Tesori dalle necropoli dell’Abruzzo antico
Espone le sepolture arcaiche esplorate negli ultimi anni dagli archeologi della Soprintendenza per i beni Archeologici dell’Abruzzo e che hanno spesso restituito corredi ricchi di armi in metallo e elementi di ornamento, di oggetti preziosi e vasellame.
Comunicato stampa
Il Museo Archeologico Nazionale di Villa Frigerj a Chieti ospita dal 29 settembre la mostra "Tesori dalle necropoli dell'Abruzzo antico" . Espone le sepolture arcaiche esplorate negli ultimi anni dagli archeologi della Soprintendenza per i beni Archeologici dell'Abruzzo e che hanno spesso restituito corredi ricchi di armi in metallo e elementi di ornamento, di oggetti preziosi e vasellame. Gli scavi effettuati in anni recenti in diversi siti dell’Abruzzo hanno riportato alla luce un gran numero di corredi funerari nei quali spiccano, accanto al vasellame, per lo più ceramico, oggetti in bronzo e in ferro relativi sia alla sfera dell’ornamento personale, sia a quella delle armi. Ovviamente tombe di periodi diversi restituiscono diverse tipologie di oggetti, che ci consentono di avvicinarci agli usi e alle mode dell’epoca.
Nelle tombe maschili di età orientalizzante e arcaica (VII-fine VI sec. a.C.) troviamo in genere il pugnale in ferro e la lancia con puntale in ferro, e solo in rarissimi casi il disco-corazza, riservato ai personaggi più importanti che indossavano anche anelli e armille in bronzo. A partire dal V sec. le armi si riducono alla sola lancia o giavellotto con puntale in ferro, e nell’Abruzzo meridionale cominciano ad apparire i cinturoni a fascia di lamina di bronzo, associati all’immagine del guerriero sannita.
Più vari sono gli ornamenti presenti nelle tombe femminili: collane di ambra e pasta vitrea, monili e pendagli vari cui, nei casi di donne di rango elevato, si aggiungono dischi in ferro e poi in bronzo nell’VIII sec. a.C., chètelaines e catenelle in bronzo in età arcaica.
Nuove linee di ricerca hanno spostato l’obiettivo sulle tecniche di fabbricazione, e in particolare sul frequente ricorso ad agemine in filo di rame per decorare materiale in ferro e sulle stagnature di diversi oggetti in bronzo che acquistano superfici lucenti, quasi “argentate”.
Le indagini diagnostiche sui reperti hanno inoltre dimostrato che gli oggetti in bronzo si diversificano notevolmente per quanto concerne la composizione della lega di base (rame e stagno) in cui sono stati realizzati: sono state infatti rilevate spesso leghe bronzee con alta percentuale di stagno, e questo fenomeno ha risvolti decisamente interessanti sia per quanto concerne l’uso effettivo degli oggetti, sia nella prospettiva della ricostruzione delle vie commerciali che collegavano l’attuale Abruzzo con le fonti di approvvigionamento di questo metallo.
Un’alta percentuale di stagno nella lamina dei cinturoni, per esempio, ne riduce la flessibilità e dunque essi non potevano essere indossati con frequenza per non rischiarne la rottura.
Lo stagno è poi un metallo non facilmente reperibile e non sappiamo ancora se gli artigiani operanti nell’Abruzzo antico si approvvigionassero presso gli Etruschi, che coltivavano miniere di cassiterite a Monte Valerio (Campiglia Marittima, LI), o presso i produttori centro-europei.
Lo studio delle tecnologie usate dagli artigiani dell’Abruzzo antico è stato avviato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Abruzzo e dall’Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati del CNR che hanno elaborato il progetto “arte della metallurgia nel mondo italico”.
Tale studio procede di pari passo con il restauro dei reperti oggetto dell’analisi “ in particolare i pugnali in ferro con elsa a corolla, i dischi in bronzo, sia maschili che femminili, e i cinturoni a fascia in lamina di bronzo “ effettuato in parte dal Laboratorio di Restauro della Soprintendenza in parte da professionisti esterni grazie al contributo concesso dalla Confederazione Elvetica al “Progetto di restauro di manufatti metallici rinvenuti nelle necropoli dell’ età del Ferro dell’area abruzzese”, finanziato nell’ambito dell’Accordo bilaterale Italia-Svizzera per la protezione del patrimonio culturale mobile.
La mostra presenta i primi risultati e le metodologie di questo work in progress interdisciplinare e sarà visitabile fino al 6 gennaio 2013.