Milano. Un Padiglione per i Savi di Melotti, nei giardini della Triennale

Un nuovo padiglione accoglie due dei Savi di Melotti, nei giardini della Triennale. L'istituzione milanese di cui quest'anno ricorre la XXI edizione, celebra la sua memoria, attraverso un'installazione che potrebbe diventare permanente

Nell’ambito dei programmi espositivi della sua XXI edizione, la Triennale di Milano compie un viaggio nel passato e celebra la sua storia: lo fa installando nei giardini il Padiglione After/Umbracula, progettato da Attilio Stocchi che ospita, proteggendoli al suo interno, due dei Savi del gruppo scultoreo “La disputa dei sette savi di Atene” realizzato nel 1960-1962 da  Fausto Melotti (1901 – 1986) per il nuovo Liceo Carducci. 
Ispirato ai gelsi nella Sala delle Asse del Castello Sforzesco e alle forme naturali delle spugne marine e delle foglie, il Padiglione resterà allestito fino al 12 settembre 2016, anche se si auspica che possa diventare una soluzione espositiva permanente come i Bagni Misteriosi di De Chirico o il Teatro continuo di Burri.
L’operazione è realizzata con il supporto della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Milano: per le sculture si tratta – in un certo senso – di un ritorno, perché i Savi in pietra di Viggiù – come quelli in marmo al PAC – vengono dai prototipi in gesso di Costante Uomo, e furono esposti alle Triennali del 1936 e del 1940, negli allestimenti dei BBPR (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers).

Fausto Melotti, I Sette Savi, 1961, particolare del gruppo scultoreo © Pierantonio Tanzola

Fausto Melotti, I Sette Savi, 1961, particolare del gruppo scultoreo © Pierantonio Tanzola

LA SCULTURA E LE SUE ISPIRAZIONI
Il ‘Costante Uomo’ fu eseguito da Fausto Melotti nel 1936, assieme ad altri undici statue analoghe, per la Sala della Coerenza allestita dallo studio di architetti B.B.P.R. presso il Palazzo dell’Arte in occasione della VI edizione della Triennale di Milano. Dodici sculture scandivano ritmicamente lo spazio in un progetto che armonizzava colore, parola e piani, in una compiuta installazione ambientale.  L’opera rappresenta una sintesi dei temi cari a Melotti: la celebrazione di una visione teatrale, il concetto di modulazione, l’idea del tema e delle variazioni – di derivazione musicale –  reso dall’alternanza di pieni e vuoti e dei volumi positivi e negativi, e – infine – quello dell’architettura classica e razionalista, data dal ritmo delle griglie di ferro che appaiono come una sintesi astratta e geometrica delle colonne di un tempio.

– Ginevra Bria

www.triennale.org

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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