“Sono le persone che fanno gli spazi di successo”. Dal Medio Oriente alla Norvegia: intervista allo studio di architettura Snøhetta

Spazio pubblico e cultura sono i principi con cui lo studio norvegese ha concepito il King Abdulaziz Center for World Culture di Dhahran nel 2008. Partendo da Ithra e dal festival Tanween, lo studio racconta ad Artribune la propria visione progettuale

Un progetto “built to last”. Così Snøhetta definisce Ithra – King Abdulaziz Center for World Culture di Dhahran, l’imponente architettura che, dal 17 al 22 novembre 2025, ha ospitato per l’ottava volta Tanween, il festival dedicato al design. In questa occasione abbiamo incontrato Eli Synnevåg, Director of Acquisition and Business Development Middle East and Africa dello studio di architettura, che ha ripercorso non solo la nascita di uno dei più influenti hub culturali del Medio Oriente, ma ha anche illustrato i progetti in corso a Milano, Oslo e Bruxelles.

Ithra come piazza contemporanea: il progetto che dà forma alla comunità

“Per noi il punto di partenza è sempre la conversazione”, racconta lo studio, rievocando gli anni in cui è nato il concept di Ithra. “Non basta leggere un brief: bisogna capire le radici, le motivazioni profonde, le diverse prospettive sul perché un progetto sia importante”. Da questa attitudine nasce la dimensione pubblica del centro, percepito oggi più come grande spazio pubblico che come complesso museale. Seduti nella piazza centrale del campus, che durante Tanween ospita talk e dibattiti, Synnevåg osserva lo spazio attorno: “Ci troviamo in un complesso culturale, è vero, ma è anche un luogo dove le persone si incontrano, condividono, si ritrovano, prendono un caffè, accedono alle diverse funzioni o semplicemente si rilassano”. Il senso è proprio questo: aver costruito un’infrastruttura capace di diventare luogo di vita prima ancora che meta di visite, concepito come organismo poroso e aperto, un modello replicabile in altri contesti urbani. “Rimane comunque un progetto giovane, destinato a maturare e svilupparsi”, conclude. “Siamo molto felici di vedere quante persone lo visitano e quanto siano coinvolte.”

Tanween 2025 e Ithra: dare voce a ciò che manca

La conversazione scivola naturalmente su Tanween, l’evento che ogni anno porta a Dhahran designer, architetti, studenti e creativi da tutto il mondo. Far parte del vasto programma significa vedere Ithra “in azione”. “È davvero impressionante”, commenta Synnevåg. “Ieri abbiamo partecipato all’apertura e parlato di cultura, architettura, design. Oggi abbiamo incontrato studenti appena laureati: è stata un’occasione per riflettere con loro sull’ingresso nella professione. È una grande energia ed è bello vedere la varietà dei progetti”. Il successo del festival, quest’anno concentrato sul tema dell’“inespresso”, è la prova concreta del ruolo che il centro sta giocando nel Medio Oriente contemporaneo: un hub vivo, che utilizza design e architettura come strumenti per attivare conversazioni e comunità.

Dal Medio Oriente alla Norvegia: Snøhetta e la rigenerazione urbana

La visione di rigenerazione urbana che emerge dall’intervista risulta sorprendentemente coerente: progetti molto diversi — da Milano a Cannes, passando per Bruxelles — condividono la stessa logica di fondo: “Le città non devono solo espandersi, ma rigenerare ciò che esiste e migliorare la qualità della vita”. Synnevåg cita concorsi e interventi recenti: il recupero dell’Ex Macello a Milano; la trasformazione del Centre Monnaie, icona degli anni Sessanta a Bruxelles; e la riqualificazione, ancora in corso, dell’intero fronte mare di Croisette a Cannes. Anche la Norvegia offre spunti interessanti, con il progetto Skamarken a Drammen, in cui l’acqua diventa elemento fondamentale per la città. “Volevamo integrare il lungofiume con nuovi spazi condivisi collegati a un teatro e a una struttura ricettiva. È un progetto incentrato sul paesaggio, con ambizioni culturali e ricettive”. Tuttavia, la sola morfologia del paesaggio non basta: “È fondamentale che le persone che vivono in città possano esprimere ciò che per loro è importante”, commenta Synnevåg. “Esistono diverse metodologie per farlo. L’architettura è sempre per le persone e si connette a loro. Il modo in cui le coinvolgi può variare, ma creare spazi generosi, da abitare e utilizzare, è un elemento chiave del processo”.

Il futuro delle città passa dal verde, dicono da Snøhetta

Creare più spazi verdi nelle città” è la priorità progettuale di Snøhetta per i prossimi 10 anni. Non un’utopia ecologista, ma una necessità urbanistica, climatica e sociale: grandi e piccoli parchi, infrastrutture ambientali e corridoi verdi che connettano le persone alla natura. Synnevåg utilizza come esempio più recente la stazione della metropolitana Qasr Al Hokm a Riyadh, parte della nuova rete di trasporto pubblico della capitale: “Il traffico è un grande problema. Questa stazione è un passo fondamentale. Abbiamo creato livelli ombreggiati, un giardino sotterraneo e sfruttato un principio semplice: scendendo si trovano temperature più fresche”. È un progetto che combina funzionalità, sostenibilità e design urbano, con una piazza pedonale, un giardino sotterraneo e un tetto riflettente che illumina e unifica gli spazi. Serve anche a rivitalizzare il distretto circostante, promuovendo l’interazione pubblica, l’efficienza energetica e la gestione sostenibile dell’acqua. E, in un certo senso, chiude il cerchio con Tanween: progettare ciò che ancora non è espresso significa ascoltare, osservare e anticipare i bisogni reali: “Da qui si può costruire e andare avanti”.

Carolina Chiatto

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Carolina Chiatto

Carolina Chiatto

Cresciuta in provincia di Potenza, si laurea in Scienze dell’Architettura presso l’università di Roma Tre. Dopo aver vinto una borsa di studio con l’università di Cagliari per partecipare a un corso di formazione per giovani imprenditori, si appassiona al mondo…

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