the classroom – Linda Fregni Nagler – Things that Death Cannot Destroy

Informazioni Evento

Luogo
TRIENNALE - PALAZZO DELL'ARTE
Viale Emilio Alemagna 6, Milano, Italia
Date
Il
Vernissage
03/04/2019

ore 10

Artisti
Linda Fregni Nagler
Curatori
Paola Nicolin
Uffici stampa
PAOLA C. MANFREDI STUDIO
Generi
arte contemporanea, performance - happening, serata - evento
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Settimo progetto del centro d’arte ed educazione the classroom. Linda Fregni Nagler protagonista di una giornata in cui alternerà momenti di riflessione sul proprio lavoro a peformance live.

Comunicato stampa

Settimo progetto del centro d’arte ed educazione the classroom. Linda Fregni Nagler protagonista di una giornata in cui alternerà momenti di riflessione sul proprio lavoro a peformance live.

Mercoledì 3 aprile 2019 avrà luogo presso Triennale Teatro dell’Arte di Milano un nuovo progetto di the classroom prodotto da FOG – Triennale Milano Performing Arts. The classroom è un centro nomade di arte ed educazione diretto da Paola Nicolin che, fin dalla sua nascita, mette in relazione pratiche espositive ed educative per mezzo di classi aperte di storia delle arti tenute da artisti italiani e internazionali.

L’iniziativa desidera, infatti, portare l’artista al centro del discorso, incoraggiando l’elaborazione di percorsi e metodologie individuali. In questa prospettiva, ogni artista è invitato a svolgere un corso e a progettare la propria aula facendo della classe un luogo di educazione e produzione. La missione del centro è quella di lavorare sulla storia delle arti come base dei diversi percorsi formativi e sulle dinamiche attraverso le quali questa storia è scritta, tradotta e diffusa.

Il settimo progetto vede protagonista Linda Fregni Nagler (Stoccolma, 1976), artista italiana conosciuta per il suo lavoro sulla fotografia e i suoi significati, invitata a progettare per il Teatro dell’Arte un nuovo ciclo di performance, legate alla tecnica per lanterne magiche, intitolato Things That Death Canot Destroy.

L’antica forma di proiezione di figure appartiene alle atmosfere del cinema premoderno, dove l’introduzione della luce attraverso una lampada dà corpo all’immagine, restituendo tridimensionalità alla visione. Things That Death Cannot Destroy è il titolo complessivo di una ricerca in corso, iniziata esattamente dieci anni fa, che giunge in questa occasione al suo nono episodio e conferma quanto l’appropriazione delle immagini e la loro manipolazione, l’archivio, l’ambiguità e i meccanismi della visione, il montaggio, la natura concettuale del medium fotografico siano il vocabolario del lavoro di Linda Fregni Nagler in continua evoluzione.

La giornata prevede, dalle 10.00 alle 12.30, una open classroom dell’artista - dedicata alla memoria di Massimo Buffetti, collezionista e amico degli artisti - rivolta a studenti universitari e pubblico di interessati. L’artista trasformerà il palcoscenico del Teatro dell’Arte in un’aula e inviterà gli studenti a salire all'interno della macchina scenica per assistere alle prove generali della performance. A seguire, sarà sempre l'artista a condividere una visione personale della storia della fotografia, partendo da ciò che più l’ha influenzata nella costruzione del suo percorso artistico.

Dalle 19.00 alle 21.00 avranno luogo le performance live aperte al pubblico.

In scena verranno presentate sequenze di immagini concepite come un flusso continuo di associazioni visive che cambia ogni volta che ha luogo la proiezione. Ogni immagine proiettata si nutre della precedente e condiziona la successiva, dispiegando visivamente una sorta di cadavre exquis e testimoniando l’attitudine dell’artista nel pensare a un’unica opera che cresce e si sviluppa in relazione a tempi e contesti specifici. All’alternarsi delle figure si sovrapporrà la lettura delle didascalie originariamente presenti sulle immagini, amplificando il carattere performativo già insito nel dispositivo. Tutto il materiale mostrato nella performance, così come i due proiettori, è originale ed è stato raccolto dall’artista che lo ha suddiviso in categorie e generi che eludono qualsiasi metodologia di archiviazione scientifica. Grazie a questo archivio, ciò che diviene leggibile non è la Storia, ma lo sguardo di un’artista sui molti pezzi di un mosaico che possono essere combinati con infinite variazioni.