Sei secoli di cultura. In Belgio l’Università di Lovanio apre un anno di celebrazioni con tanta arte contemporanea
L'anniversario della KU Leuven ha innescato una grande riflessione sul presente e le sue sfide, che ha portato ad una passeggiata diffusa con opere di Rondinone, Kwade, De Bruyckere (e spazio alla poesia)

Trasformare la città in un dialogo aperto tra arti e scienze, coinvolgendo artisti e ricercatori in un ripensamento prima di tutto del presente: così la bella Lovanio, in Belgio, celebra i seicento anni dalla fondazione della KU Leuven, l’Università Cattolica della città. Conferenze, workshop, visite guidate, mostre ed eventi culturali, tutti rigorosamente aperti al pubblico, punteggeranno Lovanio – in finale per il titolo di Capitale Europea della Cultura 2030 con la sua provincia del Brabante Fiammingo – nel segno dell’unione, necessaria, tra cultura umanistica e scientifica. E dopotutto questo ateneo, privato ma finanziato con fondi pubblici, è famoso soprattutto a livello scientifico: qui è nata la Teoria del Big Bang, qui c’è il primo laboratorio di nanotecnologie d’Europa, e sempre qui è conservata la più grande banca genetica di banane al mondo.







Il percorso d’arte contemporanea permanente di “And So, Change Comes in Waves”
Pensando al ruolo dell’università come di guida intellettuale europea per secoli, Heidi Ballet, già curatrice della Triennale Beaufort (edizioni 2018 e 2021), il professor Stéphane Symons, presidente del Comitato per l’Arte Contemporanea di KU Leuven, e la poetessa e scrittrice Maud Vanhauwaert (in residenza all’università) hanno programmato una serie di workshop interdisciplinari. A partecipare sono stati un gruppo di artisti di fama internazionale e più di 70 ricercatori universitari, che hanno concordato otto temi di primo piano in ambito scientifico (e non solo), come la crisi climatica, la resilienza, la necessità dell’inclusione e diritti chiave come l’accesso reale alla salute e all’istruzione. L’attività di punta scaturita da questi incontri è il percorso diffuso And So, Change Comes in Waves, che vede entrare negli spazi della città un nutrito gruppo di opere d’arte contemporanea: c’è Berlinde De Bruyckere con il suo pesantissimo arcangelo di bronzo; Ugo Rondinone con un ironico e umile uomo di pietra, in cima alla neoclassica sede della facoltà di Legge; Alicja Kwade con un’opera sul peso del mondo, e sul ruolo della comunità nel gestirlo; Sammy Baloji, con un lavoro (tra i migliori) sull’estrazione forzosa di uranio in Congo (con cui si costruì la drammatica Little Boy di Hiroshima) e sulla storia controversa dei manufatti prelevati dai belgi; Clara Spilliaert, con i suoi quattro dischi bronzei che assimilano le piante al corpo umano femminile; e ancora Elif Erkan, Yu Ji e il famoso duo architettonico Gijs Van Vaerenbergh. Che porta all’Arenberg Park una struttura pensata come innovativo archivio di piante rampicanti, che si trasformerà con il passare dei mesi e degli anni in una piccola foresta. Aperto ufficialmente dal 16 maggio, il percorso sarà permanente e sempre accessibile al pubblico.

Il ruolo della poesia nel programma per celebrare la storia della KU Leuven
Appaiati alle opere monumentali sulla falsariga dei temi prescelti ci sono poi altrettanti testi poetici, scritti da un autore o autrice olandese per affrontare i focus da una diversa prospettiva. Le parole di Jan Lauwereyns, Aya Sabi, Dominique De Groen, Pieter Van de Walle, Yousra Benfquih, Reinout Verbeke, Annelies Van Dyck e della stessa curatrice Maud Vanhauwaert compaiono quindi sui palazzi, sui corrimano e tra i marciapiedi, finendo per diventare installazioni a propria volta. E riportando la parola poetica – modalità di espressione non insolita in questo angolo di mondo – nella vita delle persone.







Le mostre sulla storia della KU Leuven e la personale di Kwade
Il programma celebrativo non finisce qui. Dal 10 ottobre 2025 al 2 febbraio 2026 sono fissate tre mostre che illustrano la storia e l’evoluzione dell’Università negli ultimi sei secoli: si va dalle storie degli alumni più celebri (come il grande cartografo medievale Mercator o il Premio Nobel per la Pace del 1958 Dominique Pire) all’esposizione di importanti raccolte di strumenti di osservazione scientifica e collezioni artistico-etnografiche, non esenti dalle giuste polemiche post-coloniali. Evento di punta è però la grande personale (la prima belga) dell’arista Alicja Kwade, polacca ma di stanza a Berlino.
L’eredità dell’Università più antica del Belgio attraverso i suoi luoghi
Cuore delle celebrazioni (attive da giugno 2025 a febbraio 2026) resta sempre e comunque l’Università, la più prestigiosa del Belgio, che apre al pubblico i propri spazi. Che sono quasi tutti monumenti dal grande passato: c’è la biblioteca di Arenberg, nata nel XVI Secolo come monastero celestiniano e trasformata in un polo high-tech; la grande biblioteca dell’università, ricostruita nell’originale stile rinascimentale fiammingo (con la sua famosa torre a carillon); il delizioso Castello di Arenberg, l’unica sede esterna alla città vecchia, con i suoi salotti decorati e gli scaloni di pietra; l’Holland College con la sua cappella, l’aula magna e il giardino d’inverno (oggi sede di un think tank); e il BAC, un tempo Istituto di Batteriologia e trasformata nella casa degli artisti della città (da cui il nome di BAC Art Lab).
Infine da non perdere, anche per imparare una lezione di femminismo e autogestione che ha fatto la storia, c’è il Groot Begijnhof, un piccolo villaggio autonomo dove per secoli ha trovato casa una comunità di donne laiche ma conviventi secondo principi religiosi (un cosiddetto beghinaggio, da cui anche il termine dispregiativo nostrano “beghina”). Questo comune, dopo molte vicissitudini, è oggi un gioiellino di case di mattoni per studenti dell’università: se vi addentrate, potrete scoprire anche le opere di una delle artiste coinvolte nel progetto.
Giulia Giaume
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