Visita al cantiere del MAGA: il museo di Gallarate torna operativo nove mesi dopo l’incendio. Nella fotogallery la mostra allestita negli spazi pronti all’apertura al pubblico, ma anche un giro nell’ala ancora da recuperare

Casco da cantiere e torcia elettrica, avanti a piccoli gruppi. A incombere nella penombra, presenza inquieta e palpabile, le travi annerite, la rete che protegge da eventuali cedimenti; l’intonaco gonfio d’acqua, l’odore aspro di un’umidità con percentuali da foresta equatoriale. Non è un’esperienza come le altre quella che attende i visitatori del rinato museo MAGA […]

Casco da cantiere e torcia elettrica, avanti a piccoli gruppi. A incombere nella penombra, presenza inquieta e palpabile, le travi annerite, la rete che protegge da eventuali cedimenti; l’intonaco gonfio d’acqua, l’odore aspro di un’umidità con percentuali da foresta equatoriale. Non è un’esperienza come le altre quella che attende i visitatori del rinato museo MAGA di Gallarate, riaperto al pubblico nella giornata di sabato 23 novembre. Con una struttura che mostra il proprio lato migliore, ovvero la mostra nata grazie alla solidarietà dei tanti artisti che hanno offerto un’opera perché venisse venduta a sostegno dei restauri; ma non nasconde per questo le proprie cicatrici. Anzi. Le svela quasi con orgoglio, così che il contrasto tra l’ala agibile e l’altra devastata sia cartolina più efficace per dimostrare quanto è stato fatto. E quanto ancora resti da fare per arrivare alla piena e definitiva normalità. “Nessuno ti insegna come fronteggiare situazioni del genere” commenta la direttrice del museo Emma Zanella, che scherza sulle sue inedite competenze ingegneristiche maturate sul campo. E illustra gli interventi ancora da fare: con il tetto della parte accidentata da rattoppare, le pareti pregne dell’acqua degli idranti (e di quella piovuta in questi nove mesi) da asciugare; la scelta se sostituire o meno le travi annerite ma ancora saldamente al proprio posto. Se cancellare con un colpo di spugna il passato o lasciarlo a monumento del pericolo corso.

– Francesco Sala


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