Claudio Malacarne – I Sensi Liquidi

Informazioni Evento

Luogo
PALAZZO COLLICOLA ARTI VISIVE - MUSEO CARANDENTE
Piazza Collicola, 1, 06049 , Spoleto, Italia
Date
Dal al

dal mercoledì al lunedì

10.30-13.00 / 14.30 - 17.30

(chiuso il Martedì)

Vernissage
13/12/2014

ore 14

Biglietti

intero - € 6.50 ridotto A - € 5.00 (dai 15 ai 25 , oltre 65 anni e oltre 15 persone) ridotto B - € 3.00 (dai 7 ai 14 anni) omaggio (fino a 6 anni)

Artisti
Claudio Malacarne
Curatori
Gianluca Marziani
Generi
arte contemporanea, personale
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La narrazione acquatica è una sfida, sia per l’artista che per il fruitore: il primo dovrà evitare qualsiasi retorica, il secondo dovrà comprendere l’implicito, le componenti ulteriori, il valore oltre l’estetica. Un ingaggio impegnativo che ci avvicina allo straordinario dentro l’ordinario, all’empatia biologica, alle vertigini dell’inaspettato.

Comunicato stampa

L’inverno di Palazzo Collicola Arti Visive apre una finestra “caldissima” oltre il freddo stagionale. Uno sguardo inaspettato e mediterraneo, figlio della grande pittura italiana, ci catapulta nella sensazione del mare trasparente, dell’acqua limpida e attrattiva, del galleggiamento tra sfumature di verde e blu. Una digressione visiva che riguarda un percorso anomalo e rigoroso, unico per tematiche e slancio narrativo, una controtendenza vincente che elabora la natura complessa del benessere, dell’ottimismo, dello sguardo che sceglie la luce al posto del buio.

Per Claudio Malacarne lo sguardo si concentra sull’elemento da cui tutto nasce: l’acqua. Nulla di più semplice, direbbe qualcuno, ma proprio per la sua ovvietà pochi artisti si addentrano nel fatidico H2O (soprattutto in pittura le storie sull’argomento paiono merce rara). La ragione? Forse dipende dall’indole artistica, da un quid che è continua ricerca di anomalie nascoste, un angolo in ombra, una ragione straordinaria. L’acqua appare troppo ovvia per molti, scontata nel suo appartenere al ciclo biologico della vita. Per fortuna, però, c’è sempre la sorpresa parabolica, un occhio più concentrato, più curioso di altri: come nel caso di Malacarne, immerso nella narrazione del contesto acquatico, dentro la coerenza di una scelta necessaria, dentro la strategia delle private emozioni, dentro la purezza vigile dei sensi.

La narrazione acquatica è una sfida, sia per l’artista che per il fruitore: il primo dovrà evitare qualsiasi retorica, il secondo dovrà comprendere l’implicito, le componenti ulteriori, il valore oltre l’estetica. Un ingaggio impegnativo che ci avvicina allo straordinario dentro l’ordinario, all’empatia biologica, alle vertigini dell’inaspettato.

Mantova è la città elettiva di Malacarne, lo scrigno urbano che ha rinsaldato le radici con la costruzione del personale futuro. Mi affascina l’idea che il galleggiamento di Mantova sia un elemento d’incidenza artistica, il fatto che un sito di pietra antica mantenga un legame con l’elemento liquido della propria cinta. L’acqua di Malacarne appartiene ai fondali scogliosi del mare aperto, al colore sfumato del mediterraneo, alle trasparenze che l’occhio ama scoprire; eppure tutto sarebbe stato diverso senza la coscienza innata dell’elemento, senza un respiro persistente dell’acqua di laghi e fiumi. La stessa pianura padana, pensandoci bene, somiglia a un mare calmo, ispira meditazioni ascetiche nell’ovatta di nebbie e cieli lisci. Diventa spazio di orizzonti larghi, vedute a campo lunghissimo, una panoramica che include e amplifica le sensazioni. Il suo effetto richiama il nostro sguardo davanti al mare, quando perdiamo i confini stretti e vaghiamo, ondivaghi e quindi più liberi, svincolati dalla norma al presente. L’acqua metabolizzata incarna l’ambiente spirituale che trasforma lo spazio e il tempo, rallentando l’enfasi del quotidiano, dilatando i margini percettivi, amplificando la risonanza del flusso.

Malacarne carezza l’acqua marina con un pennello espressivo e calibrato. Il colore definisce le trasparenze, le variazioni di ogni piccolo riflesso, le tonalità di verdi e azzurri. Il mare diviene luce solida, una specie di corpo abitabile che metabolizza il sole, le nuvole, il vento, la consistenza dell’aria, gli spostamenti dei corpi mentre nuotano. Acqua e cielo sono una grande sfida tecnica, due mondi che non puoi copiare con passo iperrealista, sarebbe pura utopia il tentativo di riportare con fedeltà la grana degli elementi; al contrario, si tratta di carpirne l’anima segreta, che significa trascrivere una zona emozionale, un volume della coscienza, un’attitudine psichica per recettori sensibili.

Siamo così al passo decisivo, a ciò che definisce la maturità concettuale di Malacarne. Perché l’acqua senza umanità resterebbe un serbatoio fertile ma non riproduttivo, come se mancasse l’equazione di chiusura del cerchio. Serviva lo scatto umano, una presenza che fosse energia. E allora ecco aprirsi le danze acquatiche: ragazzine e ragazzini che nuotano o galleggiano da fermi, soli o in piccoli gruppi, osservati dalla giusta distanza, con pudore genitoriale ed equilibrio prospettico. Bravo l’artista nel fermarsi dove serve, mai sul campo panoramico che disperde il fattore emotivo, mai sul dettaglio che comporta responsabilità ulteriori.

Senti che scorre benessere, le tensioni si disperdono, la gioia emerge ma non sovrasta la natura mentale del progetto. Non percepisci alcuna finzione o posa costruita, l’occhio pittorico sembra una cinepresa che osserva senza enfasi, proteggendo i protagonisti del racconto. Amore e benevolenza si fondono nella radice degli obiettivi e nella germinazione dei risultati: Malacarne dipinge con empatia, metabolizzando le atmosfere estive, i sentori climatici, rendendo quasi tattile la sua narrazione mediterranea. La pittura profuma di bouganvillea e sale marino, crema solare e pini marittimi, cotone e anguria… ciò che non si vede esiste ma solo se l’occhio ama l’icona, se la visione invade le emozioni, se l’immagine contiene la valenza dell’immaginario.