Torna la fiera ArtVerona. L’intervista alla nuova direttrice Laura Lamonea
Niente più distinzioni tra espositori di arte moderna e di arte contemporanea, una nuova attenzione al linguaggio e l’abbassamento dell’IVA. Cosa aspettarsi dalla 20esima ArtVerona secondo la nuova direttrice

Torna a Verona la fiera d’arte moderna e contemporanea ArtVerona, che quest’anno celebra la sua 20ª edizione: al debutto c’è la nuova direzione artistica della curatrice Laura Lamonea, che ha scelto come tema guida Conversazione e scrittura e il dialogo come oggetto di attenzione e ricerca, ma anche come metodo per la costruzione della sua prima fiera. A pochi giorni dall’inaugurazione della manifestazione – aperta dal 10 al 12 ottobre 2025, con 143 espositori nei padiglioni 11 e 12 di Veronafiere – facciamo un punto con lei sulle novità e sui momenti di preparazione, sui fuochi di attenzione, sugli obiettivi e intenti di questa ventesima ArtVerona.

L’intervista alla direttrice artistica di ArtVerona Laura Lamonea
Che cosa hai imparato organizzando la tua prima ArtVerona?
Tantissime cose, direi. La prima – che è anche il cuore di questa ventesima edizione della fiera – è che coinvolgere tutte le parti è assolutamente benefico. È un’azione benefica anche per il mercato lo sforzo di instaurare un dialogo tra collezionisti pubblici, privati, gallerie, anche attraverso l’attivazione di mostre e progetti di approfondimento, in fiera e fuori fiera.
E cosa altro?
Un aspetto ovvio, ma che, da curatrice, ho tenuto presente: una fiera non è una mostra. È davvero fondamentale che i galleristi siano lasciati liberi, consigliati e supportati, ma liberi di definire, seguire e mettere in pratica le loro linee guida.
Come direttrice non hai voluto imporre la tua visione, come a fare un passo indietro da curatrice, intendi?
Sì, perché può essere un grande un grande errore e andare in conflitto con gli obiettivi della fiera stessa e dei galleristi. È chiaro che troviamo dei contenuti in fiera, di natura culturale e di ricerca artistica e curatoriale, però sono dei contenuti che in quel momento necessitano di essere testati sul mercato. E, in questo contesto specifico, di superare quel test!

Il dialogo con i galleristi per la riuscita di una fiera
C’è una richiesta che ti è sembrata arrivare più forte, più compatta proprio dal fronte dei galleristi, soprattutto in un momento di difficoltà del mercato?
Il programma per i collezionisti. E su questo abbiamo lavorato moltissimo, in modo intensivo ed estensivo, direi. A volte sartoriale, anche, facendo del nostro meglio per raggiungere, a volte su consiglio dei galleristi stessi, persone, appassionati o collezionisti, che potevano essere interessati a essere maggiormente coinvolti nella manifestazione.
Altre situazioni più rognose da districare?
Ci sono state richieste che non abbiamo voluto o potuto assecondare, come il voler essere posizionati tutti negli stessi spazi di maggior visibilità o passaggio!
Un classico, ma ne approfitto allora per chiederti come si articola il percorso in fiera quest’anno.
Una novità importante è che abbiamo eliminato la distinzione tra gli espositori di arte moderna e quelli di arte contemporanea. E così, accanto a gallerie storiche e alle proposte del Novecento, si troveranno gli artisti più contemporanei. Un processo che abbiamo avviato quest’anno e che approfondiremo gradualmente anche nelle prossime edizioni. Con l’obiettivo di costruire la migliore accoglienza, il miglior contesto, sia per i galleristi sia per i collezionisti. Processi graduali, cambiamenti morbidi, in un percorso di educazione reciproca tra tutti i professionisti coinvolti.

Conversazione e scrittura. Il linguaggio al centro di ArtVerona 2025
Mi pare che ritorni l’attenzione al dialogo, a conversazioni da intavolare e condividere. E in fondo il linguaggio è il tema guida che hai scelto per la tua prima direzione di ArtVerona: vuoi dirci di più?
L’attenzione al linguaggio si è manifestata da subito ed è partita innanzitutto dall’immagine e dall’identità visiva della fiera stessa, con l’introduzione anche di un nuovo logo che gioca con il sovvertimento delle regole della scrittura. È una tematica che mi interessa da molto tempo e che mi ha permesso di portare in fiera delle collaborazioni che avevo già strutturato. Di certo però mi sembrava un tema necessario, quello della conversazione, che poi ovviamente parte dal linguaggio.
Quindi un tema che era di ricerca personale e che poi è confluito naturalmente nel tuo lavoro di direzione…
Sì, e che si è declinato nelle diverse linee di ricerca proposte, con la presenza del video, delle installazioni, e delle collezioni e delle mostre in città, anche. Un tema che poi è al centro dell’interesse di una comunità artistica anche più ampia. Basti pensare alle mostre istituzionali in corso in questo periodo, una su tutte quella di Tomaso Binga al Madre di Napoli, per esempio. O alla riscoperta di artisti ritenuti ingiustamente marginali, come è stato per Ugo Carrega e il Mercato del Sale, sebbene sia, per fortuna e spesso per merito di donazioni dei collezionisti privati, anche in importanti collezioni museali come quella del Mart di Rovereto.
Possiamo così usare questo viatico del linguaggio anche per riflettere sulle dinamiche del riconoscimento culturale e mercantile.
E possiamo anche provare a riscrivere la fortuna di queste ricerche e il valore del linguaggio, provare a usare il linguaggio stesso in modo diverso e inedito.
La conversazione, il linguaggio, diventa il metodo della tua direzione.
Trovo sia un’urgenza e l’ho riscontrata anche nell’organizzare la fiera. La necessità di costruire un dialogo tra i padiglioni, tra gli artisti, sia tra quelli più solidi sul mercato che quelli meno visibili. E per farlo abbiamo introdotto tanti attivatori: le radio mobili a cura di Edizioni Brigantino, o la Sala Cinema, vera novità di quest’anno e format inedito nelle fiere d’arte, che sarà uno spazio dedicato alle proiezioni di opere provenienti da collezioni pubbliche e private di rilievo internazionale. E poi ancora la Libreria a cura di Frab’s, per le riviste indipendenti, e il programma di talk. Con l’idea di usare le conversazioni e i diversi dispositivi non per distrarci, ma per focalizzarci di più. Per attivare il visitatore.
Una strategia che potrebbe aiutare anche nel creare un’identità riconoscibile e distintiva della fiera, nel sovraccarico di eventi analoghi del mercato e nella saturazione dello sguardo.
Potrebbe essere molto molto interessante, o almeno è quello che speriamo.
Le mostre a Verona e il rapporto con la città per ArtVerona 2025
Come hai costruito il dialogo tra l’interno della fiera e le attivazioni in città? Qual è l’intento di un palinsesto culturale intorno a un evento di mercato?
Per me era molto importante che la città reagisse in sinergia all’evento commerciale. In un insieme unico, in un’offerta unica, come accade in tanti esempi nazionali e internazionali. Con la città di Verona la fiera ha sempre potuto dialogare, quest’anno però abbiamo lavorato su una proliferazione di interventi per attivare luoghi iconici della città, non tradizionalmente deputati all’arte: dall’installazione visiva di Enrique Ramírez all’ex Dogana di fiume, sull’Adige, alla Biblioteca Capitolare e alla riapertura di Palazzo Forti con un progetto di Video Sound Art Festival.
In questo avete trovato un buon interlocutore negli enti cittadini?
Il Comune di Verona ha partecipato con grande energia, sì. Permettendoci di costruire un’esperienza molto ricca, per cui, trascorsa la giornata in fiera, si può uscire e continuare in un percorso dell’arte che sconfina in città.
Un equilibrio delicato, quello di arricchire l’offerta durante i giorni di fiera, senza però distrarre o drenare via i collezionisti
Certo e infatti quasi tutte le aperture sono serali, per lavorare in modo complementare alla fiera.
La riforma fiscale e il sistema dell’arte italiano
Immagino poi si sia parlato molto anche della nuova situazione fiscale, con la riduzione dell’IVA. ArtVerona è la prima fiera di arte moderna e contemporanea che lavorerà con le nuove previsioni fiscali
Certo è un punto fondamentale, oltre che un’ottima notizia.
Cosa altro servirebbe, dal tuo punto di vista, per sostenere il dinamismo del nostro sistema?
Ti direi una continua educazione, anche al collezionismo. La promozione dell’avvicinamento all’arte.
Ci avete provato, anche come fiera?
Abbiamo lavorato molto sull’espandere i nostri pubblici, ragionando anche nell’ottica dell’acquisto artistico come investimento, e provando al tempo stesso a mettere in luce la dimensione di piacere e divertimento dell’esperienza
Quali strumenti avete messo in campo per questo tipo di obiettivo in vista della fiera?
Abbiamo creato tanti momenti di incontro e approfondimento, a cominciare da una serie di talk in tutta Italia, per esempio. Sia con i galleristi che con i collezionisti. E poi ci sono i podcast online: ogni mese ne aggiungiamo uno nuovo, con il coinvolgimento di diverse collezioni anche. E poi anche nella costruzione delle sezioni della fiera stessa, spesso con un approccio integralmente sperimentale.
Ci sono risultati già visibili?
Un buon risultato per ora è che ci sono gallerie che tornano in fiera dopo anni di assenza, così come di giovanissime e appena aperte che hanno deciso di scommettere su ArtVerona.
Avete fatto caso a che range di prezzo si trovano in fiera? Ci sono sicuramente opere di maggior costo, di artisti storicizzati, ma ragioniamo anche su prezzi più accessibili…
Certo, e potrei dirti che è piuttosto variabile, ma di sicuro ci sono tante opere nella fascia dei 5.000 euro, così come puoi trovare proposte anche tra 1.000 e 3.000 euro.
In chiusura, come vorresti che il visitatore si sentisse all’uscita di questa tua prima ArtVerona?
Io vorrei che uscisse carico. Carico di incontri e di quella gioia di aver incontrato un’opera e di portarla a casa. O di aver conosciuto un artista nuovo, così come di aver scovato un multiplo, ecco, o qualunque cosa magari cercava da tempo.
Cristina Masturzo
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