo spirito. Un recinto poligonale di legno ospita al suo interno piante, sabbia, ghiaia, e dei grossi bozzoli bianchi e luminescenti dalle linee flessuose attraversati da minacciosi strumenti chirurgici, bisturi, forbici e divaricatori. Zen Garden è un'opera complessa che invita alla riflessione sul corpo, sulla trasformazione, sulla relazione tra individuo e ambiente, e sulla ricerca di un equilibrio interiore attraverso la fusione di elementi diversi. Attraverso la piccola porta in legno possiamo scorgere l’idea di un micro-macro tempio zen, che Chen Zhen sognava di costruire sulle colline toscane.
Fu Dao / Fu Dao è un’opera realizzata nel 1995, ispirata a un episodio vissuto a Shanghai. Entrando in un ristorante, Chen Zhen notò un carattere cinese che significava "buona fortuna" appeso al contrario. Il proprietario gli spiegò che la parola "al contrario" si pronuncia allo stesso modo di "arrivo", trasformando così l’immagine in un messaggio che annuncia l’arrivo della fortuna. In cinese, la pronuncia “Fu” può significare sia “felicità” che “Buddha”, mentre “Dao” significa sia “a testa in giù” sia “arrivo”. L’espressione Fu Dao / Fu Dao può quindi essere interpretata contemporaneamente come “Buddha rovesciato” e “arrivo della felicità”. Chen Zhen si chiese allora: il Buddha rovesciato simboleggia forse l’arrivo della felicità? Questo gesto semplice diventa così il punto di partenza per una riflessione più ampia: la tensione tra tradizione e modernità, tra spiritualità e materialismo, tra Oriente e Occidente. In quest’opera, il carattere «felicità» rovesciato non è soltanto un simbolo di fortuna, ma riflette la complessità delle relazioni tra credenze, ricchezza e identità culturale nel mondo contemporaneo.
Chen Zhen ha sempre nutrito una grande fiducia nell'uomo e nelle generazioni future. Nell’opera che dà il titolo alla mostra, Un Village sans frontières (2000), l'artista utilizza delle candele per costruire un "villaggio universale" composto dal numero simbolico di 99 sedie per bambini raccolte in tutte le parti del mondo. "Il fatto di utilizzare delle candele (in Cina la candela è simbolo della vita di un uomo) ha un senso particolare: costruire un villaggio senza frontiere, che spetta a noi iniziare – dichiarava Chen Zhen - ma la nostra speranza è sempre rivolta alle generazioni future".
Chen Zhen (Shanghai 1955 – Parigi 2000), formatosi durante la Rivoluzione Culturale, visse tra Shanghai, New York e Parigi, dove si stabilì dal 1986. Dopo un inizio nella pittura, si dedicò alle installazioni, assemblando oggetti comuni come letti, sedie e tavoli, sottratti all’oblio e trasformati in nuove forme simboliche. La sua ricerca, radicata nel taoismo e nel buddhismo e aperta al pensiero scientifico occidentale, affronta temi politici e sociali con un linguaggio capace di unire estetica e spiritualità.
Tra le sue mostre personali si ricordano: Pirelli HangarBicocca, Milano (2020); Rockbund Art Museum, Shanghai (2015); Musée Guimet, Parigi (2010); MART, Rovereto (2008); Kunsthalle Wien (2007); Palais de Tokyo, Parigi (2003–04); MoMA PS1, New York (2003); Serpentine Gallery, Londra (2001). Le sue opere sono state incluse in collettive presso istituzioni come il Guggenheim di New York (2017–18), il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (2000–01) e in diverse Biennali, tra cui Venezia (1999, 2007, 2009), Lione (1997) e Gwangju (1997).
MICHELANGELO PISTOLETTO
La Soglia
Inaugurazione sabato 20 settembre 2025 via del Castello 11, dalle ore 17.00 alle ore 20.00
Fino al 7 gennaio 2026, da lunedì a domenica 10/13 - 14/19; dal 3 novembre da lunedì a domenica 10/13 - 14/18
Galleria Continua ha il piacere di ospitare la mostra personale di Michelangelo Pistoletto dal titolo La Soglia. Per oltre sessant'anni, Pistoletto ha sfidato i confini tra arte e vita, invitando il pubblico a entrare nelle sue superfici riflettenti e a diventare parte dell'opera. Mantenendo fede a quella che è la firma principale dell’artista, lo specchio, la mostra presenta una serie di opere, inedite e recenti, che mettono in luce una ricerca in continua evoluzione.
Nel nuovo gruppo di opere esposte l’artista esplora la relazione tra dimensione reale e dimensione virtuale, tra bidimensionalità e tridimensionalità e il ruolo giocato dall’osservatore. In queste opere, un oggetto reale è posto di fronte a uno specchio la cui percezione muta al variare del punto di vista dell’osservatore. L'elemento specchiante, non solo riflette e completa visivamente la porzione mancante dell’oggetto, ma rimanda l'osservatore a una riflessione più profonda, stimolando la consapevolezza di sé e del proprio rapporto con l'ambiente circostante.
Divisione e Moltiplicazione dello specchio (2025) rientra nella serie di lavori di Pistoletto denominata Divisione e moltiplicazione dello specchio - L’arte assume la religione, presentata per la prima volta nel 1978 tramite un’opera omonima e un testo di riferimento. Il punto di partenza è la constatazione che lo specchio può riflettere qualunque cosa, tranne se stesso. Tuttavia, tagliando lo specchio in due parti e spostando lungo l’asse della divisione una delle due metà verso l’altra, lo specchio si auto riflette e si moltiplica, aprendo una prospettiva che si moltiplica all’infinito.
Questo fenomeno è alla base di una serie di opere e riflessioni di Pistoletto in cui il principio della suddivisione si manifesta come fondamento universale di ogni sviluppo organico e, sul piano sociale, della condivisione come logica alternativa a quella dell’accumulazione e dell’esclusione. Nelle opere presentate in questa mostra le parti dello specchio diviso sono poste agli angoli della stanza, per la prima volta tra loro sfalsate.
Nell’installazione esposta a San Gimignano Uno specchio rotto (2025), frammenti di specchio incorniciati sono disposti a parete in parte sovrapposti, richiamando visivamente un precedente lavoro del 1981 dal titolo Il disegno dello specchio, costituito da specchi incorniciati, alcuni interi, altri divisi. Mentre gli specchi divisi del lavoro precedente presentavano bordi netti, frutto di un taglio eseguito secondo un disegno intenzionale, i bordi e le forme irregolari degli specchi della nuova opera, così come il titolo, rimandano a un’azione di rottura e di schiacciamento. Una differenza che testimonia la distanza temporale tra le due opere e l’evoluzione del lavoro di Pistoletto anche all’interno della sua linea di ricerca, avviata nel 1978 con la mostra Divisione e moltiplicazione dello specchio - L’arte assume la religione.
Michelangelo Pistoletto è nato nel 1933 a Biella, dove vive e lavora ancora oggi. Nel 1962 ha dato vita ai Quadri Specchianti, che gli sono valsi il riconoscimento internazionale. Partecipante alla scena Pop art newyorkese e pioniere del movimento dell'Arte Povera, ha creato la serie scultorea Oggetti in meno nel 1965-66 e ha iniziato il suo corpus in evoluzione di Venere degli stracci nel 1967, entrambi realizzati utilizzando materiali di uso quotidiano. Nello stesso anno, ha iniziato a organizzare happening e performance al di fuori degli spazi espositivi tradizionali e ha fondato la compagnia teatrale interdisciplinare Lo Zoo nel 1968. Negli anni Novanta ha fondato Cittadellarte - Fondazione Pistoletto, ponendo il cambiamento sociale al centro della sua pratica. Nel 2023 ha presentato una serie di nuove opere che impiegano codici QR e tecnologie di intelligenza artificiale, coniando il termine metaopera. Ha ricevuto numerosi premi internazionali, tra cui il Leone d'Oro alla carriera alla Biennale di Venezia (2003), il Premio Wolf della Fondazione Wolf (2007) e il Praemium Imperiale per la pittura della Japan Art Association (2013).
YOAN CAPOTE
Ruido Blanco
Inaugurazione sabato 20 settembre 2025 via del Castello 11, dalle ore 17.00 alle ore 20.00
Fino al 7 gennaio 2026, da lunedì a domenica 10/13 - 14/19; dal 3 novembre da lunedì a domenica 10/13 - 14/18
GALLERIA CONTINUA è lieta di ospitare nei suoi spazi espositivi di San Gimignano Ruido Blanco (Rumore Bianco), la personale di una delle figure più emblematiche della ricca e vibrante scena contemporanea cubana, Yoan Capote; affermato a livello internazionale, l’artista vive attualmente tra Cuba e l'Europa.
Con Ruido Blanco Yoan Capote ci invita a riflettere sull'alienazione e la rassegnazione che l’essere umano vive nella società contemporanea. Il titolo - che descrive un suono costante e immutabile, capace di bloccare la nostra connessione con il mondo esterno - diventa una metafora dello stato di isolamento sociale, dell’immobilismo politico e della capacità di introspezione della collettivatà che si vive attualmente a Cuba. Le opere di questa mostra mirano a toccare le corde più profonde della nostra sensibilità e a suscitare in noi emozioni in grado di renderci consapevoli dell’ottusità, della demotivazione, dell'apatia e dell’intorpidimento emotivo che possono essere radicati nel nostro comportamento.
I lavori qui presentati sono l’espressione di un grido silenziato, un lamento soffocato dal rumore bianco che ci circonda; quel ronzio costante che ci tiene immersi in una sorta di letargia emotiva. Attraverso materiali altamente simbolici e processi creativi partecipativi, Capote ci invita a esplorare la complessità delle nostre emozioni, ricordi e pensieri, palesandoci quanto sia importante contrastare l'alienazione e l'estraniazione che minacciano di allontanarci dal nostro essere umani.
In questa occasione espositiva l’artista presenta per la prima volta un gruppo di opere realizzate nel 2025, della serie Litoral (Litorale). Si tratta di paesaggi marini dove la linea dell'orizzonte quasi scompare nel bordo superiore del dipinto e in cui Capote incorpora pietre di scogliera taglienti (cristalli di dente di cane) raccolte lungo le coste cubane. In questi dipinti Capote riproduce per la prima volta la prospettiva di coloro che hanno smesso di guardare l'orizzonte, rassegnandosi a un litorale disseminato di scogli; di coloro che, arresi nell’accettazione del presente, hanno perso la speranza nel futuro; ed ancora, di coloro che semplicemente vagano o cerca di fuggire mentre l'acqua svanisce fra le rocce taglienti.
Le caratteristiche formali di queste opere, nelle quali l'orizzonte perde di importanza, riportano alla mente le iconiche ninfee di Monet. Ma qui simbolicamente non compaiono fiori; dove l’artista francese dipingeva delicate composizioni di ninfee che galleggiavano a fior d’acqua, Capote inserisce massicce rocce appuntite. A differenza di Monet che catturava l’idillio, l’artista cubano cerca di rappresentare il dramma, le difficoltà e il dolore di coloro che affrontano la propria realtà e geografia.
Ruido Blanco include inoltre le opere di due serie già note: Islas e Purificación. Nella prima, l’artista ricrea paesaggi marini utilizzando pittura a olio e ami da pesca, nella seconda, riutilizza e rielabora catene, filo spinato, manette e altri frammenti metallici di diverse forme, atti a esprimere i concetti di decostruzione, tensione, aggressività e controllo. Il processo creativo che sta dietro a questi lavori è documentato in un video, in mostra in galleria, che ci offre una prospettiva aggiuntiva per la comprensione del significato delle opere.
Completano il percorso espositivo installazioni e sculture più o meno recenti ed un gruppo di disegni della serie Sentimientos encontrados. Questi ultimi, basati su una raccolta eterogenea di elettrocardiogrammi di suoi connazionali, per l’artista esprimono la frammentazione della società cubana causata dal dolore e dalla frustrazione.
Yoan Capote (Pinar del Río, Cuba, 1977) si è diplomato alla Scuola Nazionale d'Arte nel 1995 e all'Istituto Superiore d'Arte dell'Avana nel 2001. Ha ricevuto riconoscimenti come la Borsa di Studio della Fondazione John Simon Guggenheim (2006), il Premio della Fondazione Pollock-Krasner (2006) e la Borsa di Studio del Vermont Study Center (2002). Alla VII Biennale dell'Avana (2000), gli è stato conferito, insieme al collettivo di artisti DUPP, il Premio UNESCO.
Le sue opere sono state presentate alla collettiva del Padiglione Cubano alla 54° Biennale di Venezia (2011) e alla Biennale di Sydney (2022). Tra le sue mostre più importanti ricordiamo: Ouro Branco, Territorio, Pavilhões da Mitra, Lisbona, Portogallo (2025); Espinario, Galleria Continua, Parigi, Francia (2024); Questo lontano e oltre (2023), Museum Voorlinden, Paesi Bassi; Escala Humana, Galleria Continua, L'Avana (2002); Landlors Color, Cranbrook Art Museum, Michigan, USA (2019); Sujeto Omitido, Galleria Continua, San Gimignano, Italia (2019); Ritiro bagagli, Frederick R. Weisman Art Museum, Università del Minnesota, Minneapolis, USA (2019); Ola Cuba, Gare Saint Sauveur, Lille, Francia (2018); Cuban Art, mostra itinerante co-organizzata dalla Mid-America Arts Alliance con il Center for Cuban Studies (NYC) (2018); Cuba mi amor, Galleria Continua, Les Moulins, Francia (2017); Art x Cuba, Ludwig Forum für Internationale Kunst, Aquisgrana, Germania (2017); Overseas, Center for Contemporary Art Halle 14, Lipsia, Germania (2017); Relational Undercurrents: Contemporary Art of the Caribbean Archipelago, organizzato da Pacific Standard Time: LA/LA e The Getty. Museum of Latin American Art (MOLAA), Long Beach, CA, USA (2017); On the Horizon: Contemporary Cuban Art from the Jorge M. Pérez Collection, Pérez Art Museum Miami, Florida, USA (2017); Adios Utopia: Dreams and Deceptions in Cuban Art, 1950-2015, mostra itinerante presso l'Houston Museum of Fine Arts, l'Hirshhorn Museum, Washington, D.C. e il Walker Art Center, Minneapolis, Minnesota (2017); Cuba Libre, Ludwig Museum, Coblenza (2016). Le sue opere sono presenti in numerose prestigiose collezioni pubbliche e private.