Gianluigi Colin – Mitografie

Informazioni Evento

Luogo
STUDIO MARCONI '65
Via Alessandro Tadino 17, Milano, Italia
Date
Dal al

10 - 13 e 15 - 19

Vernissage
13/04/2012

ore 18.30

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Gianluigi Colin
Uffici stampa
CRISTINA PARISET
Generi
arte contemporanea, personale
Loading…

Mitografie vuole proporre al pubblico parte della mostra, da cui il titolo, realizzata qualche mese fa al museo IVAM (Instituto Valenciano de Arte Moderno) di Valencia. Dodici opere di grande formato suddivise in quattro gruppi: Venere, Marte, Saturno e Mercurio.

Comunicato stampa

“Volevo riflettere su una tirannia sottile ma

fortemente persuasiva sulle nostre coscienze.

Sentivo che dovevo lavorare sui tiranni dell’anima.

Sono ripartito da lì.”

Gianluigi Colin

Gianluigi Colin. Mitografie

Inaugurazione mostra: 13 aprile 2012 ore 18,30

La Fondazione Marconi ha il piacere di annunciare la mostra “Mitografie” di Gianluigi Colin.

Gianluigi Colin, voce originale e autonoma nel panorama dell’arte italiana, mette al centro della sua riflessione i simboli della nostra contemporaneità utilizzando il “materiale che il mondo gli offre”: soggetti delle sue opere sono le icone e gli eventi del presente, selezionate in quell’oceano di informazioni che i mezzi di comunicazione di massa ci presentano incessantemente. Nel lavoro di Colin c’è un dialogo costante tra immagini e parole, che trova le sue radici nelle teorie del più grande semiologo del XX secolo, Roland Barthes.

Mitografie vuole proporre al pubblico parte della mostra, da cui il titolo, realizzata qualche mese fa al museo IVAM (Instituto Valenciano de Arte Moderno) di Valencia. Dodici opere di grande formato suddivise in quattro gruppi: Venere, Marte, Saturno e Mercurio.

Nelle sue Mitografie, Gianluigi Colin muove da una interrogazione: cosa sono diventati - per noi - Mercurio, Marte, Saturno e Venere? La sua scommessa non consiste nell'avviare un percorso nostalgico. Prova a rintracciare sopravvivenze lontane. Scruta i tanti e spesso distratti affioramenti della classicità disseminati negli interstizi del nostro presente. Si serve del mito come di uno strumento privilegiato non per uscire da "questo" mondo, ma per attraversarlo e comprenderlo.

L’artista riflette sul modo in cui la società contemporanea reinterpreta e rielabora la mitologia classica, partendo da dettagli in cui si imbatte per caso e che colpiscono la sua immaginazione. Si tratta di opere di grande formato che indagano il rapporto tra miti classici e contemporanei. Sono messaggi chiari, di forte impatto visivo, che ci aiutano a leggere un presente sempre più confuso.

E’ lo stesso Colin a dichiararlo: “Se nel passato la tradizione orale o le grandi narrazioni classiche rappresentavano un racconto corale che diventava forma delle nostre paure, gioie e dolori, oggi i miti si sedimentano nella nostra mente attraverso le copertine dei settimanali, li facciamo nostri guardando la televisione, andando al cinema. E il mondo dei media rappresenta una specie di nuovo Olimpo dove tutte queste divinità, molto terrene eppure così irraggiungibili, mandano messaggi ai “poveri mortali”, condizionandoli, modificando le loro azioni, in qualche modo plasmando le loro coscienze.”

L’artista lavora “dentro un mondo di carta” operando con una tecnica complessa: attinge immagini dai quotidiani, accartoccia quei fogli, li fotografa e li stampa su carta di giornale. Il materiale viene poi incollato su un’ulteriore stratificazione fatta di sedimentazioni di carta sempre di giornale e da ultimo l’artista interviene sulla sua opera con nuove stropicciature. Quasi un tentativo di preservare quelle immagini e quelle parole dall’inevitabile destino dei quotidiani a cui appartengono: la breve durata di ventiquattrore.

Scrive Gillo Dorfles: “ Colin - rivendicatore e "decontesatatore" di un'arte elaborata e sublimata "con le sue mani" - finisce per ottenere un'immagine mitica del nostro tempo e insieme ammonitrice di vicende future. Ma restituisce anche - e va sottolineato - un'immagine plastica e figurativa (senza bisogno di pennelli di sgorbi che spesso ne tradiscono l'autentica valenza). Un' immagine, in definitiva, che testimonia molto bene l'aspetto della più recente creatività italiana. E che non ha bisogno di ostentare le etichette di "arte" o di cronaca. C'è solo un modo davvero appropriato per commentare queste opere: "mitografia estetica".

Scrive Barbara Rose, che ha curato la recente mostra al Museo Madre di Napoli: “Colin pensa che oggi la realtà sia percepita come uno stravagante mosaico formato da frammenti adiacenti e sovrapposti di immagini riprodotte fotograficamente. Appartiene al novero di quegli artisti che vogliono essere testimoni della storia come Goya, Rauschenberg e Warhol. Invece di limitarsi a riprodurre un’immagine fotografica, però, Colin la trasforma, stropicciando e deformando la pagina stampata su cui è impressa per poi fotografarne gli effetti di rilievo scultoreo”.

Scrive Vincenzo Trione che ha curato la sua mostra all’IVAM: “Colin compone affreschi postmoderni, nei quali si rompe ogni centralità. Impegnato a portarsi al di là delle regole consuete del racconto, estrae frammenti senza origine, che fonde in almanacchi eccentrici, che rivelano un audace post-realismo. È come assistere a un seduttivo naufragio. L'opera si dona come tessuto increspato, arsenale di memorie sfrangiate, mare agitato da onde, esercizio dotato di un'inattesa consistenza plastica e poetica”.

Per l’occasione sarà pubblicato il Quaderno della Fondazione n. 7, una pubblicazione che raccoglie immagini delle opere esposte, fotografie, con testi di Gillo Dorfles, Umberto Galimberti, Giorgio Marconi, Arturo Pèrez-Reverte, Arturo Carlo Quintavalle, Barbara Rose e Vincenzo Trione.

Allo Studio Marconi ’65 sarà presentata una retrospettiva con opere di piccolo formato dal 1995 ad oggi.

Gianluigi Colin nato a Pordenone nel 1956, conduce da molti anni una ricerca artistica intorno al dialogo tra le immagini e le parole. Il suo lavoro nasce come investigazione sul passato, sul senso della rappresentazione, sulla stratificazione dello sguardo.

Si tratta di una poetica densa di richiami alla storia dell’arte e alla cronaca, che tende a porre sul medesimo piano memoria e attualità, facendo sfumare i confini tra le epoche. Una poetica dal forte impegno civile ed etico, che vuole restituire all’esperienza artistica forti valenze militanti. Personalità eclettica, Colin è art director del “Corriere della Sera”, ha tenuto conferenze, seminari e corsi universitari. E ha scritto anche saggi e articoli sulla fotografia e sulla comunicazione visiva. Sue personali si sono tenute in numerose città italiane e straniere. Tra le sue mostre, da segnalare quelle all’Arengario di Milano (nel 1998), al centro Cultural Recoleta di Buenos Aires (nel 2002), al Museo Manege di San Pietroburgo (nel 2003), al Museo MADRE di Napoli, alla Bienal del Fin del Mundo a Ushuaia e al Museo IVAM di Valencia (nel 2011).

Protagonista di performance (organizzate in varie parti del mondo), è stato invitato a “Valencia09” (presso l’IVAM di Valencia, nel 2009) e selezionato per il Padiglione Italia della 54 esposizione d’Arte Internazionale della Biennale d’arte di Venezia.

Sue opere sono presenti in collezioni private, musei e istituzioni pubbliche in Italia e all’estero.
Vive e lavora tra Milano e Roma

Fondazione Marconi Arte Moderna e Contemporanea

Via Tadino, 15, 20124 Milano

Tel. 02 29 41 92 32 fax 02 29 41 72 78

[email protected]

www.fondazionemarconi.org

Inaugurazione: 13 aprile 2012 ore 18,30

Durata mostra: 14 aprile – 17 maggio 2012

Da martedì a sabato 10 - 13 e 15 - 19

Ingresso gratuito

Ufficio stampa: Cristina Pariset tel. 02-4812584 fax 02 4812486

cell 348-5109589 [email protected]

SCARICA IMMAGINI: fileshare.fondazionemarconi.org/public/colin.zip

“I wanted to meditate on a tyranny that is subtle,

yet deeply persuasive on our consciences.

I felt I had to work on the dictators of the souls.

That’s where I started from.”

Gianluigi Colin

Gianluigi Colin. Mitografie

Opening: April, 13th 2012 from 6,30 pm

The Fondazione Marconi is very pleased to announce the exhibition “Mitografie” by Gianluigi Colin.

Gianluigi Colin, an original and independent personality inside the art world, focuses his attention on contemporary symbols, using “the material that the world presents”. The subjects of his works are icons and events of the present, selected from the infinite amount of informations that the media present us. In Colin’s work there is a constant dialogue between images and words, that pays tribute to the most influencial semiologist of the 20th century, Roland Barthes.

Mitografie presents to the viewers part of the exhibition held at the IVAM (Instituto Valenciano de Arte Moderno) in Valencia. Twelve large-size works divided into four groups: Venus, Mars, Saturn and Mercury.

Gianluigi Colin bases his Mitografie on a question: what have Mercury, Mars, Saturn and Venus become for us?

His answer does not consist in taking a walk down nostalgia road. He attempts to track down distant survivals. He scrutinises the often overlooked outbreaks of classicism scattered in the cracks of our present. He uses the myth as a privileged instrument, not for abandoning this world but for running through it in a different way, by going down untrodden paths.

The artist focuses his artistic discourse on resolving how society reinterprets classical myths, starting from details that strike his imagination. Large-size works that investigate the relation between classical and modern myths. His works have a clear message and a strong visual impact, that help us to understand a more and more complex world.

In the words of the artist himself: “Classic narration used to be represented by a choral tale, shaping our fears, joys and pain. Nowadays myths settle in our minds through magazines, television and cinema. The mass media world is in many ways a new Olimpus where divinities, terrestrial yet unreachable, send messages to mortals like us, influencing and changing our actions, and somehow moulding our conscience”.

The artist works in a “world made of paper” using an elaborate technique: he browses through newspapers, choosing revealing images. He crumples these pages, and then photographs the wrinkled sheets of paper, which are then to be printed on magazine paper, and glued onto a layer made of newspapers. Finally he intervenes impetuously with his hands on this material, forming new creases. An effort to protect those images and those words from the unavoidable destiny of newspapers: the 24 hours lasting.

Gillo Dorfles writes: “ Colin - avenger and "decontextualizer" of an art that is elaborated and sublimated “by his own hand” – ends up reaching a mythical vision of our time, as well as an admonitory vision of future events. Yet he also, it must be emphasized, brings back a sculptural and figurative vision (without resorting to brushes or the ab ex-type gestural work that so often betray a work’s authenticity). Colin’s vision and his images reflect the newest developments in Italian creativity. Such work has no need for labels like “art” or “news”. There is only one truly appropriate way to comment upon these works – they are an “aesthetic mytography”.

Barbara Rose, who curated the last exhibition at the Museo Madre in Neaples, writes: “Colin thinks that today reality is seen as a peculiar mosaic made with overlapping fragments of photographic images. He is one of those artists who wants to be a witness of history like Goya, Rauschenberg and Warhol. Colin does not reproduce just a photographic image but he alter it, wrinkling and deforming the page on which is printed the file, then he takes photos of it.”

Vincenzo Trione, who curated Colin’s exhibition at IVAM, writes: “Colin makes postmodern frescos, where centrality is destroyed. He is committed in going beyond the usual rules of the story, he pulls out fragments without an origin, that he joins in unconventional almanac, with an audacious post-realism. It’s like attending a seductive shipwreck. The work gives itself as a crumpled material, an arsenal of frayed memories, like a rough sea, an exercise with an unexpected plastic and poetic consistency”.

On the occasion will be published the Quaderno della Fondazione n. 7 an issue that collects images of the works exhibited, photos and essays by Gillo Dorfles, Umberto Galimberti, Giorgio Marconi, Arturo Pèrez-Reverte, Arturo Carlo Quintavalle, Barbara Rose and Vincenzo Trione.

Studio Marconi ’65 will host a retrospective of small-size works from 1995 to present.

Gianluigi Colin was born in Pordenone in 1956, and for many years his art practice has explored the dialogue between word and image. His work begins as an investigation of the past, the significance of representation, and of vision’s many layers. Its rich visual poetics feature references to art history and current events, and tend to set past and present on the same plane, blurring temporal divisions. Colin’s aesthetic has deep social and ethical convictions, and aims to bring activism back into art-related experience.

Colin has an eclectic personality—he is Art Director of the Italian newspaper Corriere della Sera, has conducted conferences, seminars, and university courses, and has also written essays and articles on photography and visual communication.

He has had numerous national and international solo shows (including exhibitions at the Palazzo del Arengario in Milan in 1998, the Centro Cultural Recoleta in Buenos Aires in 2002, the Manege Exhibition Hall in St. Petersburg in 2003, the MADRE in Naples, and the e Bienal del Fin del Mundo in Ushuaia in 2011).

Colin has produced various performances, organized in various locations around the globe. He took part in Valencia09 (at the IVAM in Valencia in 2009), and was selected for the Italian Pavilion at the 54th Venice Biennial. His work is in private collections, museums, and public institutions in Italy and abroad. He lives and works in Milan and Rome.