Per gestire una collezione d’arte è meglio un trust o una fondazione? Risponde l’avvocato
Per collezionare non basta acquistare: bisogna anche saper gestire e valorizzare ciò che si è comprato. L’avvocato Beatrice Molteni di LEXIA PRIVATE ci spiega la differenza tra fondazione e trust, illustrando particolarità ed esempi virtuosi di questi utili strumenti
Quando si acquistano oggetti d’arte e beni da collezione si può essere spinti dalla passione personale oppure da una mera strategia di investimento; è però fondamentale preoccuparsi della gestione e della protezione di tali beni, nonché eseguire una preliminare attività di inventariazione, catalogazione e valorizzazione, soprattutto quando si ha una collezione. È chiaro che le attività necessarie per perseguire tali obiettivi variano in base alla tipologia di beni che compongono la collezione, siano essi dipinti, sculture, orologi, fine-wines, ecc. A livello giuridico, ci sono degli strumenti che si rivelano estremamente utili per il collezionista e che consentono di soddisfare, di volta in volta, le sue esigenze, soprattutto quando l’obiettivo è preservare nel tempo la collezione, anche nell’interesse delle generazioni future, e l’identità familiare. Tra questi, vi sono la fondazione e il trust.
Qual è la differenza tra fondazione e trust?
La fondazione è un ente dotato di personalità giuridica ed è lo strumento più tradizionale, a cui gli individui o le famiglie ricorrono per perseguire finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. I fondatori possono decidere di dotare la fondazione con opere d’arte e beni da collezione, affinché la fondazione si occupi, senza scopo di lucro, della loro tutela, della loro promozione e della loro valorizzazione per destinarle alla fruizione pubblica. Tra queste fondazioni, a titolo esemplificativo, può essere citata la Fondazione Luigi Rovati ETS, costituita da alcuni esponenti della Famiglia Rovati e volta a promuovere la ricerca, lo studio, la catalogazione, la conservazione, il restauro e l’esposizione del proprio patrimonio materiale e immateriale e ad esporre, stabilmente o temporaneamente, collezioni d’arte. Tuttavia, è bene precisare che la fondazione è caratterizzata da una governance piuttosto rigida (deve dotarsi di un consiglio di amministrazione e di un organo di controllo) e la sua amministrazione è soggetta alla sorveglianza dell’autorità governativa.
Il trust, invece, è un istituto giuridico di origine anglosassone per mezzo del quale un soggetto, il disponente, trasferisce ad un altro soggetto, il trustee, la proprietà di tutti o parte dei propri beni (tra cui orologi, fine-wines, dipinti e sculture) o diritti affinché li amministri, li gestisca e ne disponga secondo le modalità e per le finalità indicate dal disponente nell’atto istitutivo di trust a favore di uno o più soggetti, i beneficiari, ovvero per il raggiungimento di uno scopo. Sui beni e i diritti apportati nel trust da parte del disponente, viene dunque apposto un vincolo di destinazione e tali beni costituiscono un patrimonio separato rispetto al patrimonio personale del trustee, del disponente o dei beneficiari.

I vantaggi del trust per gestire una collezione d’arte
Nel caso di una collezione d’arte, il trust si rivela molto utile non solo perché può garantire nel tempo la gestione unitaria della stessa, evitando la sua frammentazione fra più beneficiari, ma permette anche al disponente/collezionista di poter prevedere una serie di regole, da inserire nell’atto istitutivo, per la gestione futura ad opera del trustee. Ogni trust può, dunque, essere costruito come un “abito su misura” prevedendo, ad esempio, che spetti al trustee il compito di individuare chi, tra i beneficiari del trust, possa, sulla base di una serie di criteri forniti dal disponente al momento dell’istituzione, divenire proprietario della collezione artistica sopraggiunto il termine finale del trust oppure di individuare quando e quali beni, tra quelli individuati dal disponente come “alienabili”, vendere sul mercato. O ancora, il disponente può decidere di nominare come guardiano del trust l’esperto di arte contemporanea o di orologi di fiducia, affinché supervisioni e vigili sull’operato del trustee, nonché, ove previsto, fornisca il proprio parere o dia il proprio consenso prima che venga effettuata una determinata attività da parte del trustee.

Trust: esempi internazionali e nostrani
L’esperienza anglosassone dovrebbe essere di ispirazione per il mercato italiano affinché si diffonda, sempre di più, una maggiore consapevolezza sulle potenzialità di questo strumento, anche per la gestione e conservazione dei beni artistici e da collezione. Basti pensare che uno degli enti più ricchi nel settore dell’arte è il J. Paul Getty Trust che gestisce il J. Paul Getty Museum, garantendo, tra i vari scopi, l’accesso al museo e alle sue collezioni. In Italia sono, invece, diffusi i trust finalizzati a perseguire uno scopo filantropico, quale il sostegno ad attività culturali, artistiche e di valorizzazione di un territorio specifico. È il caso, ad esempio, di Palazzo Monti Art Trust, istituito dal collezionista e curatore Edoardo Monti, insieme ad altri collezionisti, e avviato nel 2022 per la promozione dell’arte più contemporanea italiana e internazionale attraverso le attività e la collezione di Palazzo Monti a Brescia.
Beatrice Molteni
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