Quattro artisti a Venezia trasformano i paraventi in soglie, tra arte, design e memoria
Nella sede lagunare della galleria berlinese Wentrup, Gregor Hildebrandt, John McAllister, Claudia Wieser e Thomas Grünfeld trasformano il paravento in un dispositivo visivo e affettivo, in una riflessione sul confine tra spazio, arte e oggetto
ll’interno dell’ex atelier di Giuliana Camerino, sede veneziana della Wentrup Gallery, la mostra Hidden Memories ruota attorno a un oggetto preciso: il paravento. Presenza fluida, intima, funzionale, qui restituita nella sua potenza narrativa, come soglia mobile che accompagna e invita al passaggio. Gregor Hildebrandt, John McAllister, Claudia Wieser e Thomas Grünfeld ne mettono in discussione forma, funzione e linguaggio, trasformando lo spazio espositivo in un percorso sensoriale e stratificato.

La memoria prende forma nell’installazione monumentale di Gregor Hildebrandt a Venezia
Gregor Hildebrandt (Bad Homburg, 1974), noto per l’uso poetico di materiali analogici, apre la mostra con un’installazione monumentale: come un’onda lagunare, una parete fluida composta da vinili turchesi muta il white cube in un paesaggio sonoro e visivo. La sua soundwave veneziana, sospesa tra nostalgia e ritmo, rende il paravento una membrana viva, in dialogo con due opere più raccolte: un vinile lasciato nella sua essenza, attraversato da un dettaglio centrale evocativo di Delaunay, e uno studio su nastro magnetico, in cui ogni filo audio diventa traccia visiva, materia di memoria.
L’approccio pittorico di John McAllister nella sede lagunare della Wentrap Gallery
Più pittorico l’approccio di John McAllister (Slidell, 1973), che concepisce il paravento come un trittico vibrante, vero emblema dell’idea di soglia: da un lato, le sue iconiche nature morte intime e silenziose; dall’altro, paesaggi saturi e lisergici. Il paravento si pone così tra pittura e scultura, un contrappunto visivo tra desiderio e artificio. Anche la tela a parete, più contenuta, prolunga questo cortocircuito tra eccesso e calma, aprendo portali pittorici in cui la natura si fa riflesso interiore.
Le architetture interiori di Claudia Wieser nella sede veneziana della galleria berlinese
Claudia Wieser (Freilassing, 1973), si inserisce nel discorso con la grazia composta di chi costruisce ponti tra estetica e funzione. Il suo paravento alterna superfici marmorizzate, legno e collage: un’architettura astratta che richiama il modernismo, ma lo piega verso l’intimo. Con richiami al Bauhaus e all’astrazione geometrica, Wieser crea visioni interiori e simboliche, sospese tra rigore e sogno, evocando spazi dentro gli spazi. Nell’opera a parete, piccole piastrelle rifrangono l’eredità modernista in un linguaggio personale e meditativo, traducendolo in scala ridotta, come una stanza mentale in miniatura.

L’ironia minimal di Thomas Grünfeld mettein discussione l’idea di funzionalità
Thomas Grünfeld (Opladen, 1956), presenta Doggy, un paravento in feltro, legno e zebrawood, che smaschera l’idea stessa di oggetto funzionale. Lavorando sull’ambiguità formale e su un’ironia minimale, Grünfeld crea una scultura travestita da arredo: familiare ma inservibile, elegante ma impenetrabile. Anche la piccola opera a muro – un assemblage sincopato di stampe, superfici e inserti – introduce elementi duchampiani di spiazzamento: frammenti di riconoscibilità ricomposti in forme ibride, che interrogano lo statuto dell’immagine e dell’oggetto.

In Hidden Memories, ogni opera piega la funzione del paravento per trasformarlo in qualcos’altro: superficie, corpo, soglia. In una città fatta di passaggi e interni nascosti, queste presenze silenziose risuonano con misura e intensità. In uno spazio già abitato dalla storia, la Wentrup Gallery costruisce un presente che ascolta il passato senza ricalcarlo, facendo della soglia un gesto poetico e creativo.
Asia Miniutti
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