The Fire and the Cow
7 artiste internazionali alla loro prima mostra in Italia.
Comunicato stampa
“(...) Siamo artiste di diverse generazioni, culture, etnie e credo, noi spontaneamente
seguiamo la nostra linea, il nostro input genetico, solitario e domestico o immerso nella
natura, ritualistico, umanistico, civico e sociale, fuori o dentro i nostri schemi e i nostri miti,
con una consapevolezza matura del nostro potere creativo (...)”. Così Michela Martello -
artista che vive e lavora a New York e che per questa mostra ha vestito anche i panni di
curatrice- introduce la mostra “The Fire and the Cow” che presenta per la prima volta in
Italia il lavoro di sette artiste internazionali alle quali sono state affiancate, come numi
tutelari, opere di Carol Rama e di Carla Accardi.
Tamara Gonzales, Sarah Peters, Yevgeniya Baras, Kimia Ferdowsi Kline, Lola Flash e
Jean Shin, queste le artiste che Michela Martello ha voluto accanto a sè, letteralmente, in
mostra per creare qualcosa che non fosse una semplice esposizione ma che potesse
diventare un’esperienza nuova per quei visitatori ricettivi ai quali così si rivolge la Martello
nel suo testo-poesia introduttivo: “ (...) Vieni davanti a questi lavori, fanne l’esperienza che
catturandoti gli occhi ti porterà nell’anima. Resta con la tua forza nella recettività come la
mucca, simbolo Yin dell’arrendevolezza e della volontaria dipendenza (...)”. I lavori esposti
parlano di donne forti che non hanno paura di mostrare la propria sensibilità. Che si tratti
delle fotografie dai colori saturi di Lola Flash o dell’installazione delicata e al contempo
straniante di Jean Shin, oppure delle sculture dal gusto arcaicizzante di Sarah Peters, le
opere in mostra parlano di una visione estremamente personale e non negoziabile che le
artiste presentano al mondo con la forza della propria voce e determinaizone. Forse il trat
d’union profondo di tutte queste donne, incluse Rama e Accardi, il loro segno distintivo, è la
loro integrità artistica che attraversa i decenni senza piegarsi alle mode passeggere
mantenendo ardente e saldo il proprio cammino espressivo.
Opere di: Carla Accardi, Yevgeniya Baras, Kimia Ferdowsi Kline, Lola Flash, Tamara
Gonzales, Michela Martello, Sarah Peters, Carol Rama, Jean Shin
Galleria Giovanni Bonelli
Via L.P.Lambertenghi 6 | Milano | 0287246945 | [email protected] | www.galleriagiovannibonelli.com
Carla Accardi (1924, Trapani-2014, Roma)
Considerata tra le più importanti ed influenti pittrici italiane del secondo dopoguerra, è tra i
fondatori, nel 1947, del Gruppo Forma 1, di ispirazione formalista e marxista. Sarà una
fondamentale figura di riferimento per il movimento astrattista e quello dell’arte povera italiani. È
coinvolta attivamente nel movimento femminista italiano, insieme a Elvira Banotti e Carla Lonzi,
costituendo il gruppo "Rivolta Femminile".
Negli anni intesse collaborazioni con importanti gallerie italiane ed internazionali tra cui: La Salita,
Roma (1958, 1961, 1971); Galleria Marlborought, Roma (1968), Christian Stein, Torino (1972);
Sperone Westwater, New York (2005); Haunch of Venison, New York (2010). Tra le maggiori
esposizioni in fondazioni e musei di livello internazionale ricordiamo: Biennale di Venezia (1964;
1988); il Castello di Rivoli di Torino (1994); il Guggenheim Museum di New York (1998); il P.S.1 di
New York (2001), il MAM di Parigi (2002) e al MACRO di Roma (2004); Moscow Museum of
Modern Art di Mosca (2008)
Yevgeniya Baras (Vive a New York)
Ispirata dal tatto e dalla natura trasformativa dei materiali che si stratificano e si decompongono,
Yevgeniya Baras crea dipinti e sculture che indagano temi della corporeità del linguaggio, della
transizione della migrazione e della definizione di casa. Nei suoi dipinti Baras utilizza diversi
materiali -olio, pittura spray, acrilico e legno- così come materiali associati all’artigianato come
stoffe, piastrelle, filati e carta pesta con le quali costruisce un’esperienza fisica che è frutto di un
collage. I materiali sono importanti per lei perché hanno una valenza sia culturale che storica. Il
suo lavoro si colloca a metà tra la scultura in bassorilievo e la pittura. Dopo una prima laurea
all’università della Pensilvenia in Fine Art e Psicologia (2003) decide di dedicarsi completamente
all’arte e si laurea in Pittura e disegno alla School of the Art Institute di Chicago (MFA) nel 2007.
Baras è rappresentata dalla Landing Gallery di Los Angeles. Nella stagione 2022/23 inaugurerà la
sua quarta personale a New York e la terza a Los Angeles, oltre che una personale alla Station
Gallery di Melbourne, Australia. Ha tenuto mostre personali in numerose gallerie americane ed
internazionali tra le quali The Landing Gallery, Los Angeles (ottobre 2022, 2020 e 2018); Nichelle
Beauchene Gallery, New York (2016 e 2019), Reyes Finn Gallery (2019), The Locker Plant, Marfa (
2018) tra le altre. Una selezione di esposizioni collettive nelle quali ha partecipato include:
Friedman Gallery, New York (2022); Guts Gallery, London (2021); Inman Gallery, Houston (2021);
56HENRY, New York (2019); Sperone Westwater, New York (2017); Gavin Brown Enterprise, New
York (2016); White Columns ( 2016); Thomas Erben Gallery, New York (2015) tra le altre. Nel 2021
ha ricevuto la borsa di studio della New York Foundation for Arts, nel 2019 quella del Guggenheim,
nel 2018 ha vinto il premio Pollock-Krasner e una residenza alla Chinati Foundation; mentre nel
2017 ha vinto la Yaddo Residency. Nel 2015 ha vinto l’Artadia Prize e è stata selezionata per il
Sharp-Walentas Studio Program, mentre nello stesso anno ha vinto la residenza presso la
MacDowell Colony. Nel 2014 è stata nominata per il premio Artista Emergente della Rema Host
Mann Foundation. Il suo lavoro è stato recensito in numerose riviste tra le quali New York Times,
LA Times, ArtForum e Art in America. E’ professoressa alla Rhode Island School of Design. Ha
tenuto numerose lezioni in prestigiose università americane quali: Yale, Columbia, UCLA, Brown,
Rutgers, MICA, Tyler School of Art, tra le varie.
Kimia Ferdowsi Kline (1984. Vive e lavora tra Nashville e New York)
I lavori più recenti di Kline utilizzano un’insieme di materiali, al centro dei quali c’è la superficie del
papiro, che incorporano gemme, filo, perle, glitter e inchiostro. L’obiettivo è distillare i vari materiali
in un lessico basato sul corpo come strumento per decifrare gli enormi misteri delle relazioni
umane. Tagliate fuori da un luogo, una situazione, un contesto ed anche dalla gravità, le sue
figure, cariche di emozioni, diventano protagoniste mentre si cimentano con la complessità dell’Io
e della relazione con l’altro. L’uso del papiro come tela in questi lavori è metafora di fragilità e
resilienza della pelle. L’uso di questo materiale così antico suggerisce inoltre l’antichità di questi
problemi umani e di questi temi, mentre laghi brillanti di glitter e colori audacemente saturi situano
l’opera in un momento attuale condiviso. I corpi sfregiati e intrecciati che dipinge sono a volte
organizzati in configurazioni di quattro punti di vista che evocano i grafici della teoria moderna del
trauma o i sistemi di mappatura psicologica delle dinamiche interpersonali. Mentre i volti sono
elementari, archetipici, una rivisitazione preistorica, la specificità e individualità delle storie di
queste figure viene dalle loro ferite ricucite e anche dai loro ornamenti. Così come normalmente
noi ci adorniamo con gioielli, Kline illumina questi corpi con glitter, rubini, specchi e opali. La sua
creatività rappresenta le vicende invisibili e senza fine che si svolgono nei piccoli spazi dell’intimità
umana: i traumi irrisolti trasformati in perle, il disordine atroce, le piccole e grandi glorie dello stare
insieme. Artista e curatrice Kline si è laureata nel 2008 in pittura alla Washington University di St.
Louis, dove le è stata assegnata una borsa di studio Danforth, e ha successivamente conseguito
un MFA (laurea di secondo livello) presso il San Francisco Art Institute nel 2011. Suoi lavori sono
stati esposti con mostre personali in numerose gallerie americane tra le quali ricordiamo: Turn
Gallery, New York (2022); Marrow Gallery, San Francisco (2021); 68 Projects, Berlino (2017) e The
Elaine L. Jacobs Gallery alla Wayne State University, Detroit (2016). Tra le sedi delle principali
collettive ricordiamo: PACE University, New York (2019); The Museum of Contemporary Art Detroit
(2018 e 2019); Ceysson & Bénétière, Lussemburgo (2017); CANADA Gallery, New York (2017);
The Drawing Center, New York (2017).
Nel 2015 ha vinto una residenza presso la Basil Alkazzi Detroit e ha vinto il premio grazie alla New
York Foundation for the Arts. Nel 2018 è stata candidata al prestigioso premio Rema Hort Mann
Emerging Artist ed è stata premiata con una residenza presso il Macedonia Institute di Hudson
(New York). La sua prima monografia sta per essere pubblicata con l’editore Radius Books (2022).
E’ stata invitata per conferenze e periodi di insegnamento in prestigiose università come Yale
University, Tyler School of Art and Architecture, SUNY Purchase, Lipscomb University, The
Fashion Institute of Technology, Brooklyn College, Wayne State University, and Chautauqua
Institute. Come curatore indipendente è consulente di varie collezioni private ed istituzioni. Articoli
sul suo lavoro sono stati publicati su prestigiose riviste quali: The New York Times, Hyperallergic,
Cultured Magazine, New American Paintings, Architectural Digest, The Harvard Advocate,
Departures Magazine, & Travel + Leisure.
Lola Flash (1959, Montclair, New Jersey. Vive e lavora a New York?)
Dopo aver studiato al Maryland Institute College of Art, Flash si è trasferito a New York negli anni
'80, al culmine della crisi dell'AIDS. Ha iniziato ad andare alle dimostrazioni di ACT UP e a scattare
fotografie. A differenza dei fotoreporter convenzionali, Flash ha utilizzato una pellicola per
diapositive e ha sviluppato le sue fotografie su carta per le pellicole con negativo. Le nuvole
bianche apparivano nere; i cieli azzurri sembravano rossi. Ha costretto gli spettatori a rendersi
conto che i loro occhi erano stati addestrati a vedere il mondo in un certo modo e li ha invitati a
rivalutare le loro percezioni. Negli anni '90, Flash si trasferì a Londra e iniziò una pratica creativa
decennale incentrata sulla sfida all'invisibilità di alcuni soggetti e ai preconcetti sull'identità.
Utilizzando il grande formato (4x5) crea ritratti che mettono in primo piano i suoi soggetti,
mostrando la bellezza delle donne anziane, delle pioniere LGBTQ+ e di quelle il cui colore della
pelle o l'espressione di genere le hanno lasciate esposte all'emarginazione e alla discriminazione.
Non ha praticamente mai voluto lavorare con gallerie anche se le sue fotografie sono in importanti
collezioni museali come il Victoria and Albert Museum di Londra, Il Brooklin Museum di New York,
il National Museum of African American History and Culture, il Whitney Museum e, recentemente, il
MoMA di New York. Flash fa parte del collettivo Kamoinge.
Nel 2008 ha vinto una residenza a Lightwork e nel 2015 ha partecipato ad Alice Yard, a Trinidad.
Successivamente Flash ha ricevuto una borsa di studio Art Matters, che le ha permesso di portare
avanti due progetti, in Brasile e Londra.
Il suo lavoro è pubblicato in Posing Beauty, edita da Deb Willis, attualmente in mostra negli Stati
Uniti. Nel 2018 ha tenuto una retrospettiva dei 30 anni del suo lavoro presso Pen+Brush, New
York. Nel 2021 Flash è stata premiata dall'organizzazione artistica LGBTQ+ Queer|Art, che le ha
conferito un premio per i risultati raggiunti.
Tamara Gonzales (1959, Madera, California. Vive e lavora a New York)
La sua pittura utilizza pattern sia astratti che figurativi. Le principali fonti di ispirazione nel suo
lavoro sono la natura ma anche le stoffe, oltre alla spontanea creazione di segni generativi su
carta o su tela. Negli ultimi 10 anni ha viaggiato molto in Perù e da questa esperienza il suo
linguaggio visivo si è arricchito di nuovi segni, colori e immaginario archetipico. La sua formazione
avviene alla Parsons School di New York, si laurea successivamente in Liberal Arts al Vermont
College DP (2005). Fin dal periodo degli studi partecipa a numerose residenze tra le quali: IAAB,
Basilea, Svizzera, nel 2008 e CCA Andraxt, Mayorca, Spagna nel 2012. I suoi lavori sono in
prestigiose collezioni pubbliche americane quali: il Bowdoin College Museum of Art, Brunswick,
Maine; il Bronx Museum of the Art, Bronx, New York; il Colby College Museum of Art di Waterville,
Maine; High Museum of Art di Atlanta, Georgia e il San Antonio Museum of Art in Texas. Ha tenuto
mostre personali in importanti gallerie americane quali: Klaus von Nichtssagend, New York (2021,
2019, 2017 e 2014); The Pit, Los Angeles (2018). Inoltre i suoi lavori sono stati esposti in
numerose collettive in gallerie americane e non solo tra le quali ricordiamo: The Pit, Los Angeles
(2021 e 2022); Klaus von Nichtssagend, New York (2017 e 2020); Coburn Projects London,
Londra (2015); Novella Gallery, New York (2013); Daniel Weinberg Gallery, Losa Angeles (2010);
MoMa PS1, New York (2007); Sanskriti Kendra, New Delhi, India (2002); Williamsburg Art
&Historical Center, Brooklyn, New York (2000).
Michela Martello (1965, Grosseto. Vive a New York)
Le opere di Michela sono umanistiche, accessibili e costantemente caratterizzate dall’uso del
simbolismo, dove riunisce le influenze tradizionali e contemporanee di una varietà di tecniche, temi
e culture per creare un’ arte che raggiunga un linguaggio estetico universale fondendo secoli e
attraversando confini culturali, unendo nel suo stile forza e morbidezza, domesticità e demolizione.
Dopo essersi laureata allo IED Istituto Europeo di Design di Milano, Michela ha lavorato per dieci
anni come illustratrice di libri per bambini dividendo il suo tempo tra Milano e Londra. A partire
dagli anni '90 si è dedicata interamente alla pittura e, recentemente, alla ceramica. Nel 2006 è
stata premiata dall'American Association University of Women con l'Emerging Women Artists
Award al NYC Design Center e nel 2019 ha ricevuto un premio speciale al merito dal governo
culturale della città di Tainan, Taiwan, per la sua installazione, Everything Has A Vortex. Nel 2020 è
stata selezionata da Jerry Saltz per il prestigioso libro “New American Painting”. Tra le mostre
collettive selezionate a cui ha partecipato negli anni ci sono: Tibet House Museum, NY, (2014).
Trace Foundation, New York, (2015); Pen + Brush NY, (2015); MAAM, Museo Roma, (2015); A.I.R.
gallery, Brooklyn, (2017); Galleria Paula Cooper, N.Y. (2018); Galleria Giovanni Bonelli,
Italia(2018); Museo MACRO, Roma, Italia, (2019); Museum of Modern Art, Tainan, Taiwan, (2020).
I suoi progetti di arte pubblica recenti includono: The Wave Walk (La Mer, 2017, New York);
WoodenWallsProject A cura di Parlor gallery Asbury Park NJ (18/17/2016); Brooklyn Book
Festival, (2021); Auspicious Field, The International Children Museum of the Arts, Taiwan, (2018);
Queens Museum, leading Workshop, (2020). Una selezione delle sue mostre personali include:
Pen+Brush, NY, (2017); Cultural Park Siao Long, Taiwan, (2019); ArtSpace Raleigh NC, (2019);
Galleria Giovanni Bonelli, Milano Italia, (2020). Recenti art residencies: Taiwan, Soulangh Cultural
Park, (2018/2019); COPE NYC BK (2021). Nel 2022 e’ selezionata da Wendy Olsoff e Eden
Deering di PPOW gallery per Artsy online auction a favore di Pen+Brush NYC.
Sarah Peters (1973. Vive e lavora nel Queens, New York)
Il busto accademico è un punto fermo nella pratica di Peters, una ricca base da cui continua a
tessere colpi di scena idiosincratici di forma. A differenza della ritrattistica greco-romana o del
neoclassicismo americano, periodi storici dell'arte che affascinano chiaramente l'artista, le sue
sculture non fanno riferimento a leader storici specifici. Nell'iterazione di Peters, gli occhi di ogni
scultura si comportano in modo opposto: come buchi spalancati su tutti tranne uno, la loro assenza
indica enfaticamente un interno scavato. Né sepolte nel passato né un mero frutto del futuro, le
teste scolpite di Peters indicano un'invidiabile fluidità che è senza tempo.*
La sua carriera espositiva inizia già durante gli studi universitari alla fine degli anni ’90. Dopo aver
ottenuto una laurea di secondo livello (MFA) all’università del Commonwealth della Virginia (nel
2003) vince vari premi e partecipa a varie residenze tra il 2001 e il 2019 tra le quali la residenza
John Michael Kohler Arts/Industry che la vedrà impegnata dal 1998 al 2001 e anche nel 2014; la
Sharpe/Wallentas Studio grant presso The Space Program, Brooklyn, New York nel 2007-2008
oltre alla residenza presso la New York Foundation for the Arts a New York nel 2011. Ultima in
ordine di tempo è la residenza a Roma (2019) presso l’Accademia Americana. Tra le personali
ricordiamo: Zidoun-Bossuyt Gallery, Lussemburgo (2020); Institute of Fine Arts, New York
University, New York (2019); Van Doren Waxter Gallery, New York (2018); Halsey McKay Gallery,
New York, NY (2017); Eleven Rivington, New York (2015); 4 AM, New York (2015); Bodyrite (with
Mira Dancy) at Asya Geisberg, NY (2014); Edward Winkleman Gallery, New York (2007,2010); e
John Davis Gallery, Hudson, New York (2013). Suoi lavori sono stati inclusi in collettive prestigiose
quali: Shulamit Nazarian Gallery, Los Angeles, CA (2021); Perrotin Gallery, Seoul, Korea (2019);
Galerie Eva Presenhuber, New York (2019); The Aldrich Contemporary Art Museum, Ridgefield, CT
(2018); Galerie Eva Presenhuber, Zurigo, Svizzera (2018); Frederik Meijer Gardens & Sculpture
Park, Grand Rapids, MI (2017); Van Doren Waxter, New York (2017).
(*cit. from Sara Christoph, ArtSeen, Brooklyn Rail.)
Carol Rama (1918, Torino- 2015, Torino)
Figura storica e di spicco nel panorama artistico femminile in Italia dal secondo dopoguerra.
Diversi gli incontri intellettuali che stimoleranno la sua carriera artistica, tra gli artisti: Felice
Casorati, Andy Warhol e Man Ray; il poeta Edoardo Sanguineti, l’architetto Carlo Mollino e il
compositore Luciano Berio, solo per citare i più noti.
Nel giugno 2003 le viene conferito il Leone d’Oro alla carriera in occasione della 50esima edizione
della Biennale di Venezia, dove era stata già protagonista, con una sala personale, nell’edizione
curata da Achille Bonito Oliva del 1993.
Di seguito una selezione delle sedi prestigiose che hanno ospitato opere dell’artista o antologiche
a lei dedicate: lo Stedelijk Museum di Amsterdam (1998); l’ICA di Boston (1998); la Fondazione
Sandretto Re Rebaudengo di Torino (2004); il MACBA di Barcellona (2014); il MAM di Parigi
(2015); GAM di Torino (2016-2017); il New Museum di New York (2017). Il lavoro di Carol Rama è
rappresentato oggi a livello internazionale dalla galleria Isabelle Bortolozzi di Berlino e da Lévy
Gorvy di New York.
Jean Shin (1971, Seoul, Korea. Vive a New York)
Conosciuta per le sue installazioni monumentali e le sue sculture pubbliche, Jean Shin trasforma
l’accumulazione di oggetti di scarto in potenti monumenti che interrogano la nostra complessa
relazione con il consumo materiale, l’identità collettiva e impegno della comunità. Lavorando
spesso in cooperazione con una comunità o una regione, Shin accumula ampie collezioni di
oggetti quotidiani o materiali di scarto - es. bottiglie di Soda marca Mountain Dew, telefonini,
pellicole da 35mm- mentre ne ricerca la storia sull’uso, la circolazione e l’impatto ambientale.
Rinomate per il processo partecipativo e ad alta intensità di lavoro, le creazioni poetiche ed epiche
di Shin diventano catalizzatori nelle comunità per affrontare le sfide sociali ed ecologiche. In
quanto tale il suo corpus di opere comprende diverse opere d’arte pubblica permanenti
commissionate da importanti agenzie e Comuni. Recentemente la commissione di riferimento per
la metropolitana Second Ave della MTA di New York City.
Nata a Seoul, Corea del Sud ed emigrata negli Stati Uniti, Shin lavora a Brooklyn e nella Hudson
Valley (New York). E’ professore aggiunto al Pratt Institute ed è titolare di una laurea Honoris
Causa presso la New York Academy of Art. Il suo lavoro è stato esposto e collezionato in oltre 150
musei ed istituzioni culturali di livello internazionale, incluso mostre personali presso il MoMa
(Museum of Modern Art) di New York (2004), il Philadelphia Museum of Art (2018), lo Smithsonian
American Art Museum di Washington DC (2009), e l’Asian Art Museum in San Francisco, dove nel
2020 è stata la prima donna artista Koreano-americana ad esporre con una personale. Shin ha
ricevuto numerosi premi, incluso l’imminente Frederic Church Award per il suo contributo alla
cultura e all’arte Americana. Suoi lavori sono stati recensiti in riviste quali, tra le altre, il New York
Times e lo Sculpture Magazine.