Alla Biennale di Sydney del 2026 la curatrice sarà una sceicca degli Emirati Arabi
La Biennale d’arte australiana, intitolata Rememory, si svolgerà nella primavera del 2026. La curatrice emiratina Hoor Bin Sultan Al Qasimi, anche direttrice della Sharjah Art Foundation, punterà su una programmazione multidisciplinare per portare in luce storie dimenticate

La 25a edizione della Biennale di Sydney sarà curata da Hoor Bin Sultan Al Qasimi, presidentessa e direttrice della Sharjah Art Foundation. Il titolo, Rememory, è mutuato dalla scrittrice statunitense Toni Morrison, e indagherà l’intersezione tra memoria e storia come mezzo per rivisitare, ricostruire e rivendicare narrazioni che sono state cancellate o represse. La Biennale, a ingresso gratuito, si svolgerà dal 14 marzo al 14 giugno 2026 nelle sedi dell’Art Gallery of New South Wales, del Campbelltown Arts Centre, del Chau Chak Wing Museum dell’Università di Sydney, della Penrith Regional Gallery e dell’inconfondibile e restaurata White Bay Power Station.
Biennale di Sydney 2026. Il concept
L’approccio curatoriale di Al Qasimi si concentra sulla storia di ogni luogo e sulla programmazione multidisciplinare, con una prospettiva collaborativa e un’enfasi sul supporto alla sperimentazione e all’innovazione nelle arti. E questa edizione metterà in luce narrazioni marginalizzate, condividerà storie inedite e ispirerà il pubblico a ripensare a come la memoria plasma l’identità e l’appartenenza, dando voce alle storie delle comunità aborigene e delle diverse diaspore che plasmano l’Australia oggi. Un programma dedicato a bambini e ragazzi offrirà spazio e approfondimenti affinché queste storie vengano trasmesse alle generazioni future.

Il tema del recupero della memoria alla Biennale di Sydney
Come ha dichiarato la Hoor Al Qasimi “Rememory collega il delicato spazio tra il ricordare e l’oblio, scavando nelle parti frammentate e dimenticate della storia, dove il ricordo diventa un atto di ricomposizione di frammenti del passato, siano essi personali, familiari o collettivi. Attraverso l’atto provocatorio di condividere, vedere e comprendere, gli artisti e gli operatori culturali che ho invitato a partecipare esplorano gli effetti nascosti della storia e come essa continui a plasmare il presente in un dialogo in continua evoluzione. Piuttosto che concentrarmi su una narrazione lineare, spero di evidenziare come possiamo diventare partecipanti attivi nel raccontare di nuovo le nostre storie collettive, rivisitando e reinterpretando gli eventi passati”.

Il focus sui popoli indigeni del mondo
Dei 37 artisti selezionati, 15 appartengono a popoli indigeni o First Nations, e sono stati incaricati dalla Biennale, tramite il progetto sviluppato in collaborazione con la Fondation Cartier pour l’art contemporain, di creare nuove opere per la 25a edizione. Tra gli artisti coinvolti nel progetto figurano Ángel Poyón, Angélica Serech, Cannupa Hanska Luger, Carmen Glynn-Braun, Edgar Calel, Fernando Poyón, Frank Young & The Kulata Tjuta Project. Lavoreranno a stretto contatto con Bruce Johnson McLean, curatore borsista della Fondation Cartier pour l’art contemporain First Nations, per realizzare le loro opere. Lo stesso McLean appartiene al popolo Wierdi della Birri Gubba Nation.
Niccolò Lucarelli
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