Giorgia Errera – Morphium

ANTICOLAVATOIO è lieto di presentare il secondo appuntamento di una serie di esposizioni dedicate all’arte contemporanea nello spazio del lavatoio comunale di Poggio Mirteto.
Comunicato stampa
ANTICOLAVATOIO è lieto di presentare il secondo appuntamento di una serie di esposizioni dedicate all’arte contemporanea nello spazio del lavatoio comunale di Poggio Mirteto.
Ambientazioni intime e mimetiche, oggetti e testi estratti dalla moltitudine del quotidiano sono elementi che caratterizzano la ricerca di Giorgia Errera (Anzio, 1997). L’opera qui esposta è una declinazione ambientale ispirata dalla sua serie “Sostanze”: rettangoli di piccole dimensioni di carta da acquerello imbevuti in sostanze psicoattive. Nel lavatoio, l’artista ha deciso di dissolvere una goccia di morfina all’interno dell’acqua della vasca. Il gesto e la sostanza, invisibili ma presenti, vorrebbero far riflettere su aspetti che riguardano la società attuale e il suo effetto sulla collettività. Come dichiara l’artista:
“La ricerca costante di soluzioni immediate tende a neutralizzare il disagio senza attraversarlo, a disconnettere dal valore formativo delle sofferenze.
Corriamo verso l’efficienza e abbracciamo la semplificazione. Ogni attrito viene percepito come un ostacolo da eliminare, piuttosto che un’esperienza da comprendere. Il dolore, la crisi, l’incertezza sono elementi che la contemporaneità preferisce dissolvere in distrazioni, anziché affrontarli con uno sguardo diretto. L’omologazione, l’appiattimento delle esperienze, la riduzione del pensiero critico sono i sintomi di una società che evita la complessità per rifugiarsi nella confusione e nel sensazionalismo.
Dominati da questo clima, l’arte deve proporre pause e stratificazioni, chiedere di rallentare, di immergersi nel dubbio. L’arte non anestetizza ma rileva. Non è una via di fuga, ma un dispositivo di riconnessione: una goccia dispersa che unisce il singolo alla collettività senza dissolverlo. È sensibile alle vibrazioni della realtà, registra le tensioni, le inquietudini, le crepe che si aprono nel quotidiano, è una lente d’ingrandimento che evidenzia ciò che normalmente si tende a cancellare. Non fornisce risposte ma lascia spazio all’ambiguità. Come in un rito, restituisce al dolore la sua funzione trasformativa. L’arte non consola, non seda, non offre rifugi sterili, ma apre varchi, destabilizza, genera consapevolezza.”