Henrik Olai Kaarstein – Well Received Lies

  • T293

Informazioni Evento

Luogo
T293
via Ripense 6 , Roma, Italia
Date
Dal al

Martedì/Sabato, 14 – 19,
o su appuntameto

Vernissage
04/04/2016

ore 19

Artisti
Henrik Olai Kaarstein
Generi
arte contemporanea, personale
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In occasione della sua mostra alla T293 dal titolo Well Received Lies, Henrik Olai Kaarstein evoca questa idea di trasgressione imminente così da illustrare l’affinità esistente tra immagini diverse, che includono sia fotografie di amici e amanti che variazioni cinematografiche su temi come ‘amore impossibile’ o politiche del mondo.

Comunicato stampa

The expression “it’s complicated” is often called on to describe the status of romantic affairs. Its clichéd ring makes you cringe as you pronounce it. Yet, it undeniably comes in handy when someone probes the state of your current involvements. Facebook has even introduced the term as a category in their relationship menu, alongside the standard labels “in a relationship” and “single”. Perhaps stating “it is complicated” would be more honest in any case, as all relationships are contingent on a partial disclosure, and kept up by behaviours that espouse fidelity mainly to reassure. Under the sheen of commitment less admirable drives always scheme. For his show Well Received Lies at T293, Henrik Olai Kaarstein evokes this scene of pending transgression to propose affinity in a group of images spanning from intimate photos of friends and lovers, to cinematic variations on the theme “forbidden love” and global politics.

A pink wedding dress is suspended from the ceiling above a tacky carpet of fake roses. The lower part of the dress is adorned with prints showing political meetings related to the US intervention in the Arab World (Powell lunching with Reagan, Rice posing with Gaddafi, Bush Senior with a Saudi-Arabian prince). A set of stairs enables a private rendezvous between viewer and object, undermining the official air that both images and garment exude. The face of political representation is collapsed onto the fabric (literally and figuratively) of romantic love. The prolonged scrutiny of marriage forces disclosure. Post Wikileaks such post-coital transparency has bled from the bedroom over into the realm of international relations. The state suggested is the global intimacy that limitless information access promises.

Kaarstein’s “Portrait” -series also elicit the quality of garments, both in terms of texture and by their proximity to the naked body. Images sourced from a private folder on the artist’s computer, depicting friends and lovers in different stages of intimacy (a man’s corset-clad torso up close, another man splayed naked across a bed, a woman casually reclined in a chair, a sleeping cat) have been printed in b&w in large formats and then retouched with coal and chalk. Kaarstein’s curved hatchings bring illusory volume and a sort of vertigo effect to the images, melding figure and ground. Pictorial content is exchanged for ambience. Kaarstein’s coy aestheticization is furthered by the b&w palette. His subjects are coaxed from the affective realm of homemade “soft porn” into low dimensional decór, acclimatized to a culture of constantly shifting attachments. All titles point, with varying degrees of exactitude, to geographical locations (Hans Holmboes Gate; Oslo; Documenta 13; Roma; Rio), mapping a restless sifting through people and places.

A flimsy corridor of large dirtied collages made of adjoining sections of paper and satin, drop from beams stretching through the gallery. Stills lifted from films dealing with difficult or forbidden love (Brokeback Mountain, Hiroshima Mon Amour, Birth, Monster, Crazy/Beautiful, Secretary) have been printed through an online service for assembling makeshift movie posters. These prints have then been cut up and large sections of the pictures removed. Abstract outlines and fields of diluted colour float around these isolated embraces. The proliferation of disembodied hands now groping bland abstractions rather than flesh, suggests a transfer of libidinal investment onto the unresponsive surfaces of art works (or screens)—the formation of a compact between hot, receptive flesh and a different type of object altogether. “Lovers, they all lie so beautifully.”

Stian Gabrielsen

Henrik Olai Kaarstein
Well Received Lies
5 aprile – 14 maggio 2016
Inaugurazione 4 aprile, ore 19
Via Ripense 6, Roma
[email protected]

L’espressione “è complicato” viene oggi usata per descrivere alcune situazioni sentimentali. La sua inflessione da cliché fa spaventare alla sola pronuncia. Eppure, è inevitabilmente alla portata di mano di chiunque indaghi sullo stato delle relazioni attuali. Facebook ha persino inserito la suddetta espressione come una categoria tra le varie situazioni sentimentali da selezionare, assieme a “in una relazione” e “single”. Forse, il dichiarare che si è “in una relazione complicata” sarebbe onesto in ogni caso, dal momento che tutte le relazioni dipendono dalla dichiarazione di una delle due parti, e vengono poi portate avanti da certi comportamenti che abbracciano la fedeltà esclusivamente al fine di rassicurare l’altro. Sotto la patina dell’impegno tramano sempre impulsi meno ammirevoli. In occasione della sua mostra alla T293 dal titolo Well Received Lies, Henrik Olai Kaarstein evoca questa idea di trasgressione imminente così da illustrare l’affinità esistente tra immagini diverse, che includono sia fotografie di amici e amanti che variazioni cinematografiche su temi come ‘amore impossibile’ o politiche del mondo.

Un vestito da sposa color rosa viene appeso al soffitto e lasciato dondolare al di sopra di un tappeto volutamente kitsch, ornato con finte rose rosse. La parte inferiore del vestito è adornata con stampe di recenti riunioni politiche relative all’intervento degli Stati Uniti nel mondo arabo (Powel e Reagan ad un pranzo ufficiale, Rice in posa con Gheddafi, Bush Senior che incontra un principe saudita). Alcuni scalini permettono un incontro un po’ più intimo tra lo spettatore e l’opera, smorzando quell’aria solenne che sia le immagini che il vestito invece trasmettono. Una tale parvenza di rappresentazione politica viene fatta collassare (in senso sia letterale che figurato) sull’amore romantico. L’esame minuzioso del matrimonio costringe alla divulgazione. In seguito a Wikileaks, una certa trasparenza post-coitale ha sparso sangue dalla camera da letto fino alle relazioni internazionali. Ciò che viene consigliato è quell’intimità globale che solo l’accesso illimitato alle informazioni consente.

Anche la nuova serie di ritratti di Kaarstein mette in risalto la qualità degli indumenti che la compongono, sia per il loro aspetto che per la loro vicinanza al corpo nudo che viene ritratto. Immagini ritrovate in una cartella privata del computer dell’artista, e ritraenti amici ed amanti colti in diversi momenti di intimità (il primo piano di un busto di un uomo con un corsetto, un altro uomo che si distende nudo su un letto, una donna che si appoggia ad una sedia con noncuranza, un gatto che dorme), sono state stampate in grandi formati in bianco e nero, per poi essere ri-lavorate con carbone e gesso. I tratteggi ondeggianti di Kaarstein contribuiscono a creare l’illusione di un volume, come anche l’effetto di una vertigine, fondendo insieme le figure con gli sfondi. Il contenuto pittorico viene così scambiato con l’ambiente. La sua cauta estetizzazione è favorita dalle gradazioni del bianco e nero. I suoi soggetti vengono estrapolati dal dominio affettivo di un ‘soft porno’ fatto in casa, e vengono trascinati all’interno di un arredamento dalla bassa levatura, adatto a una cultura di accessori che cambiano costantemente. Tutti i titoli si riferiscono, con diversi gradi di esattezza, a posizioni geografiche (Hans Holmboes Gate; Oslo; Documenta 13; Roma; Rio), schematizzando così lo sforzo continuo di mettere ordine tra luoghi e persone.

Un sottile varco composto da larghi e lascivi collage, risultanti da sezioni congiunte di carta e raso, viene sospeso alle travi che si distendono lungo tutta la galleria. Immagini tratte da film incentrati su amori difficili o impossibili (Brokeback Mountain, Hiroshima Mon Amour, Birth, Monster, Crazy/Beautiful, Secretary) sono state stampate grazie ad una piattaforma online che si occupa dell’assemblaggio di locandine amatoriali per film. Queste stampe sono state poi ritagliate, e le sezioni più larghe delle immagini rimosse. Linee astratte e aree di colore diluito galleggiano intorno a questi abbracci isolati. La proliferazione di mani senza corpi che adesso palpano blande astrazioni piuttosto che nuda carne suggerisce il trasferimento di energia libidica verso le superfici apatiche delle opere d’arte (o degli schermi) – la genesi di un patto tra una carne calda e sensibile e un oggetto completamente diverso. “Gli amanti, loro mentono così meravigliosamente.”

Stian Gabrielsen