Mario Airò – co-mondo

Informazioni Evento

Luogo
TUCCI RUSSO STUDIO PER L'ARTE CONTEMPORANEA ARCHIVIO E CHAMBRES D'ART
Via Davide Bertolotti 2 , Torino, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Dal mercoledì al sabato, ore 11 – 13 | 15 – 19

Vernissage
17/09/2025

ore 18

Artisti
Mario Airò
Generi
arte contemporanea, personale

La Galleria Tucci Russo è lieta di presentare la seconda mostra personale di Mario Airò nella propria sede di Torino, che si inserisce nel percorso espositivo sviluppato con l’artista a partire dal 2013 e che comprende un totale di cinque mostre, tre delle quali nella sede di Torre Pellice.

Comunicato stampa

La Galleria Tucci Russo è lieta di presentare la seconda mostra personale di Mario Airò nella propria sede di Torino, che si inserisce nel percorso espositivo sviluppato con l’artista a partire dal 2013 e che comprende un totale di cinque mostre, tre delle quali nella sede di Torre Pellice.

«Marquis Hill è un trombettista jazz di Chicago, che ha da sempre affiancato, all’abilità magistrale come strumentista, l’interesse a far confluire nella sua musica influenze provenienti da vari generi e stili musicali, specialmente provenienti dalla produzione afroamericana. Su questo tappeto sonoro ha la necessità di inserire, nelle sue composizioni, spoken-words di forte e sentito contenuto sia poetico/filosofico sia socialmente consapevole.
Nel brano Breathe la voce dice: “When we breathe in, that is God coming within us and when we breathe out, it is God’s concept leaving to join the world around us…”.
Aldilà dell’utilizzo della figura religiosa per riferirsi all’altro da sé, ciò che mi preme sottolineare è la permeabilità che Hill qui ci indica: il fiato, per lui trombettista, è voce, suono, musica; per lui compositore/improvvisatore è l’attimo in cui avvengono forma e figure. Nell’espirazione, l’Altro che ci ha permeato trova voce e figura grazie all’osmosi metabolica avvenuta attraverso noi.
co-mondo è il mondo come co-autore, o meglio, noi come collaboratori autoriali: se ci manteniamo laici, non possiamo che ammettere che ogni contenuto della nostra coscienza, ogni fantasia, invenzione, immaginazione siano frutto di qualche nostro incontro col mondo, siano scaturiti da impressioni avvenute a seguito di compenetrazioni con tutto ciò che esiste assieme a noi.»
Mario Airò, 2025, Introduzione alla mostra co-mondo

Quale migliore introduzione alle opere esposte nella prima sala e titolate Pareidolia capillare (2025)? Un insieme di “quadri”, appoggiati a pavimento su ossa di pelle di bufalo, vicini, leggermente sovrapposti a eliminare il possibile confine tra l’uno e l’altro e che si offrono alla percezione di chi guarda. Pareidolia quindi a intendere il nostro tentativo di trovare forme conosciute? Ma le opere si muovono autonomamente, accettano lo spettatore senza averne bisogno. Giocano tra materia grezza e colore, in un dialogo proprio e armonico.
Nella stessa sala, un salto temporale: Il giardino delle delizie (1989), un’arancia vera su cui, con un pennarello, è disegnata la silhouette della mano che la tiene. Airò: “È stata esposta nella mia prima mostra personale, quasi manifesto di un’attitudine etica ed estetica. […] Un’opera è un frutto, […] si ciba di cura”. Anche qui si richiede allo spettatore di rendersi disponibile a una diversa immaginazione e visione dell’opera d’arte.

Analoga richiesta per le tre opere presentate nella sala seguente e titolate Trilogia della devozione (2024). Leggere sfumature differenziano la pittura dai materiali che la proteggono, si potrebbe quasi dire che la calzano e l’accolgono. È una richiesta sensibile di preghiera e rispetto dell’arte?
Le voci della sera: una cromatografia (2022) è invece la trascrizione cromatica dei timbri emozionali e narrativi dell’omonimo romanzo di Natalia Ginzburg. Il libro è stato immerso in diversi e successivi bagni di inchiostro di varie tonalità. I toni più chiari, più luminosi, sono stati sovrapposti per ultimi ai toni più plumbei, in modo che se ne snaturino le qualità, a sottolineare l’impossibilità, anche per la più solare delle pulsioni, di modificare lo status quo delineato nel testo e intensificato dall’asciuttezza stilistica della prosa che l’autrice utilizza per enfatizzarlo.

Nella terza stanza ci accoglie l’opera sospesa Ierofania (2011), la cui luce di wood illumina un foglio di carta, una pagina sospesa che sostiene una piccola conchiglia. Non è una pagina bianca, ma ha un testo il cui “titolo” risulta essere “When the sacred manifests itself”. Il neon non illumina e trafigge solo la pagina, ma anche le parole e il loro significato.
I Grattages, lavori realizzati nel 2016, sono in dialogo con quest’opera, ma nel loro caso la carta, da supporto privilegiato per l’immagine, diventa materia stessa dell’immagine: un bassorilievo reagente alla luce.
Musica per una fine (2025) conclude il percorso della mostra, o direi forse questo “credo” di Mario Airò. È un’edizione limitata, 30 esemplari, ispirata alla prima pagina di Musica per una fine, brano composto da Ennio Morricone nel 1998, accompagnato da un testo scritto e interpretato da Pier Paolo Pasolini. Racconta Mario Airò: «Leggendo il testo di Pasolini, quando sono giunto a la cui soave saggezza mi si è spalancato un mondo. In due parole riesce a condensare tutto il suo amore per la cultura italiana, quella quotidiana, atavica, presente nei gesti, nei volti, nelle lingue vernacolari, quella che con rammarico vede scomparire e che quasi da paladino vorrebbe proteggere. Nell’atmosfera affranta, ricolma di amarezza del testo, questo è l’unico momento dolce. Ho diteggiato malamente sul pianoforte la melodia dell’introduzione e mi sono immaginato che la musica diventasse particolarmente accorata in quel passaggio. L’immagine che ne è scaturita è stata un gesto: una rosa intrisa d’alcool e capovolta, schiacciata sullo spartito a versare il suo colore».

Mario Airò (Pavia, 1961) vive e lavora a Milano, città in cui si situano i suoi studi e il suo esordio artistico tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Tra le principali esposizioni dell’artista si ricordano: Palazzo Brancadoro, Fermo (2025); Antico Mulino Spagnolo di Orbetello (2021); Fondazione Malvina Menegaz, Castelbasso – TE (2020); Galleria Nazionale di Parma – Palazzo della Pilotta, Parma (2015); Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce, Genova (2013); Palazzo della Triennale, Milano (2004); GAM, Torino (2001); S.M.A.K., Ghent, Belgio (2001); Museum of Contemporary Art, Tokyo, Giappone (2001); Kunsthalle Lophem, Belgio (2000). I suoi lavori sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private tra cui il parco ArtLine di Milano, il MAXXI di Roma, il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea (Torino), la GNAM di Roma, il MAMbo di Bologna, il Museion di Bolzano. Mario Airò ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 1997, alla Moscow Biennale of Contemporary Art nel 2005 e alla Biennale di Gwangju (Corea del Sud) nel 2004. La sua installazione luminosa Cosmometrie è parte del progetto pubblico permanente di Torino “Luci d’Artista”. Alcuni suoi progetti sono stati inoltre realizzati nell’ambito del programma di committenze pubbliche “Nuovi Committenti” e dell’omonimo collettivo internazionale “Nouveaux Commanditaires”.