“L’eleganza è un dono di Dio, qualcosa che non si può imparare. Tuttavia ci sono persone che possono indicarti la strada”, aveva affermato Mirella Petteni in un articolo apparso su T Magazine qualche anno fa. Bellezza da kore greca, profilo affilato, lineamenti quasi androgini: un’immagine che il tempo non era riuscito a scalfire, ma che al contrario aveva strutturato nella cultura e nell’esperienza del suo sguardo, nel sorriso accogliente del suo entusiasmo. Doti davvero innate che Mirella, con rigore e lucentezza mentale, aveva fatto fiorire non solo nella sua professione di indossatrice – tra le prime modelle italiane conosciute in tutto il mondo tra la fine degli Anni ’50 e i ’60 – ma anche nelle sue conversazioni brillanti, nelle sue cene eleganti, nei suoi look minimali e al tempo stesso drammatici, che l’hanno resa un simbolo di stile, una delle figure più affascinanti che hanno animato la scena sociale e culturale romana e non solo, negli ultimi decenni. Oggi, dopo la morte nella giornata di mercoledì 27 agosto 2025, tutti la ricordano con affetto.
Chi era Mirella Petteni
Tra coloro che le avevano indicato la strada, c’era stata sicuramente la mitica direttrice di Vogue America Diana Vreeland, che negli Anni ’60 inventò la mitologia della rivista di moda, così come quella della fashion editor. Nella sua irrefrenabile curiosità e scoperta di talenti, fu proprio lei a volerla sulla copertina di Vogue America nel marzo del 1966, come nuova immagine di un femminile che stava cambiando. “Petteni ha un corpo e un volto di personalità. Particolare, moderno, perfetto per interpretare una moda che andava affermandosi anche come narrazione di uno stile, di un modo di essere. Attraverso le immagini capaci di dare forma a una cultura visuale nuova che segnava i cambiamenti dei corpi e della società”, ha scritto la curatrice e studiosa di moda Maria Luisa Frisa in un post su Instagram.

Vita e carriera di Mirella Petteni
La giovane Mirella era partita da Bergamo per diventare indossatrice a Milano, diventando l’immagine di campagne ed editoriali passati alla storia, immortalata negli scatti di Gian Paolo Barbieri, Ugo Mulas, Irving Penn e Newton, che la portò in America. Come lei stessa aveva ricordato in un’intervista a Vanity Fair: “Newton e io andammo insieme a New York per la prima volta e lavorammo molto, e per l’estate del 1963 erano uscite su Vogue America una ventina di pagine con le nostre foto”. Erano anni di grande fermento culturale, in cui le riviste giocavano un ruolo fondamentale nell’affermazione di una moda italiana in ascesa. Indimenticabili gli scatti di Gian Paolo Barbieri per un catalogo Valentino del ’67, in un deserto surreale ricostruito con dune di semolino in un appartamento in costruzione a Roma, in cui Mirella posa ieratica, interpretando i coloratissimi capi Valentino. Così come memorabile fu la sua posa, con l’atteggiamento di una statua classica, immortalata da Ugo Mulas in un abito di Jole Veneziani per un editoriale su Settimo Giorno del ’58, nel cantiere della Darsena dei Navigli: una foto ancora oggi rivoluzionaria per il contrasto con l’ambientazione industriale.
In ricordo di Mirella Petteni
Come ricorda Gisella Borioli, che insieme a Flavio Lucchini ha dato forma all’editoria italiana degli Anni ’60, la sua figura leggera ma piena di personalità emergeva tra le indossatrici italiane che iniziavano ad affermarsi sulla scena internazionale: “Avevo solo vent’anni quando l’ho incontrata in copertina e sulle pagine di quel “Novità” che poi Flavio ha trasformato in “Vogue Italia”. Per me era la più bella di tutte, con quel viso aristocratico, quel corpo asciutto, quella classe, quello chic naturale ma anche la sua gentilezza e la sua dolcezza verso di me, giovanissima redattrice tuttofare per la prima volta alle prese con i servizi dell’Alta Moda a Roma”.
Il cambio di vita a trent’anni, l’esperienza come redattrice di Vogue Italia, poi consulente per brand e case di moda, fino a diventare la signora Haggiag, sposando il produttore di origine tripolina Robert Nissim Haggiag, in una favola che la trasforma in raffinatissima padrona di casa, interessata a filantropia, fondazioni, musei, onlus. Ha promosso e aiutato amici artisti come Francesco Vezzoli e Thomas de Falco, organizzando incontri, cene e dopomostra nella sua meravigliosa casa che guarda il Quirinale. Un appartamento minimale e curatissimo, con linee luminose e colori neutri, realizzato negli Anni ’70 dall’architetto Ward Bennett – che progettò anche l’appartamento newyorkese e la casa all’Argentario – tanto da essere notato da Gianni Agnelli, che volle un progetto simile per la sua dimora romana nello stesso edificio. Una rete di affetti, sinergie e amicizie che Mirella Petteni ha saputo coltivare per tutta la vita, come dimostra l’affettuoso messaggio di Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti: “Ricordo con emozione i giorni trascorsi insieme a creare servizi fotografici che hanno fatto sognare un’epoca… Sei stata una Musa, una compagna di viaggio, un’amica… La bellezza che hai donato al mondo continuerà a vivere in queste immagini e nel ricordo di chi ti ha conosciuto e amata”.
Alessio de Navasques
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