Immagina Zine

L’associazione Doc(k)s invita le realtà editoriali, le redazioni di fanzine, riviste e magazine indipendenti a partecipare attivamente alla tavola rotonda.
Comunicato stampa
Immagina Zine
L’editoria indipendente: magazine e riviste tra avanguardie e libertà
L’associazione Doc(k)s invita le realtà editoriali, le redazioni di fanzine, riviste e magazine
indipendenti a partecipare attivamente alla tavola rotonda.
What: Tavola rotonda
When: Mercoledì 20 Marzo alle ore 18.00
Where: Libreria Anarres, Via Pietro Crespi 11, 20127 – Milano
Interverranno:
Marco Giacomelli (Naba - Milano)
Bertram Niessen (cheFare)
Elvira Vannini (Hotpotatoes)
Matteo Cristiano (Lay0ut Magazine)
Christian Nirvana Damato (Inactual Magazine)
Parteciperanno le redazioni di molte riviste indipendenti
Di cosa parleremo
Lungo tutto il Novecento le riviste hanno ricoperto uno straordinario ruolo politico e
culturale. Sono state un luogo di produzione di idee, uno spazio di dibattito, di polemica e
a volte anche di propaganda. Nei casi più interessanti hanno svolto una singolare funzione
di avanguardia cartografando territori non ancora battuti dalla critica, illuminando il mondo
da prospettive originali e divergenti, svelando e anticipando tendenze ancora nascoste,
dischiudendo potenzialità inattualizzate sebbene già a portata di mano. La loro costitutiva
temporalità, più lunga di quella strettissima del quotidiano ma più breve di quella
lunghissima del libro, attribuisce loro la formidabile capacità di sapere cogliere i tratti
caratteristici della contingenza storica cioè di quel frangente spazio-temporale che non è
avviluppato nel presente della cronaca nè dissolto nei tempi lunghi della storia, entro le cui
coordinate si apre la possibilità dell'azione e della trasformazione. Non c'è rivista infatti
senza questa propensione teorico-pratica.
In che modo allora, nella nostra contingenza storica le riviste possono svolgere la loro
caratteristica funzione di avanguardia?Possono essere le fucine di un’alternativa possibile
alla desertificazione e alla perdita di senso che caratterizza molti ambiti delle nostre vite?
Oggi la digitalizzazione ha permesso un arricchimento quantitativo e qualitativo del
panorama delle riviste indipendenti, grazie all’abbattimento dei costi di produzione e di
distribuzione. In alcuni rari casi ha garantito un’attività lavorativa in un settore difficilissimo.
Tuttavia molt* di quell* che a vario titolo si occupano di riviste indipendenti, sperimentano
abbastanza rapidamente l’insufficienza della mera presenza online. Si possono avere
anche migliaia di visualizzazioni e followers ma a questa dimensione quantitativa non
corrisponde sempre la capacità di sedimentare un punto di vista nella società, di produrre
una trasformazione delle predisposizioni soggettive e collettive. Se la digitalizzazione da
un lato ha offerto delle importanti possibilità di indipendenza editoriale dall’altro, soprattutto
nella forma dei social network, si è letteralmente mangiata l’attenzione di tutt* noi. Quali
possono essere le soluzioni di questo primo problema?
Per la loro propensione pratica e trasformativa le riviste hanno spesso costruito un
rapporto attivo con i propri lettori e le proprie lettrici. Leggere una rivista infatti ha
significato condividere un posizionamento nel mondo e farsi portatori di uno specifico
punto di vista.
Le comunità che ancora oggi nascono attorno alle riviste, composte da soggetti che non
possono essere ridotti alla semplice figura del lettore, possono diventare lo spazio sociale
dove la transitorietà del digitale trova una soluzione di continuità nella permanenza del
legame, della cooperazione e di nuove forme di aggregazione? È possibile a partire da
qui costruire un nuovo rapporto virtuoso con il digitale?
Una prima soluzione a quest’altro problema può iniziare dalla critica della forma festival.
Diventata egemone nei circuiti della produzione culturale metropolitana, al centro di
importanti trasformazioni urbane, ha privato di senso la nostra partecipazione agli eventi
dedicati all’editoria. Anche in questo campo assistiamo alla caratteristica inversione del
rapporto tra soggetto e oggetto, tipica della modernità. I festival, che dovrebbero essere il
mezzo con cui le riviste e i progetti editoriali conquistano il proprio spazio pubblico e fanno
esplodere la propria ricchezza, diventano lo spettacolo (in senso debordiano) da servire:
il mezzo è diventato un fine.
Chi decide di partecipare ad un festival è mosso dal desiderio di superare i limiti della
digitalizzazione o di una distribuzione che intralcia l’editoria indipendente. Lo fa con
l’intento di produrre incontri positivi; di rompere la nicchia in cui l’esplosione della sfera
pubblica in microbolle l* ha confinat*; di porre all’ordine del giorno temi e punti di vista; di
disegnare mondi possibili. Questo portato di senso e di soggettività non trova alcuno
spazio dentro la forma-festival egemonica. Più prosaicamente, questi eventi, fatta
eccezione per qualche caso sempre più raro, sono diventati delle fiere dove ognuno di noi
espone il proprio prodotto passando ore, spesso vuote e noiose, dietro il proprio stand al
servizio della macchina. Al loro interno lo spazio del dibattito e della presa di parola è stato
soffocato da una sovrapproduzione confusionaria che sembra funzionare meglio di ogni
censura. I festival sono diventati dispositivi che quanto più producono immagini tanto più
consumano immaginazione, con il risultato che ci troviamo circondati da un’immane
quantità di feticci, privati però di qualsiasi capacità di agire.
Se questo è il quadro, è possibile ripensare la forma festival per rimettere al centro la
ricchezza e il senso della nostra produzione culturale senza chiudersi in una nicchia
marginale?
Pensiamo di sì e crediamo che sia anche l’unico modo per risolvere il problema della
sostenibilità economica dei nostri progetti editoriali e quindi della loro indipendenza.
Modalità
L’incontro sarà aperto da Anarres e introdotto da Doc(k)s. Successivamente si lascerà la
parola ai relatori e alle relatrici previst* per poi lasciare spazio al dibattito. La durata
prevista è di 2 ore