Site-Specific Atto I Presente Indicativo

Informazioni Evento

Luogo
VIA GULLI 37
via Tommaso Gulli 37 , Torino, Italia
Date
Dal al

su appuntamento

Vernissage
19/02/2021

ore 16-21

Generi
arte contemporanea, collettiva
Loading…

Mostra vincitori dell’open call di ViaGulli37.

Comunicato stampa

ViaGulli37 inaugurerà in via Tommaso Gulli 37 la mostra collettiva dei vincitori della sua prima open call. Gli artisti selezionati sono Giorgia Mascitti, Milica Janković, Alice Mestriner e Ahad Moslemi, Giulia Seri. La mostra, curata da ViaGulli37 e Wabi-Sabi, inaugurerà il 18 febbraio dalle ore 16:00 alle 21:00. La mostra sarà visitabile successivamente su appuntamento fino al 28 febbraio (per prenotazioni scrivere a [email protected] o alla pagina Instagram di ViaGulli37 https://www.instagram.com/viagulli37/).

L’etimologia – ossia, la verità – della parola tempo si ricollega al greco témno, che letteralmente significa divido, separo. Il termine sta alla radice di témenos, lo spazio riservato al sacro, ripreso nel latino templum e nell’italiano tempio. Il tempo rimanda a un concetto di divisione che risulta particolarmente adatto a restituire l’idea di scansione, quella netta separazione (forse incolmabile) di ciò che è stato e ciò che sarà. Interrogarsi sul senso del tempo diventa il tentativo di colmare la separazione tra questi due stati - passato e futuro - nel presente.
Ma l’idea di presente, per sua natura mutevole, non è di facile definizione. Nella lingua italiana, il presente indicativo è utilizzato in numerosi contesti e declinazioni: storico, pro futuro, atemporale, abituale sono le diverse forme attraverso le quali è possibile parlare del passato o del futuro. La contemporaneità tra il momento dell’enunciazione e il momento dell’azione è solo una delle tante possibili forme del presente in continuo divenire. La ricerca di significato non è univoca e, partendo da uno stesso punto, si muove in direzioni diverse sulla linea temporale.
L’attimo presente, in questo modo, fugge ed ingrandisce il macigno del passato logorando, nella propria avanzata, il più fragile futuro. Come è possibile arginare questa inesorabile corsa? E come opporsi alla tirannia dello scorrere del tempo? Nel lavoro di Giorgia Mascitti viene, anzitutto, percorsa la via del ricordo: nell’atto di ricordare, il vissuto – come traccia della memoria – diviene protagonista dell’attimo che torna alla sua originaria forma di presente, venendo tratto in salvo dal nulla a cui è stato condannato. Ricordare è riportare alla presenza: è ricerca di senso, ricerca di ciò che non soccombe alla vicenda dello scorrere temporale.
Ma esiste anche un’altra via che si muove su una direttrice parallela. Milica Janković propone un presente altro: i microcosmi da lei (ri)creati – eterni e in attesa di essere abitati – diventano un vero e proprio buco nella realtà che è possibilità di oblio in questo tempo per riconoscersi in uno alternativo, in un altrove, accogliendo così lo spettatore nel tentativo di sottrarlo alla tirannia del divenire.
E se fosse possibile definire il presente come compresenza di diversi piani temporali? La polvere è, passato e futuro, metafora del permanere e del divenire. La sua inconsistenza materica colma i piatti dell’Ultima Cena di Alice Mestriner e Ahad Moslemi: l’episodio evangelico costituisce il punto di partenza per una nuova lettura della storia universale – fatta di contraddizioni stratificate nel suo tempo – la quale sfugge a ogni possibilità di definizione certa; ed ecco allora che il Pane abbandona la tavola senza commensali per lasciare spazio, di nuovo, alla polisemia della polvere, qui simbolo della vanità di ricerca di senso, di una risposta univoca e di una definizione certa.
Quello stesso Pane, in tutta la sua presenza corporea, si ritrova nell’ultima via percorribile: il futuro. Nella scultura antropomorfa di Giulia Seri, le allusioni al nutrimento e alla vita evocate entrano in conflitto con la condizione dei corpi che giacciono sospesi tra la vita e la morte - ineluttabile destino delle cose che sono. Il corpo è anche protagonista delle tavole anatomiche: gli esseri che le animano sono raffigurati in una particolare nudità che si fa trasparenza, svelando la loro piena essenza materica - così mortale. Le opere diventano lo specchio in cui lo spettatore può vedersi e riconoscersi nella propria precarietà.
Nel percorso delineato, il tempo si mostra nella sua ultima - nonché prima e unica - essenza di assoluta e non oltrepassabile presenza: qualsiasi tentativo di recuperare il passato o di precorrere il futuro è un rito che si svolge inevitabilmente nel tempio del presente, in cui il sacrificato è - e si scopre esserne - il sacrificante.

Testo critico di Wabi-Sabi (Ilaria Margherita Mannoni e Lisa Battagliotti)