Massimo Bray, ecco chi è il nuovo Ministro per i Beni Culturali. Un ex direttore della Treccani che, per lo meno, twitta di musei e arte contemporanea

Di nomi ne erano circolati pochi, anzi puntualmente il Ministro per i beni culturali veniva snobbato nei pur fittissimi totoministri che si succedevano nei giorni scorsi: qualcuno vaticinava Ilaria Borletti Buitoni, altri Annamaria Bernini, dal basso si chiamava a gran voce Salvatore Settis. Ma nessuno aveva previsto che il nuovo inquilino del Collegio Romano sarebbe […]

Di nomi ne erano circolati pochi, anzi puntualmente il Ministro per i beni culturali veniva snobbato nei pur fittissimi totoministri che si succedevano nei giorni scorsi: qualcuno vaticinava Ilaria Borletti Buitoni, altri Annamaria Bernini, dal basso si chiamava a gran voce Salvatore Settis. Ma nessuno aveva previsto che il nuovo inquilino del Collegio Romano sarebbe stato – come sarà, se il Parlamento accorderà la fiducia all’esecutivo confezionato da Enrico Letta – Massimo Bray, eletto deputato nel Partito Democratico alle recentissime elezioni, direttore editoriale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani (e presieduta da Giuliano Amato, a proposito di totoministri).
Nato a Lecce nel 1959, ha studiato a Firenze, trasferendosi poi a Roma; dopo la laurea in Lettere e Filosofia nel 1984, nel 1991 è entrato nella Treccani, divenendone direttore editoriale nel 1994 e spingendone lo sbarco sul web. Sul piano politico, Bray si connota per essere direttore responsabile della rivista edita dalla Fondazione Italianieuropei, think thank di innovazione politica ed economica europea afferente all’area dell’ex premier Massimo D’Alema. Altre notizie le fornisce lui stesso, sul suo profilo Facebook: “Sull’edizione italiana di Huffington Post sono autore di un blog dedicato all’esperienza della cultura, con un particolare attenzione ai mercati librari tradizionali e digitali e alle nuove prospettive creative offerte dall’applicazione di nuove tecnologie a una tradizione secolare come l’editoria. Presiedo il consiglio d’amministrazione della fondazione La Notte della Taranta, che organizza il più grande festival europeo di musica popolare, dedicato al recupero della pizzica salentina e alla sua fusione con altri linguaggi musicali, dalla world music al rock, dal jazz alla sinfonica”.
Per conoscerlo meglio abbiamo setacciato i suoi ultimi tweet (è piuttosto attivo sul social network del passerotto blu ed è pure follower di Artribune, che male non gli fa) in cerca di qualcosa di compromettente. Niente di fatto: nelle ultime settimane il 50% dei cinguettii sono elogi a Napolitano e dintorni. E poi tanti tanti lanci a tema artistico\museale spesso marchiati con l’hashtag, da lui coniato, #culturaprimaditutto: la nuova mostra al Musee d’Orsay, la Reggia di Caserta che perde visitatori a causa del degrado del parco, la Reggia di Venaria che fa boom di visite durante la scorsa Pasqua, ma anche arte contemporanea a gogo: dal programma del MiArt di Milano (tweet del 5 aprile) all’esposizione dell’opera The Clock di Christian Marclay. E poi tanti riferimenti al suo lavoro: il mondo dell’editoria. In tutta l’attività di Bray sui social comunque traspare una convinzione, reiterata, sulla strategicità dei beni culturali e della cultura in generale per il riscatto del paese. Un argomento centrale e cruciale che Bray dovrà affermare a partire dal primo Consiglio dei Ministri a Palazzo Chigi. D’altronde proprio lui, in uno dei suoi tweet degli ultimi giorni, biasimava l’ormai famigerato dato: quell’1,1% sul PIL che l’Italia investe in cultura…

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Redazione

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