Detriti / Frammenti / Schegge / Brecce

Informazioni Evento

Luogo
DOLOMITI CONTEMPORANEE - SPAZIO DI CASSO
Via Sant’Antoni 1, Erto e Casso, Casso, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
02/08/2025

ore 17

Generi
arte contemporanea, collettiva

Nuova collettiva di Dolomiti Contemporanee al Nuovo Spazio di Casso al Vajont.

Comunicato stampa

Detriti / Frammenti / Schegge / Brecce
2 agosto / 31 dicembre 2025
Inaugurazione: sabato 2 agosto, ore 17.00

Performance all'opening:
Togliersi da sotto (Paolo Dal Pont)
sabato 2 agosto, ore 18.30
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Artisti: Giorgia Accorsi, Marco Andrighetto, Francesco Ardini, Alessia Armeni, Ariele Bacchetti, Lorenzo Barbasetti di Prun, Massimo Barbierato, Michele Bazzana, Andrea Bocca, Edoardo Bonacina, Giovanna Bonenti, Laura Bouyard, Thomas Braida, Lucia Bricco, Iside Calcagnile, Simone Cametti, Nicole Colombo, Lorenzo Conforti, Fabio De Meo, Eliane Diur, Iulia Ghiţă, Marco Gobbi, Andrea Grotto, Andrea Guerra, Piotr Hanzlewicz, Katya Kabalina, Lorenzo Lunghi, Nazzarena Poli Maramotti, Gianmaria Marcaccini, Anna Marzuttini, Marco Mastropieri, Matthieu Molet, Zeno Nan, Giorgio Orbi, Alessandro Pagani, Sebastiano Pallavisini, Caterina Perego, Beatrice Roggero Fossati, Angela Rui, Giuseppe Salis, Caterina Erica Shanta, Martin Schuster, Giacomo Silva, Kristian Sturi, Fabio Talloru, Vere Bestie (è un gruppo generato da Simone Cametti, che include: Sara Antonellis, Gabriele Ciulli, Niccolò Di Ferdinando, Alexandra Fongaro, Davide Miceli, Alice Papi, Clarissa Secco), Giuseppe Vigolo, Xueqing Zhu.

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Partners: Progettoborca, DB Group, Artecos, Speck Unterberger Becher, Panificio Marcon, Ditta Fregona Renzo, Caffè Bristot, Vini Biasiotto, Birra Dolomiti, tutta la rete DC.

La mostra è parte del programma dei Dolomiti Days 2025, iniziativa promossa dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, che si realizza in collaborazione con Fondazione Dolomiti Unesco, Magnifica Comunità di Montagna Dolomiti friulane Cavallo e Cansiglio e Ecomuseo Lis Aganis, insieme al Comune di Erto e Casso.

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Nel 2024, al Nuovo Spazio di Casso, abbiamo pensato e costruito Le Fogge Delle Rocce, una mostra collettiva che ha indagato e scanalato, plasticamente, ingegnosamente, poeticamente, scientificamente, una serie di temi connessi alle forme e sostanze della montagna contemporanea, utilizzando la geologia come disciplina e fonte immaginativa, attraverso gli interventi e le opere di 53 artisti, e la collaborazione attiva di ricercatori esperti del territorio e delle scienze geologiche.
La geologia rimane, come uno degli ambiti di riferimento, insieme ad altri temi e concetti, anche nella nuova mostra, che inaugureremo a Casso il 2 agosto, che rimarrà aperta e visitabile fino alla fine di ottobre 2025 negli orari indicati, e poi fino al 31 dicembre su appuntamento per gruppi e scuole, e che, come di consueto, includerà alcuni appuntamenti, che verranno indicati in seguito, legati alla discussione culturale e tematica (talk, workshop, performance).
La rassegna vede impegnati 55 artisti, che operano attraverso la pittura, la scultura, l’installazione, la performance, il video. Rilevante la presenza di opere ceramiche.

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INFO:
www.dolomiticontemporanee.net
www.xilogenesi.net
www.progettoborca.net
www.twocalls.net

[email protected][email protected]

Estratto dal CONCEPT (leggilo integrale su www.dolomiticontemporanee.net):
Detriti / Frammenti / Schegge / Brecce
Questi termini (traverso, margine) vengono declinati secondo una prospettiva pluralistica (o che tale potrà parere all’inizio).
Ma non meccanicistica, come accade, ad esempio, nei più pensieri filosofici e scientifici riduzionisti di matrice atomista.
Il frammento plurale, diciamolo subito, e non una circonferenza d’uovo, sulla quale surfare in eterno inarcamento, è perché non ci interessa fronteggiare, fare i conti, con un solo oggetto, un oggetto solo, o concetto, coltura, colonia, FINITI, completi, conclusi, tra l’altro, e spesso, prima ancora d’esser stati solcati, scavati, aperti, e quindi, in tal modo pretesi, dati per dati, automatici, deludenti.
Non esiste alcun oggetto già lì pronto poggiato per terra, datità non coincide con essenza o presenza, nessun senso dell’oggetto è già steso disponibile lì in terra, in consultazione, prestito, noleggio; occorre rivoltare, per cavarlo, insinuare i lampi nelle fenditure.
Ad un certo punto del Miserabile Miracolo, mi trovo di fronte a una roccia. Si spacca. No, non è spaccata. E’ come prima. E’ di nuovo spaccata, interamente. No, non è più spaccata, affatto. Di nuovo si spacca. Di nuovo smette d’essere spaccata, e tutto ricomincia indefinitamente. Roccia intatta, quindi sfaldatura, poi roccia intatta, poi sfaldatura...
Questo allucinato. D’un geologo psicotropo della pietra dell’anima, dura porosa.
Nelle Fogge parlavamo e parliamo: d’una lisergica montagna-cristallo Per Kirkeby, ad esempio.
Dura eppure una crepa da sempre s’allarga, come per l’acqua che giunge di dentro fratturando, dagli oceani interni a minare una solidità d’immota parvenza.
Ci interessa chiarire una metodologia d’approccio alla realtà, che è quella che spesso caratterizza le ricerche praticate dell’uomo poetico/analitico, quando egli, chirurgo sensibile, affronta un tema o un fenomeno a partire dagli elementi, apparentemente scissi (o scindendoli di proposito), che lo caratterizzano, o paiono caratterizzarlo, fenomenicamente, empiricamente.
Ma anche, e prima, intellettualmente, spiritualmente e culturalmente, nel ritmo di una saliva prurescente.
Volendone Intendere La Natura.
Voler Intendere natura è un impulso attivo, mica un rigido istinto, proprio di chi non si limita ad esserne parte, accettando o subendo il ruolo suo condizionato di semplice elemento gregario perpetratore, nel colon aspaziale tana dell’impulso cieco (La Wille Zum Leben del Mondo come volontà e rappresentazione), e volendola invece pensare sviscerare, sperimentandone le attitudini plastiche (trasformatività del pensiero e della materia e dello spazio: ovvero della letteratura-crepaccio che spalanca sui benedetti baratri dei lampeggiamenti interiori, reali).
Spesso, è possibile maturare un’idea generale, ovvero avere ragione di un intero, solo dopo averne identificato e analizzato, intuito (avvertito-intuito con la mente: e riappuntito), le parti componenti, i singoli atomi o angoli o frammenti o sintagmi di realtà che lo determinano e strutturano. Attraverso la ragione e la scienza, certo. O l’alchimia. O, nella migliore delle ipotesi: la poesia e l’arte. L’Orientamento, Grande o Piccolo che sia, beve fiotti d’energia, ruscelli rivolgono di scaglie metalle lo spazio, modella e traduci.
Quindi, nel caso si voglia tentare di raggiungere una visione organica di alcuni singoli aspetti della realtà o dei fenomeni indagati, e non li si voglia prendere per reali ed interi prima ancora di averne percorso la circonferenza e l’intestino, sarà utile e consigliabile scomporre questa realtà nei suoi costituenti di base, siano essi ideali o fisici: elementi atomici cellulari minerali psichici: o concetti.
In realtà ciò è utile sempre, per chi scandaglia o scava pozzi, anche senza spingerli verso o vincolarli a visioni finalistiche o teleologiche (ma un motivo dovrai pur averlo, per decidere se una cosa fare o pensare) ovvero per capire o sentire, l’ordine o il disordine, senza pretendere di riorganizzarlo a proprio piacimento (non esiste alcun piacimento proprio, come non esiste mai un gusto personale, se non vuoi far tu della libertà intrusiva il funerale, desolando l’apollineo baccanale), oppure pretendendolo, secondo una qualche regola posta pretesa o suppostaPensa ad esempio a come e perché costruiscono ed espellono (o eiaculano) i testi, che sono protrusioni spaziali (nella forma alternata o coesistente di sciolti plasmi solari o gelidi getti formali - Cristalli relanti) Joyce e Burroughs o Pynchon, costruendo e destruendo, sistemi e convenzioni, nelle libere, ovvero fondatissime, obiezioni poietiche, che sono deframmentazioni, squarci, metodi, maree.
Non caschi nel vago, là oltre i serrami, lo spazio non spolia, vi sprofondai.
Se non si vuole fare questo (penetrare discettare), allora bisogna agire a partire da una prospettiva centrica o monista. Rimane il fatto che, non solo per gli intelletti schematici, spesso l’oggetto generale non risulta davvero comprensibile prima della scomposizione e ricomposizione critica delle sue parti. Ecco perché i pensieri monisti (la verità sta nell’uno), alle volte sono posti come presupposti non verificabili, uova, sassi, biglie, ferme; ed in ciò essi negano validità a un elemento essenziale: la capacità dell’uomo di agire liberamente ed assennatamente e sperimentalmente, ghignando senza sbavare appuntendo: sugli assetti del reale; contribuendo, mentre lo si testa attraverso le funzioni razionali ed immaginative, a muoverlo, tran-sformarlo, rivoluzionarlo.
Ad esempio: cogenerare paesaggio, diciamo spesso, è preferibile a contemplare paesaggio.
Ogni cosa vasta poi, se avvicini, può venire ricompresa in una cosa piccola (e viceversa): falso miracolo spettacolare/spettatoriale del cinema seduto; sempre si tratta di scegliere scale e scalare: in piedi.
Non solo nelle chimica, non solo nella biologia (non solo nell’astronomia).
L’universo nella curva d’un unghia.
La posizione responsabile di un cercatore, ri-cercatore, ha sempre a che fare con la fiducia nella conoscenza, che non può consistere in un sistema di dogmi e prescrizioni apodittiche, ma invece in un sistema dinamico e multiprospettico dell’interpretazione della cosa delle cose, che si applica alla stessa alle stesse, per la pura volontà (urgenza) di capire e interagire, colpire e rompere (liberare pulire), introiettare e ancor-generare.
Più correttamente, e senza cadere nella petulanza delle contrapposizioni manichee: occorre tendere, contemporaneamente, senza pregiudizio, alla visione generale e a quella particolare, nutrendo ed attrezzando l’una dell’altra, e intrecciando le prospettive, le scale, i pensieri e i metodi, dello spirito, del pensiero, della parola, del lavoro, affila e spalma.
In Democrito, le unità indivisibili di base, gli enti, il qualcosa, il denso (ma anche gli atomi responsabili della conoscenza, ovvero l’anima e il pensiero) si aggregano e si disgregano, in una vibratoria eterna pulsazione produttiva, e i vortici così generati producono mondi, certamente variabili: ecco il divenire, percui.
E il resto? E il testo, che è esso stesso un fremente divenire? (perchè ogni forma di scrittura non copiativa, persino ogni traduzione, come ognuno dovrebbe sapere, è una trasformazione definitiva - che peraltro in tal modo spezza e spodesta ogni frammento di tradizione, rinfocolandone gli aliti primi, quelli di fiamma strutturanti, che nulla hanno a che fare coi successivi regimi stabilizzati e dati, come oggetti, alla greppia).
E il lόgos?
A proposito di Eraclito, Donelli e Marcovich parlano di lampeggiamento libero, nell’articolazione frammentaria ed enigmatica dell’intonazione poetica, che è sostenuta da una vibrazione misteriosa. Nell’oscuro, nello spezzato, nell’incompleto richiamo, nell’orfismo come nei brodi dopaminici, nel kōan, devi cercare nella cellula per trovare distensione: mica il mondo è in ostensione.
Questi elementi, tornando a Democrito, si muoverebbero spontaneamente, in modo deterministico (apò tautomàtou), in un vuoto: e questo è quanto noi qui invece, senza tante né poche pastoie retoriche, non accettiamo.
Gli elementi determinatori della ricerca e della cultura sono elementi responsabili, ovvero deliberati, morali, che mai rinunziano alla valutazione critica, alla fatica epistemologica ed ermeneutica, all’impegno dell’attenzione.
E lo spazio ri-generativo della cultura non è un vuoto, un etere, un’oscurità insensibile/insondabile: è, al contrario, un pieno, un piano, di determinazione, di reazione, di senso, d’idea (che scardina).
Nella poesia come (e più che) nella scienza [...]