Venezia e l’Oriente. La collezione della Fondazione di Venezia
Attraverso questa spettacolare e preziosa kermesse di abiti e accessori inediti si rinnova dunque la proposta museografica di Palazzo Mocenigo.
Comunicato stampa
La stagione espositiva 2018 si inaugura a Palazzo Mocenigo con una proposta in linea con la programmazione generale della Fondazione Musei Civici di Venezia che, nel corso dell’anno, si concentrerà principalmente sulla valorizzazione delle proprie collezioni permanenti.
Dopo il radicale intervento di restyling e ampliamento degli ambienti espositivi che ha interessato la sede di San Stae nel 2013, con i nuovi percorsi museali dedicati al profumo, il layout al primo piano nobile è ora oggetto di un aggiornamento grazie alla ricchissima raccolta di tessuti e abiti di ambito orientale di proprietà della Fondazione di Venezia - appartenente alle collezioni del Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume di Palazzo Mocenigo - che, dal 20 gennaio, focalizzerà il tema sempre vivo e attuale dei rapporti tra Venezia e l’Oriente.
Attraverso questa spettacolare e preziosa kermesse di abiti e accessori inediti si rinnova dunque la proposta museografica di Palazzo Mocenigo. A ciò si affianca anche un interessante approfondimento sulla simbologia e decorazione dei tessuti in Giappone – in particolare sugli stilemi Katagami e Katazome – che interesserà la White Room al piano terra del museo, dedicata alle esposizioni temporanee e a tema.
Venezia da sempre ha dialogato con l’Oriente e più di un esponente della famiglia Mocenigo - una delle più importanti e prestigiose dinastie del patriziato veneziano, che come noto ha dato alla Repubblica ben sette dogi, oltre a un gran numero di procuratori, ambasciatori, capitani, ecclesiastici e letterati - ha contribuito affinché questo importante scambio commerciale e culturale si mantenesse e progredisse.
Oggi a Palazzo Mocenigo questo capitolo della storia veneziana sarà approfondito attraverso l’esposizione di una ventina di esemplari più rappresentativi della preziosa raccolta di oltre cento pezzi, fra abiti tessuti e paramenti sacri, che apparteneva alla famiglia materna di Mariano Fortuny, ora conservata in museo e di proprietà della Fondazione di Venezia.
Avviata in Spagna dai genitori di Mariano Fortuny y Madrazo, la collezione fu messa in vendita a Parigi nel 1875, dopo la morte del padre, il pittore Mariano Fortuny y Marsal, assieme alle altre più ricche raccolte d’arte. Fu poi nuovamente incrementata dalla madre Cecilia e continuata dall’artista stesso.
Si tratta di un nucleo di particolare interesse perché fu fonte di ispirazione costante per Fortuny, nelle sue attività di stampa su stoffa e di stilista di moda e perché consente di ricostruire visivamente quell’antico - e mai sopito - legame tra Venezia e l’Oriente.
Osserva il grande scrittore e poeta francese Henri de Régnier nel suo libro L’altana ou de la vie vènitienne (in ‘Seta & Oro. La collezione tessile di Mariano Fortuny’, a cura di Doretta Davanzo Poli, Arsenale Editrice, Venezia, 1997, p. XVI): “[…] Ecco i pesanti velluti di Venezia, di Genova o dell’Oriente, sontuosi o delicati, vivaci o gravi, con ampi ramages, con figure o fogliami, velluti che dogi o califfi hanno forse indossati; ecco i broccati dai toni accesi, le sete dalle delicate sfumature; ecco i paramenti sacri e quelli di corte; ecco gli affascinanti taffetas e i satins lucenti, disseminati di fleurettes e di fasci di fiori, con i quali nel XVIII secolo si facevano i vestiti per le donne e gli abiti per gli uomini; ecco le stoffe di tutti i colori e di tutte le fibre: alcune evocano la forma dei corpi che hanno vestito, le altre sono in lunghe pezze e in scampoli, altre ancora ridotte a minuscoli frammenti”.
In questo contesto la presentazione di pezzi Katagami e Katazome nella White Room al piano terra del museo rappresenta a tutti gli effetti un approfondimento sul tema: l’esposizione illustra infatti un aspetto particolare della storia culturale ed etnografica degli artigiani giapponesi, con particolare riferimento al tessuto d’abbigliamento.
I tanti esempi di tessitura e stampa presentati e provenienti dalle collezioni private di Franco Passarello, che cura anche l’allestimento, Ishimi Ousugi e Nancy Stetson Martin, dimostrano con evidenza la lunga tradizione e l’alta qualità degli abiti indossati in Giappone.
Prima del Ventesimo secolo il Giappone era un paese di tessitori, dove gli artigiani creavano superbi tessuti con fibre naturali, seta e cotone operando con i telai e i tini di tintura dei cortili. Le differenti tecniche di intaglio rappresentano la qualità professionale degli artigiani che, di generazione in generazione, hanno tramandato la raffinatezza dei loro interventi.
La mostra, che si realizza con il patrocinio del Consolato Generale del Giappone a Milano , rappresenta dunque una straordinaria opportunità per ammirare gli straordinari abiti e tessuti stampati con la tecnica katazome, esposti assieme alle matrici katagami utilizzate per questo scopo, appartenenti a un periodo che va dall’800 ai primi anni del ‘900 e dunque corrispondenti ai periodi Edo e Meiji.
Disegni e particolari di intaglio con specifici strumenti, diventano più che singoli strumenti di lavoro, opere dall’alto contenuto artistico.
A corollario delle maschere originali sono inoltre presenti anche indumenti finiti o parte di essi, evidenziando, ove possibile, le analogie tra la matrice e il tessuto finito. Contemporaneamente si vuole evidenziare l’analogia della simbologia tradizionale tra le varie tecniche esecutive, che trattano lo stesso elemento grafico con risultati diversi. In questa rassegna sono presenti temi “decorativi” anche su manufatti destinati a specifiche funzioni in cui il “decoro” può essere considerato superfluo.